Il grande sentiero, di John Ford

Una felice pausa meditativa in cui il grande regista inquadra con tenerezza i luoghi della Monument Valley prima del congedo definitivo

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Ultimo western di John Ford che ripercorre dall’alba al tramonto più di cinquanta anni di storia del Cinema, dall’esempio di David Wark Griffith fino al testamento per la New Hollywood di fine anni ’60, Il grande sentiero (Autumn Cheyenne) è una felice pausa meditativa in cui il grande regista inquadra con tenerezza i luoghi della Monument Valley prima del congedo definitivo. E’ anche continua citazione della propria filmografia, dalla pietra miliare di Ombre rosse fino alla decadenza de L’uomo che uccise Liberty Valance passando per Sentieri selvaggi e Cavalcarono insieme. E’ anche sorprendentemente intermezzo scherzoso, andante con brio nella scena di Dodge City in cui James Stewart ripropone la versione comica del Wyatt Earp di Sfida infernale. Rappresenta ancora un fermo inno pacifista ristabilendo la verità dei fatti e denunciando gli atti di violenza che si sono perpetrati contro i nativi americani nell’epopea della conquista del West.

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il grande sentieroE’ l’alba del 7 settembre del 1878, dopo l’ennesima presa in giro da parte delle autorità americane, gli indiani Cheyenne, sfiniti dalla fame e dal freddo, decidono di compiere un viaggio massacrante di circa duemila chilometri per muoversi dalla riserva in Oklahoma e ritornare nella terra natale di Yellowstone, nel Wyoming.

John Ford riprende in campo lungo la via crucis di questi poveretti attraverso i deserti e le tempeste di neve, passo dopo passo, contando i caduti. Il suo atto di accusa ai cinici politici e ai militari menefreghisti del tempo è chiaro e senza sbavature: la commissione ministeriale non ha alcuna intenzione di risolvere la questione e anche il capitano tedesco alcolizzato Wessels (Karl Malden) non fa che eseguire ordini insensati e crudeli. Anche la stampa sembra manipolare le notizie secondo le percentuali di vendita dei giornali. Gli unici che sembrano prendere le parti dei Cheyenne sono il capitano Thomas Archer (Richard Widmark) che prova il difficile ruolo di intermediario pacifista, la quacchera Deborah (Carroll Baker) che insegna ai bambini indiani l’alfabeto della civilizzazione (“treno”, “casa”) e in un secondo momento il Ministro degli Interni Carl Schurz (Edward G Robinson) che, per la giusta decisione, trarrà ispirazione dal ritratto di Abramo Lincoln (“E tu Abramo, cosa faresti in questa situazione?).  Ma l’isolamento e l’odissea del popolo dei pellerossa creerà divisioni anche all’interno della tribù, prima nella spaccatura tra Piccolo Lupo (Ricardo Montalban) e Coltello Spuntato (Gilbert Roland) e poi nel duello fratricida tra Camicia Rossa (Sal Mineo) e Piccolo Lupo che segna il superamento di un punto di non ritorno . Tutta la prima parte del film vive di lunghe inquadrature che indugiano sui paesaggi della Monument Valley quasi per un ultimo saluto. Vi è una netta separazione tra la marcia funebre degli indiani e lo sguardo impotente della popolazione bianca che li vede andare via. Solo Deborah rompe questa barriera pregiudiziale e si getta in mezzo ai piccoli pellerossa accompagnandoli nel mesto ritorno a casa.

il grande sentieroMolta critica si è scagliata contro Il grande sentiero accusando Ford di avere eliminato qualsiasi figura eroica e di manifestare una posizione ambigua nei confronti del narrato. In realtà è proprio questa distanza che rende l’opera sincera, obiettiva e anche piuttosto avanti coi tempi (la filmografia del western revisionista troverà negli anni successivi forma compiuta in opere come Piccolo grande uomo, Soldato blu, Corvo Rosso non avrai il mio scalpo e più recentemente Balla coi lupi). Lo stesso siparietto comico con protagonisti Wyatt Earp e Doc Holliday stempera molto la drammaticità della narrazione, regalando allo spettatore la demitizzazione di figure un tempo eroiche .

L’operazione di John Ford nell’orchestrare la sinfonia malinconica  dell’”Autunno dei Cheyenne” mira indirettamente a correggere la figura dominante del bianco ponendolo di fronte alle proprie responsabilità morali. La smorfia allucinata del capitano Wessels che si erge sopra i cadaveri di donne e bambini indiani trucidati nel massacro di Fort Robinson è un alto atto d’accusa contro la follia di qualsiasi guerra. Forse si può rimproverare a Ford una risoluzione frettolosa e un confronto finale non molto credibile. Al di là di qualche buco narrativo e tentazione contemplativa,

Il grande sentiero rimane opera di grande maturità che chiude il cerchio della filmografia western fordiana con l’epopea di una onorevole sconfitta. E le immagini finali con il sole che scompare dietro le montagne imporporando il cielo suggeriscono contemporaneamente  il tramonto di una epoca e anche di un modo di fare Cinema.

Titolo originale: Autumn Cheyenne
Regia: John Ford
Interpreti: Richard Widmark, Carroll Baker, Karl Malden, James Stewart, Sal Mineo, Edward G. Robinson
Durata: 170′
Origine: USA 1964
Genere: western

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.67 (3 voti)
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