Intervista, di Federico Fellini

Sconnesso e abbagliante, irritante e magico. C’è tutto Fellini in quello che può anticipare il suo testamento sul cinema. Ai limiti del narcisismo, ma puramente visionario. Stasera, ore 23.40, Rai 1

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Alla fine degli anni ’80, quando andavo al liceo e iniziavo a frequentare i primi cineforum Federico Fellini appariva come un gigante. La parola cinema veniva associata prevalentemente a lui. Sembrava che prima non fosse esistito nessuno, neanche il cinema muto. E dopo di lui sarebbe finito tutto. Gli insegnanti ci parlavano del Maestro e poi, di sfuggita, di Roma città aperta e Ladri di biciclette. Per mio padre e i genitori dei miei amici non esisteva nessun altro. Così, quando ho iniziato ad appassionarmi di cinema, ecco che mi viene regalato il primo libro. Su chi? Fellini ovviamente. Si trattava della biografia (bella) scritta da Tullio Kezich edita da Rizzoli. Allora, a 17 anni, mi sembrava un pappone interminabile. Oggi invece il racconto appassionato di una bella storia d’amicizia che emerge attraverso la carriera del cineasta romagnolo ripercorsa minuziosamente.

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Allora cosa è successo con Intervista? Era il’autunno del 1987 e la nostra insegnante di italiano ce lo consigliava caldamente. Mio padre e i genitori di due nostri amici ci avevano praticamente obbligato a vederlo (“lui è il geniaccio’ pontificava il mi’ babbo), se volevamo i soldi per vedere poi un altro film. Quindi siamo andati a Roma, al cinema Quirinetta, vicino a Montecitorio, con i nostri motorini. Alla fine non ci avevo capito niente. Mi sembrava di aver buttato quasi due ore del mio tempo. Ovviamente, per innato spirito di contraddizione, ero ben contento di avergli trovato tutti quei difetti. Un altro mio amico stava bestemmiando per strada in tutte le lingue del mondo. Poi invece al terzo era piaciuto. Se ne usciva con frasi sconnesse tipo: “L’arte non va spiegata”. Il problema però è che lui Intervista l’ha visto ben poco; è stato infatti tutto il tempo in sala a baciarsi e a toccare le cosce della sua ragazzina di allora. Si voleva fare bello davanti a lei e si dava pure arie da intellettuale da quattro soldi. Citava La dolce vita come uno dei più alti esempi di cinema (penso che le prime immagini di quel film le ha viste proprio dentro Intervista) e ci accusava che questo non era cinema per noi e potevamo soltanto vederci Sposerò Simon Le Bon, Italian Fast Food e Il ragazzo del Pony Express. La sua fidanzatina, più piccola di noi ma anche lei figlia di intellettuali (il padre mi sembra che era giornalista di Repubblica, la madre professoressa universitaria) era intervenuta con foga nella discussione e aveva concluso: “Questi film sono da riguardare  due, tre volte per poterli capire. E possono essere bellissimi anche se non ci si capisce niente” (all’75% aveva ragione ma l’ho capito molti anni dopo). Il mio amico, quello a cui non era piaciuto, a quel punto ha ricominciato a bestemmiare senza più fermarsi.

Sono passati più di 32 anni da allora. Intervista non l’avevo più visto. Con il cinema di Fellini ho spesso avuto un rapporto conflittuale. Non impazzisco per 8 1/2, non amo quasi per niente Amarcord, stravedo invece per Il Casanova. Eppure, con le immagini delle auto che di notte varcano il cancello di Cinecittà, già mi è sembrato subito un altro film. Una partenza degna di quelle esaltanti del Gran Premio di Formula 1. E subito è partita in testa la dissolvenza tra questo inizio e le moto sul raccordo di Roma. Appare subito come un ricordo nostalgico, tra passato e presente. Fellini, che sta preparando un film ispirato ad America di Kafka, rievoca alcuni momenti della sua vita, a partire dal suo arrivo a Cinecittà la prima volta nel 1940 quando doveva intervistare una diva. Resta un ritratto decadente di un mondo che ta scomparendo, come i precedenti E la nave va e Ginger e Fred anche se meno potente. Continua a pesare il sospetto di un compiaciuto autonarcisismo filtrato da finta modestia. Inoltre la presenza della troupe giapponese che lo deve intervistare è una trovata comica esile e spesso invadente, ripetitiva nell’approccio della giornalista che gli fa le domande. Allo stesso tempo prevale anche un simbolismo esasperante. La sua lotta contro la televisione che sta distruggendo il cinema (resta memorabile una sua intervista in cui se la prende contro la violenza del telespettatore che con il telecomando decide di cambiare canale a suo piacimento) prende forma co l’attacco degli indiani con le antenne in mano al posto delle frecce.

Poi c’è l’altro film, che era scomparso dalla memoria. Gli occhi pieni di stupore di Sergio Rubini e Antonella Ponziani incantati dal mondo dei sogni. E soprattutto emerge tutta la materia del cinema: il set, il legno, le luci,la cartapesta, le sale trucco, il metodo Fellini, le scenografie con gli elefanti. “Cosa devo fare?” chiede ad un certo punto Rubini. Perché quello di Fellini è cinema che regala l’illusione di prendere forma mentre si sta girando. Con la troupe attorno a lui, con la presenza del ‘pasoliniano’ direttore della fotografia Tonino Delli Colli (che aveva iniziato a collaborare con Fellini dal film precedente e lavorerà anche nel suo ultimo film, La voce della luna) e il suo aiuto Maurizio Mein, e molte persone che aspettando anche un cenno dal maestro per capire cosa devono fare.

C’è il tentativo, impossibile, a far tornare il tempo passato. Ci prova Mastroianni, vestito da Mandrake con la sua bacchetta magica a casa di Anita Ekberg. Dietro un telo bianco parte la musica. Loro due iniziano a ballare e poi appare, come un miracolo, La dolce vita.

Ma è soprattutto il finale che lascia il segno. Con il rumore del vento, il temporale e la troupe che si ripara sotto un tendone. Il cinema continua ad essere una festa. Malgrado i rapporti di Fellini con la produzione continuano ad essere di “reciproca, totale, sfiducia”. Intervista è sconnesso e abbagliante, irritante e magico. Non il suo miglior film ma da rivedere. Perché c’è tanto di Fellini in questo film. Anche tutte quelle cose che continuano a non convincere.

 

Regia: Federico Fellini
Interpreti: Sergio Rubini, Antonella Ponziani, Federico Fellini, Maurizio Mein, Paola Liguori, Lara Wendel, Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Francesca Reggiani, Antonio Cantafora, Tonino Delli Colli
Durata: 105′
Origine: Italia, 1987

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.6 (5 voti)
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