John Wick. La seduzione visiva della violenza: dal Graphic Novel a Géricault

Gli orizzonti di espansione della saga cinematografica si intersecano con i riferimenti artistici che incombono nell’ultimo episodio. Un excursus sulla seduzione visiva della violenza

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L’universo johnwickiano è in rapida e continua espansione. Il progetto nato per costruire un “nuovo luogo deputato del cinema d’azione” ha superato, o meglio scavalcato le sue stesse previsioni, dando spazio ad influenze esterne e ulteriori estensioni del progetto iniziale. John Wick è diventato negli anni un vero e proprio Franchise, le cui potenzialità visive non si esauriscono certo entro i limiti del mezzo cinematografico. In primis, perché lo stesso John Wick è debitore per temi e stile grafico ad alcuni graphic novel specializzati in crime action: Sin City, The Punisher, The Last Days Of American Crime, per citarne alcuni. L’impronta stilistica dei primi due episodi della saga, ad esempio, assorbe tanto da questi modelli per toni e contrasti cromatici, adottando, allo stesso tempo, una stratificazione narrativa che ripercorre la logica a strisce del fumetto.

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D’altro canto, è la stessa saga per il grande schermo a trasformarsi in graphic novel per mano di Greg Pak, Giovanni Valletta e Matt Gaudio nel 2017, anche e soprattutto sull’onda del grande successo riscosso dal primo capitolo per il grande schermo. La serie, prodotta da Dynamite Entertainment, viene stampata e pubblicata in 5 edizioni tra il novembre del 2017 e il febbraio del 2019 per poi trovare una nuova pubblicazione, che riunisce i 5 episodi, nel 2020.

Il graphic novel di Wick prova a ricostruire il passato tormentato del nostro eroe in Messico, dove in un mondo di miseria e odio un giovane delinquente si appresta a diventare il temibile baba jaga che abbiamo imparato a conoscere.

Lo stesso Keanu Reeves, di recente si è dedicato alla progettazione di un graphic novel dal titolo BRZRKRProdotto da BOOM! Studios, Reeves si è avvalso della collaborazione di un team artistico di prim’ordine composto da Matt Kindt, Ron Garney, Rafael Grampá e Bill Crabtree. Il fumetto riprende con forza la medesima ossessione compulsiva di John Wick nei confronti della morte. Il guerriero protagonista, il cui volto possiede le fattezze dell’attore canadese, stermina chiunque si trovi davanti al suo cammino e ciò che lo spinge ad uccidere è la speranza di coronare il suo più grande desiderio: diventare mortale. Quel fantasma alla ricerca di un cimitero, come viene definito più volte John Wick all’interno del quarto capitolo della saga, vive un ulteriore diramazione in BRZRKR. Un prodotto che nasce proprio dalla mente dell’uomo che presta il suo corpo per i due temibili killer, come se lo stesso Reeves avesse bisogno di un altro (l’ennesimo) luogo dove riflettere la propria immagine di sterminatore alla ricerca di una pace che solo la morte è in grado di consegnargli. Le opportunità in questo campo, d’altro canto, rimangono potenzialmente infinite. John Wick avrebbe tanto, troppo materiale da fornire all’universo del graphic novel, che quasi certamente non ha esaurito la sua produzione legata al Franchise in fase di costruzione, proprio per le caratteristiche tecnico-visive ideate dalla saga action, nata nel 2014.

Parlando di riferimenti visivi, nell’innovativo universo contemporaneo costruito da Stahelski e co., in John Wick 4, forse, il più grande influsso artistico, arriva dal passato, dal romanticismo pittorico ottocentesco. In particolare, da due quadri che si stagliano davanti a noi nostri occhi in una sequenza ambientata tra i corridoi del Louvre: il dipinto La zattera della medusa di Théodore Géricault e La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix. Due opere fortemente legate tra di loro, ma con spinte dinamiche raffigurative completamente diverse, una rivolta verso l’orizzonte del dipinto, l’altra verso lo spettatore.

«Ricalcando lo schema compositivo della zattera, Delacroix lo rovescia. Inverte la posizione dei due morti in primo piano, e questo non è molto importante; ma inverte anche la direzione del moto delle masse, che nella zattera va dallo avanti all’indietro, nella Libertà viene in avanti, si precipita verso lo spettatore, lo prende di petto, gli rivolge un discorso concitato» – Giulio Carlo Argan

Eppure, in entrambi i dipinti, vita e morte, distruzione e pulsione vitale rappresentano le direttrici imprescindibili del racconto scelto dai due pittori francesi. E, così, Stahelski decide di riprenderli per raccontarci qualcosa in più della parabola del suo (anti)-eroe contemporaneo. Infatti, quell’additare la salvezza nel quadro di Géricault è una delle chiavi interpretative dell’infinito naufragio emotivo vissuto da John Wick, un uomo “privo di qualsiasi motivo per vivere”, ma che lotta con ogni mezzo per raggiungere l’orizzonte, che non è altro che una catartica esperienza finale di morte. Qui, solo qui, l’eroe troverà l’agognata libertà che corre verso lo schermo, verso il proprio pubblico.

Questo omaggio pittorico non segue solo i dettami delle dinamiche vettoriali dei personaggi ma anche delle atmosfere irreali create dal forte contrasto cromatico con cui la fotografia di Dan Laustsen sembrerebbe omaggiare il dipinto di Géricault nel duello finale ai piedi del Sacro Cuore. Il bagliore caldo dell’alba (dell’oceano Atlantico per i naufraghi, di Parigi per Wick) che illumina quadro e inquadratura, si scontra con i toni tetri e mortuari rappresentati dai soggetti delle tragiche visioni allucinate che lo spettatore si trova davanti.

L’identificazione del film di Stahelski con l’opera principe del romanticismo di inizio ottocento passa anche attraverso la rappresentazione visiva di un’umanità capace, suo malgrado, di annientarsi da sola, ossessionata da morte e violenza. Gli atti di cannibalismo raccontati dal dipinto di Géricault ricalcano una tragica esperienza di violenza in cui l’uomo è al tempo stesso vittima e carnefice. In questo senso, il virtuosismo tecnico diventa il viatico perfetto per la rappresentazione di tale violenza e morte, raccolte nei volti sofferenti e nelle espressioni supplicanti dei naufraghi. Ecco che quello stesso desiderio di rinnovare il racconto per immagini di tutta questa brutalità viene ripreso, con tutte le dovute differenze del caso, da John Wick 4. E, forse, quell’inquadratura così insistita su La zattera della medusa è proprio un attestato di responsabilità da parte di Stahelski nei confronti di un nuovo modo di raccontare la violenza e la sua tremenda seduzione visiva nei confronti dello spettatore.

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