"I figli della pioggia", di Philippe Leclerc
Animazione fantasy francese tra il gusto del rétro e steampunk ante litteram. Da un romanzo di Serge Brussolo, contaminante opera lontana dalle cascate americane di pixel, ma seducente e stimolante nei rimandi di genere.
In qualche parte dell'universo, dove la preistoria sconfina nella fantascienza mitologica, il popolo degli Hydross (figli dell'acqua) sono perseguitati dai Pyross (figli del fuoco). Bisogna debellare la parte umida e alleggerire il corpo dal peso dell'anima. Umanoidi che non vivono di sfumature e i cromatismi segnano indistintamente le loro prigioni. Il tratto di Philippe Caza si è fatto più geometrico, spigoloso, nervoso. In Gandahar (1987) c'era la ricerca spasmodica del dettaglio, esercizio ammaliante ma spesso estremamente di maniera. Stile ieratico che va oltre la povertà di linee e si fa punto di arrivo, obiettivo. L'affinamento è condensazione politico-sociale che viene da lontano. Fumettista degli anni '70, Caza ci proietta sistematicamente alla scoperta di mondi paralleli che non sono a tutti gli effetti propri della "science-fiction" o della "fantasy" più classica, ma di narrazione "archetipa" ciclicamente deformante. Animazione tra il gusto del rétro e steampunk ante litteram. Da un romanzo di Serge Brussolo, contaminante opera lontana dalle cascate americane di pixel, ma seducente e stimolante nei rimandi di genere. Non è certo un'opera solo per bambini: citazioni e scrittura regalano raffinate composizioni. Soggetti ripresi da Druillet (vedi Razza, il cattivo) e ambientazioni che ricordano Moebius (terre ancestrali) si mescolano con particolari influenze nipponiche. Il ritmo, la caratterizzazione dei personaggi, le trovate linguistico/gergali, gli sfondi di delicata immaginazione, è cultura grafica che rigenera nuova forza propulsiva. È magicamente cinematografico il frutto di questa "unione" tanto osteggiata e temuta: nei raccordi di montaggio, nelle dissolvenze reiterate, nelle sequenze apparentemente morte o superflue, nelle movenze di "grazia ricevuta", pulsa il cuore degli elementi naturali, ribaltati nel flusso vitale e sconvolti nella globalità. Sotto la pioggia battente ci si risveglia, si è giocosi, spensierati; sotto il sole si brucia di odio e si perde il libero arbitrio. Il dualismo è superato non stabilendo un legame fra due entità da tempo distinte, ma generando un rapporto ternario su cui il soffio organico del pensiero creativo s'insinua a ristabilire la fisiologica totalità.
Titolo originale: Les enfants de la puie
Regia: Philippe Leclerc
Sceneggiatura: Philippe Caza
Disegni: Philippe Caza
Musiche: Didier Lockwood
Produzione: Leon Zuratas, Belokan Productions
Distribuzione: Mikado
Durata: 82'
Origine: Francia, 2003