Il 25 aprile ricorrono i 25 anni dalla scomparsa di uno dei più grandi cineasti del cinema italiano, uno dei pochissimi non provenienti dalla sceneggiatura ma dalla direzione della fotografia. Caso di incredibile cecità della nostra critica Bava è stato idolatrato all'estero e ignorato da noi. Non più, per fortuna, dalle nuove generazioni.
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Mario Bava: Occhi senza tempo
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Vi anticipiamo alcuni brani dell'introduzione al libro
OCCHI DI BAVA Il rosso segno dell'illusione
A cura di Davide Di Giorgio e Francesco Ruggeri
In uscita in autunno per le Edizioni Sentieri selvaggi
Dedicare un approfondimento al lavoro di Mario Bava oggi non vuol dire soltanto centrare il venticinquennale della sua scomparsa. Né, in maniera abbastanza scontata (ma non troppo), significa risarcire il regista dalla sfortuna critica che in Italia lo ha accompagnato mentre i suoi film facevano impazzire le riviste francesi e riscuotevano il successo delle platee americane. O meglio, è anche questo, ma non solo.
Il rapporto di Mario Bava con la critica italiana si è infatti articolato attraverso due fasi. La prima, contemporanea all'opera dell'autore, è stata di totale diniego delle sue qualità cinematografiche: i suoi film erano semplicemente "brutti" e indegni di attenzione, meglio rivolgersi ad altre opere, altri autori, altre ipotesi di cinema. Viceversa la seconda fase, che ha avuto il suo apogeo negli anni Novanta e si iscrive nella più generale riscoperta dei generi italiani, è stata di riconsiderazione critica. Grazie ad un innovativo modo di "vedere" il cinema che ha portato al crollo delle abituali categorie, il "brutto" baviano diventava "bello". Non solo, le nuove leve critiche avevano il compito di rifondare il mito di Mario Bava opponendo alle precedenti letture delle nuove interpretazioni che svelassero la sostanza autoriale del regista di Reazione a catena. (…)
Offrire visibilità a Mario Bava oggi significa infatti tornare ad avere a che fare con una delle ipotesi di cinema più spiazzanti, originali e "imprendibili" che gli schermi italiani abbiano mai proposto. Bava era Maestro di una lezione cinematografica che, nell'era della mescolanza dei linguaggi e della sudditanza agli immaginari plastificati offerti della televisione, ci appare quanto mai vitale e necessaria e con la quale risulta proficuo tornare a confrontarsi.
Un cinema pre-televisivo e per questo connotato da un'aura fortemente mitopoietica, orientata alla riscoperta del meraviglioso. Ma al contempo anche un cinema che scardina la tradizionale sintassi del racconto classico e quindi si pone come alfiere di quella che oggi viene definita narrazione postmoderna. E' un cinema per noi profondamente attuale perché in anticipo rispetto ai suoi tempi.
Un lavoro, quello di Bava, che comunque si offre al pubblico senza intenti didascalici o intellettualistici, ma con la divertita ironia di chi è ben conscio del potenziale illusionistico del cinema. Per questo la sua figura è sempre stata quella di chi preferisce il comodo ruolo del semplice artigiano che "fa il cinema come le seggiole" e si autodenigra. L'immagine simbolo della sua opera, il cavallo di legno che conclude I tre volti della paura, risulta così la sintesi perfetta della sua visione d'autore: lo svelamento del "trucco" come affermazione della sua potenza mitica.
Il nostro intento allora è stato (…) quello di parlare dell'uomo Bava, della sua idea di cinema ancora in progress, di quello che continua a suscitare rivedendo i suoi film oggi. Abbiamo cercato di declinarlo al presente insomma, catturandolo nella passione che ha sempre messo nel suo cinema, sorprendendoci come fosse la prima volta di fronte a capolavori che non ci stanchiamo di rivedere e, perché no, di ri/sognare. (…) Abbiamo deciso di far parlare lo stesso Bava attraverso un profilo biografico che ce ne restituisse i tratti salienti come cineasta, ma ancor di più come uomo, e mediante una serie di sue dichiarazioni sul cinema, sulla sua idea di spettacolo, sulle possibilità che un regista come lui ha effettivamente avuto in Italia. (…) Un lavoro il nostro per il quale non abbiamo cercato alcun tipo di organicità e di rigidità schematica, ma al contrario un atteggiamento poliforme e ambivalente che da un lato partisse direttamente dagli incredibili testi visivi di Bava e che dall'altro venisse fuori proprio come risposta passionale e vibrante ad un cinema irrisolto e meravigliosamente aperto ad ogni interpretazione. E se il cinema, come non ci stanchiamo di dire/scrivere da anni, è un'invenzione del futuro, beh gli occhi di bava continuano a guardare…
Davide Di Giorgio e Francesco Ruggeri
LINK
Mario Bava – Maestro of the Macabre (sito italiano)
http://utenti.lycos.it/mario_bava/
Mario Bava Web Page (sito inglese)
http://members.tripod.com/mariobava.htm
Ars Incubi – Das Mario Bava-Archiv (sito tedesco)
http://home.snafu.de/angwa/ANGWA_Factory/bava.htm
Sito di Tim Lucas, il principale studioso dell'opera baviana
http://www.videowatchdog.it
Silent Scream – The Unofficial Barbara Steele Film Page (sito in inglese)
http://home.earthlink.net/~gershom/steele.html
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