La programmazione di Fuori Orario dal 26 novembre al 2 dicembre

Landru tra Charlie Chaplin e Claude Chabrol e l’omaggio a Pietro Citati tra Kafka (Intervista di Federico Fellini) e Tolstoj (The Woman Who Left di Lav Diaz). Da stanotte.

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Domenica 26 novembre dalle 2.45 alle 6.00

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di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

IL MAESTRO OROLOGIAIO: PIETRO CITATI

  1. Kafka

a cura di Lorenzo Esposito

“Fuori orario” omaggia il grande critico letterario e scrittore Pietro Citati scomparso poco più di un anno fa con un ciclo di tre notti caratterizzato da tre momenti chiave della sua opera legati ad altrettanti libri: il mondo classico, Kafka e Tolstoj. Figura dura appassionata atipica, Citati lega il suo nome a quello, fra gli altri, di giganti come Proust, Leopardi, Gadda, Goethe nelle cui vite e scritture si immergeva per anni riemergendo con una riscrittura totale che va al di là della semplice interpretazione e lo avvicina piuttosto a una figura – ancora tutta da identificare – di obliquo romanziere. Come lo definì Federico Fellini, che lo leggeva da sempre e che cominciò a frequentarlo durante la lavorazione de L’intervista mentre Citati finiva la stesura di uno dei suoi libri più famosi, Kafka, ecco a voi il “maestro orologiaio” della cultura italiana del Novecento.

MIXER CULTURA: INTERVISTA A PIETRO CITATI                                                      

(Italia, 1988, col., dur., 41’) pta 8

Intervistato da Giovanni Minoli, Citati spiega la sua ossessione per Kafka e attraversa un secolo di letteratura moderna e italiana.

INTERVISTA

(Italia, 1987, col., dur., 103′)

Regia: Federico Fellini

Con: Federico Fellini, Sergio Rubini, Antonello Ponziani, Lara Wendel, Marcello Mastroianni, Anita Ekberg

Fellini sta girando a Cinecittà un film tratto da America, di Franz Kafka. Su invito di una troupe giapponese, Fellini si fa intervistare nel luogo più iconico del suo cinema,  dove arrivò per la prima volta, giornalista ventenne, nel 1940. E ricorda un modo di fare cinema che è scomparso per sempre. Il film si fa, e mentre si fa, si disfa in direzioni inattese: una storia d’amore, l’immensità del leggendario Teatro 5 di Cinecittà, Franz Kafka…”Non mi stancherò mai di ringraziare la Ekberg e soprattutto di ammirarla. È spiritosa, saggia umile. La grazia e la disponibilità con cui ha accettato di riapparire in Intervista, in contrasto con l’immagine gloriosa della Dolce vita, mi hanno commosso. Per l’occasione io e Marcello Mastroianni andammo a trovarla nella sua casa ai Castelli Romani, dove vive come una divinità campestre, serena, tranquilla, imperturbabile, senza che il corso degli anni la turbi minimamente. Ricordammo allora l’esperienza de La dolce vita. Può darsi che io stato un po’ crudele con lei, ma non era nelle mie intenzioni.” (Federico Fellini)

 

Venerdì 1 dicembre dalle 1.40 alle 6.00

LA MASCHERA SMASCHERATA: CHARLOT VA AL PATIBOLO

a cura di Lorenzo Esposito

MONSIEUR VERDOUX

(Id., Usa, 1947, b/n,  dur. 119’,  v.o. sott., it.)

Regia: Charlie Chaplin

Con: Charlie Chaplin, Martha Raye, William Frawley, Marilyn Nash, Isobel Elsom

Versione restaurata in collaborazione con la Cineteca di Bologna

Chaplin si ispira alla storia del serial killer Henry Landru, ex cassiere di banca che, dopo il licenziamento, si dedica per anni all’attività di sposare e uccidere vedove facoltose prima di essere smascherato all’alba della Seconda Guerra Mondiale. In tribunale Verdoux non esprime alcun rimorso e dichiara che sono le società moderne, fondate esse stesse sulla guerra, a incoraggiare l’idea di assassinio di massa.

Chaplin cita Orson Welles nei crédits, ma tra i due ci fu rottura totale sulla primogenitura dell’idea.

“Chaplin viene accusato di comunismo, è l’inizio della fine dei suoi rapporti con l’America. Tuttavia il vero scandalo del film consiste, secondo Bazin, nel fatto che per la prima volta Chaplin non è affatto Charlot eppure lo è ancora, pienamente, in una sorta di immagine al negativo (l’iperadattamento alla logica sociale di Verdoux vs il disadattamento del vagabondo), in una contraffazione puntuale che solo alla fine tradisce la propria natura di maschera: “Omino in maniche di camicia, con le mani legate dietro il dorso, se ne va con passo saltellante verso il patibolo. Ed è allora la gag sublime, informulata ma evidente, la gag che risolve tutto il film: Verdoux era lui! Ghigliottineranno Charlot.” Verdoux/Charlot va dunque verso la morte, una morte da lui stesso preparata e scelta dopo la parabola amorale che è stata la sua vita, e dopo quella lunghissima, esilarante, tremenda gag d’una moglie più megera delle altre che sfugge ai ripetuti tentativi d’omicidio, sempre più ansiogeni e slapstick; Charlot va verso la morte dopo aver superato il comico e il patetico, con la frase che apre un quieto baratro metafisico, “vi rivedrò molto presto tutti”. Trionfo stilistico dell’ellissi, Monsieur Verdoux è il più enigmatico dei film di Charlie Chaplin; torna oggi, restaurato, a interrogarci col suo mistero che, come ci ricorda Jacques Lourcelles, “nessuno può vantarsi d’aver esplorato fino in fondo, e che lo ha preservato dal tempo”. (Paola Cristalli dal catalogo del Cinema Ritrovato).

LANDRU

(Id., 1963, col., dur., 97′, versione italiana)

Regia: Claude Chabrol

Con: Charles Denner, Danielle Darrieux, Michéle Morgan, Stéphane Audran, Juliette Mayniel, Hildegarde Neff, Stéphane Audran

Durante la Prima guerra mondiale, per sopperire ai bisogni della famiglia, Landru seduce, sposa e poi uccide 11 donne, dopo essersi fatto intestare i loro beni. Riconosciuto dalla sorella di una delle vittime viene infine arrestato. Il processo coincide con la conferenza di pace e il governo fa in modo che sulla stampa le notizie sensazionali sul “mostro” distolgano l’attenzione dell’opinione pubblica. Ispirato a un celebre fatto di cronaca, cui aveva già attinto Chaplin per Monsieur Verdoux, il film è uno studio sarcastico del crimine come «pratica artigianale», opposto al genocidio su scala industriale della guerra, e un omaggio al cinema muto, rievocato dalla recitazione, dalle inquadrature fisse e frontali e dalle scenografie teatrali.

«Landru sguazza come un pesce nell’acqua della sua epoca. È un borghese perfetto: moglie, figli, governante. Ha buttato 11 donne in una stufa a legna, ma solo perché le circostanze glielo hanno consentito e perché questo gli semplificava le cose. […] Non mi piacciono le storie che cercano di ridimensionare un mito. Ma Landru è un mito o un uomo? Questa domanda diventa cruciale nel momento in cui si decide di fare un film su un personaggio del genere. E nel mio film ci sono entrambi, l’uomo e il mito, e credo per la prima volta si assista alla metamorfosi del primo nel secondo». (Claude Chabrol)

 

Sabato 2 dicembre dalle 1.55 alle 7.00

IL MAESTRO OROLOGIAIO: PIETRO CITATI

  1. Tolstoj

a cura di Lorenzo Esposito

SOTTOVOCE: PIETRO CITATI

(Italia, 2016 col, durata 39’) pta 24

Nel famoso programma di Marzullo, Pietro Citati approfondisce la sua idea di Storia attraverso una lunga analisi autobiografica e letteraria.

THE WOMAN WHO LEFT – LA DONNA CHE SE NE È ANDATA (Angbabaenghumayo, Filippine, 2016, b/n, dur., 220′, v.o. sott. italiano)

Regia: Lav Diaz

Con: Charo Santos-Concho, John Lloyd Cruz, Michael De Mesa, Nonie Buencamino

Ispirato al racconto di Tolstoj “Dio vede quasi tutto, ma aspetta”, il film ha vinto il Leone d’oro alla Mostra di Venezia nel 2016, facendo seguito ai premi di Locarno e Berlino dei suoi film precedenti.

Il cineasta filippino mette al centro del racconto una donna (in Tolstoj al contrario è un uomo) e sposta l’ambientazione nel contesto urbano contemporaneo delle Filippine. Mentre Horacia ritorna in città dopo essere stata ingiustamente detenuta per trent’anni emergono le storie di violenza e ingiustizia delle Filippine degli ultimi quarant’anni.

Lav Diaz l’ha definita “una storia di morte e di perdono. Un racconto spirituale che non riguarda Dio ma una persona che soffre ed è spinta a fare qualcosa di buono per tutta l’umanità”.

 

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