Incontro con Roberto Silvestri, di Valentina Catalucci
Giovedì 28 novembre ci siamo trovati di fronte ad un personaggio che ci ha letteralmente spiazzati. Roberto Silvestri, uomo poliedrico e di grande cultura, con voli pindarici a volte difficili da seguire, ci ha scaraventati in un universo della critica cinematografica a cui probabilmente la maggior parte di noi non aveva mai prestato particolare attenzione. Con numerosi riferimenti al nuovo cinema digitale africano o al vecchio cinema lusitano, e dunque a realtà che stentano ad entrare nel grande circuito commerciale internazionale, ci ha fatto capire che il compito del critico cinematografico è anche, e forse soprattutto, morale ed etico. Non si esaurisce infatti nel lavoro arido e sterile (e il più delle volte arrogante) di chi si limita a dare giudizi estetici o tecnici, ma è un lavoro molto più umano, con appassionati risvolti sociali, politici e culturali.
Il messaggio di Silvestri è stato allo stesso tempo umile e coraggioso, un invito ad occuparsi di aspetti del cinema forse "scomodi" e poco "alla moda", che la maggior parte dei critici preferisce abitualmente ignorare. Magari, come ci ha provocatoriamente consigliato, dando anche attenzione al lavoro delle comparse, occupandosi dei loro diritti e della loro giusta retribuzione.
Senza soffocare il proprio lavoro con trite e logore ideologie, ma nemmeno confondendosi nella grigia schiera dei critici asserviti alle meschine logiche di mercato, bisogna solo avere la forza di essere leali e di svolgere onestamente il proprio lavoro. Bisogna cercare di dare spazio a realtà nuove, di interessarsi a tutte le sfaccettature del cinema, magari giocando col proprio mestiere, non prendendosi troppo sul serio e non rischiando di cadere nei sempre più frequenti fallaci trionfalismi e autocompiacimenti. E questa è veramente una grande lezione.