La programmazione di Fuori Orario dal 30 luglio al 5 agosto

Inquisizione ad Hollywod, dopo la Nouvella Vague tra Varda, Hondo e Straub-Huillet. E poi Menocchio (Fasulo), Monte (Naderi) e I recuperanti (Olmi). Da stanotte.

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Domenica 30 luglio dalle 1.50 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste puntata

di Ghezzi Baglivi  Di Pace Esposito Fina Francia  Giorgini Luciani Melani Turigliatto

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presenta

                                                                                                                                       FIUME ROSSO 2 Inquisizione ed anticomunismo ad Hollywood (1) –

Edward Dmytryk, le catene della colpa

La fine dell’alleanza antinazista tra Stati Uniti e Unione Sovietica dette il via al lungo inverno della “guerra fredda”.  La paura del comunismo, di sabotatori e spie avvolse come una cappa plumbea l’intero paese. Questa condizione di paranoia collettiva, identificata con il termine maccartismo ( dal senatore Joseph McCarthy), per il suo evidente riscontro mediatico, si abbatté anche e soprattutto sul mondo del cinema, tra i registi, gli attori, gli sceneggiatori, le maestranze tutte, prima alla ricerca di iscritti o simpatizzanti del Partito Comunista, subito dopo allargando una vera e propria persecuzione anche a quanti, negli anni precedenti compresi quelli dell’alleanza antinazista tra l’Urss e l’occidente,  avessero fatto parte di comitati di appoggio o solidarietà con i movimenti antifascisti, come con i repubblicani di Spagna, ovvero con gli intellettuali schierati a fianco dei movimenti europei di resistenza antinazista. Da un giorno all’altro centinaia di protagonisti e lavoratori del mondo dello spettacolo americano si trovarono inseriti in una lista nera di proscrizione, che rese impossibile loro di continuare a lavorare. Molti emigrarono in Europa, altri si mascherarono sotto pseudonimi o nomi falsi per continuare ad operare nel mondo del cinema. Quasi tutti si dovettero misurare con un vero e proprio tribunale, quello per le attività antiamericane, che con metodi degni dell’Inquisizione li poneva di fronte ad un dilemma: ripudiare pubblicamente le proprie idee, assumersi anche colpe non vere e, soprattutto, denunciare amici e colleghi. I produttori delle majors furono in prima fila nella caccia al comunista nel cinema; questa era anche la loro personale vendetta nei confronti del movimento di sindacalizzazione che, in particolare tra gli sceneggiatori e le maestranze, li aveva messi in difficoltà a partire dalla metà degli anni Trenta. Naturalmente vi furono anche clamorosi casi di resistenza e denuncia: una delle prime liste di proscrizione stilata, quella dei “dieci di Hollywood”, suscitò un movimento di denuncia e condanna. Ma la forza del sistema fu tale che pochi mantennero la propria posizione iniziale di denuncia di anticostituzionalità dei processi e dei licenziamenti; amicizie e convinzioni infrante segnarono in qualche modo tutti gli anni ’50 del cinema americano. La lista fu formalmente abolita nel 1960, quando allo sceneggiatore Dalton Trumbo fu pubblicamente riconosciuto il suo contributo al film  EXODUS di Otto Preminger e SPARTACUS di Kubrick; ma soprattutto quando il processo di ristrutturazione industriale dell’industria dell’intrattenimento (cinema, tv, teatro, ecc. ) americano ebbe fine, con la presenza non più eludibile dei grandi network televisivi. In qualche modo la realtà reclamava i suoi diritti anche al cinema, sapeva scegliere con più discernimento le nuove streghe ed i nuovi mostri: la nuova Hollywood era alle porte.

Edward Dmytryk è una figura emblematica di questo periodo storico. Canadese di origine ucraina, Dmytryk svolge tutta la possibile gavetta cinematografica: alla metà degli anni ’30 risalgono le sue prime regie. Ben presto alla Rko si specializza in film di propaganda e di appoggio allo sforzo bellico Usa, il tutto declinato secondo il noir, il melodramma, il film bellico. Viene da subito inserito, unico regista, nella lista dei “dieci di Hollywood”, avendo rifiutato di rispondere alla Commissione per le attività antiamericane; incarcerato,  la sua carriera si blocca, come quella degli altri suoi compagni. In successivi interrogatori, decide invece di autodenunciarsi come ex iscritto al partito comunista e fa i nomi di tanti suoi colleghi, indicandoli come iscritti o simpatizzanti… Riprende a lavorare, firmando negli anni anche importanti successi commerciali. In alcuni di questi una critica attenta ha individuato elementi i narrativi che certamente si ricollegano alla sua drammatica esperienza.

FUORI ORARIO, con il titolo FIUME ROSSO,  ha deciso di ritornare su questo periodo del cinema americano.  con titoli ascrivibili a quel particolare momento, ad alcuni dei suoi protagonisti, siano essi registi, attori, sceneggiatori, e ad una scelta di materiali di archivio. 

a cura di Paolo Luciani

FIVE CAME BACK (La tragedia del Silver Queen) versione originale con sottotitoli italiani

(USA 1939 bianco e nero) durata 71’

Regia: John Farrow

Con: Chester Morris Lucille Ball, Wendy Barrie, Joseph Calleia, John Carradine

Fosco melodramma ambientato in una inospitale giungla dove precipita un aereo con dodici passeggeri a bordo, tra cui un condannato a morte…Dopo due settimane drammatiche in cui si manifestano i veri caratteri dei sopravvissuti, l’aereo viene  riparato, ma  il veicolo  può decollare con non più di cinque persone a bordo…

Dalton Trumbo, tra i più noti dei !0 di Hollywood, sceneggiatore di successo, nel 1950 viene condannato dalla Commissione per le attività antiamericane a 11 mesi di carcere per il rifiuto di testimoniare con tro amici e colleghi. Inizia per lui un lungo periodo di lavori sotto falso nome, tra cui due oscar per la sceneggiatura (VACANZE ROMANE e LA PIU’ GRANDE CORRIDA). Nel 1960, grazie al successo di due suoi lavori come EXODUS e SPARTACUS, viene riammesso ufficialmente ad Hollywood.

I TRADITORI (The Master Race)

(Usa 1944 bianco e nero, doppiaggio italiano) durata  97′

Regia: Herbert Biberman

Con: George Coulouris, Helene Beverly, Lloyd Bridges

Gioco di ombre e di spie in  un piccolo paese del Belgio, durante le fasi successive allo sbarco alleato in Normandia. Le grame sono tirate dal colonnello tedesco Von Beck, spacciatsi per partigiano e convinto assertore della necessita della nascita di un Quarto Reich…

Biberman, influenzato dal realismo socialista, partecipa con molti suoi lavori della fine degli anni ’30 alla fondazione del Theatre Guild di New York, da cui prese poi vita il Group Theatre. Promotore della Hollywood Anti-Nazi League e del sostegno attivo alla Repubblica spagnola, per le sue posizioni, mai rinnegate, Biberman  è universalmente noto come uno degli Hollywood Ten;  fini in prigione per sei mesi, marchiato come testimone ostile dalla Commissione per le attività antiamericane, anche sua moglie, l’attrice Gale Sondegaard, subì un ostracismo pluriennale da parte del mondo del cinema. 

IL RIBELLE (None but a Lonely Heart)

(Usa 1944  versione colorizzata, doppiaggio italiano, durata 111′

regia: Clifford Odets

Con: Cary Grant, Dan Duryea, Ethel Barrymore, Barry Fitzgerald, June Duprez, Jane Wyatt

Grant è un giovane inglese che torna a casa; irrequieto ed incerto, intraprende un percorso di crescita diviso tra il matrimonio con una sicura vita piccolo borghese ed una eccitante amicizia con un gangster e una  intrigante donna dall’oscuro passato.

Uno dei maggiori drammaturghi americani dalla fine degli anni ’20, Odets partecipa alla fondazione del Group Theatre, il gruppo di lavoro che introduce in Usa il “metodo Stanislavskij” e che dagli anni’30 in poi sarà attenzionato dalle autorità come una fucina di simpatizzanti comunisti.

Per questo film Ethel Barrymore vinse l’Oscar come migliore attrice non protagonista.

Odets nel 1952 fu chiamato a testimoniare presso la Commissione per le attività antiamericane, in quanto iscritto al Partito Comunista Usa tra il 1934 e il 1935 e, certamente, anche per il carattere fortemente realistico ed impegnato dei suoi lavori teatrali. Come testimone definito “amichevole” collaborò con la Commissione, facendo però nomi di membri del Partito Comunista già noti alla Commissione, affermando al contempo come fossero tutti suoi amici e di fatto contestandone pubblicamente l’attività.

 

Venerdì 4 agosto dalle 0.50 alle  6.00

UN FILM NON COME GLI ALTRI. OLTRE E DOPO LA NOUVELLE VAGUE (4)

a cura di Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto

SALUT LES CUBAINS PRIMA VISIONE TV

(Francia, 1963, b/n, 28’, v.o. sott. it.)

Regia: Agnès Varda

Voce: Michel Piccoli.

Restaurato nel 2014.

“È un omaggio a Cuba. Ero stata invitata laggiù dall’ICAIC, l’Istituto del cinema cubano. Mi ero portata una Leica, della pellicola e un treppiede perché avevo in mente qualcosa. Ho trovato i cubani veramente straordinari, e le forme del loro socialismo sorprendenti e gioiose. Sono gli unici socialisti latini. Quando sono a Mosca sento che i sovietici e io apparteniamo a due mondi diversi, ho bisogno prima di tutto di capire. A Cuba è stato più facile, potevo sentirmi cubana e poi capire. E ho anche riso molto. Il folklore della loro rivoluzione, il ritmo della vita, il calore… Sono tornata con 4000 foto, ho impiegato sei mesi a montarne 1500 ma sono stata ricompensata: a Cuba dicono che è un film cubano, che ha la sabor.” (Agnès Varda, “Cahiers du cinéma”, n. 165, aprile 1965)
“Disponevo solo di un supporto instabile, e la Leica obbligava a riarmare due volte, vale a dire che tra gli scatti c’erano alcuni secondi. Quindi, anziché ricostruire un movimento continuo filmando immagini molto vicine nel tempo è stato possibile ricostruire solo una continuità traballante che dà al film il ritmo del cha cha cha, del bolero, del danzón e del guaguancó.  […] Mi è capitato di essere etichettata come filocastrista e dunque filocomunista. Sbagliato. Non mi bevo tutto quel che si legge o si dice (compresi i discorsi lunghi e lirici di Fidel Castro), ma ammiro individui idealisti che mettono in pratica le loro idee, quali che siano le privazioni che le accompagnano”.  (Agnès Varda, Varda par Agnès, Éditions Cahiers du cinéma, Parigi 1994)

SOLEIL Ô

(Mauritania- Francia, 1967, col., dur., 100′, v.o. sott., it.)

Regia: Med Hondo

Con: Robert Liensol, Théo Légitimus, Gabriel Glissand, Mabousso Lô, Alfred Anou, Les Black Echos.

Uno dei film africani più importanti del periodo intorno al ’68, presentato a Cannes e Locarno nel 1970, restaurato negli ultimi anni da The Film Foundation’s World Cinema Project, nell’ambito di un progetto più generale di riscoperta di  Med Hondo, vissuto in Mauritania ed emigrato  in Francia nel 1959, autore di numerosi film.

Un immigrato africano in cerca di lavoro scopre le violenze della “Douce France”, il razzismo generalizzato ma anche l’indifferenza e i privilegi dei dignitari africani che vivono a Parigi. Un’opera di lucida rivolta  contro tutte le oppressioni, prima di tutto la colonizzazione in  tutte le sue conseguenze politiche, economiche e sociali, e nello stesso tempo la denuncia dei fantocci che la Francia ha installato al potere  in molti paesi africani. Definito dal suo autore come  “10 anni di gollismo visti dagli occhi di un africano a Parigi”.

“Ci siamo trovati ad essere artisti ‘di colore’, come si dice di solito, per puro caso insieme a Parigi sostanzialmente per le medesime ragioni, Bachir, Touré, Robert e io e ci siamo trovati nel bel mezzo di un paese, di una città, nella quale rimediare di che vivere, in parole povere, dove lavorare, : essere un attore, un musicista, un cantante. E dove, però, ci si è subito resi cono che le porte erano chiuse (…) Allora, per uscirne abbiamo deciso di fondare un gruppo teatrale e nell’attesa abbiamo realizzato un film tutti insieme, Soleil Ô  (..) Tutte le scene sono ispirate alla realtà. Perché il razzismo non si inventa, soprattutto al cinema. E’ una specie di mantello che ti mettono addosso, con cui sei obbligato a vivere. (…) Ma so bene che il cinema da voi definito cinema-verità ha sempre evitato di dire cose del genere…”.  (Med Hondo, 1970)

OTHON/GLI OCCHI NON VOGLIONO IN OGNI TEMPO CHIUDERSI O FORSE UN GIORNO ROMA SI PERMETTERA’ DI SCEGLIERE A SUA VOLTA

(Othon/Les youx ne veulent pas en tout temps se fermer ou peut-etre qu’un jour Rome se permettra de choisir à son tour, Italia-Francia, 1970, col., 16mm gonfiato a 35mm, dur., 85’’, v.o. sott. it.)

Regia: Daniéle Huillet e Jean-Marie Straub

Con: Adriano Aprà, Anne Brumagne, Olimpia Carlisi, Jean-Marie Straub

Primo film girato in Italia da Huillet/Straub che da quel momento si stabiliranno a Roma per quasi quarant’anni. Filmato tra le rovine del Palatino lasciando intatta la visione della Roma contemporanea, il film rispetta la struttura in cinque atti della tragedia di Corneille, ogni rullo corrisponde ad un atto, al termine del quale gli attori escono dallo spazio dell’inquadratura lasciandolo vuoto.

“Non ho voluto andare oltre la storia; posso dire che non s’è ancora vista una tragedia in cui si maneggino tanti matrimoni per non concluderne nessuno. Sono intrighi di gabinetto, che si distruggono a videnza”. (Pierre Corneille)

“Othon ha grandi visrtù, ma è essenzialmente uomo di corte, e sotto Nerone ha dovuto piegarsi e seguirne i vizi. Divenuto libero, aveva potuto seguire liberamente il proprio carattere.

“Nella tragedia di Corneille è veramente innamorato di Plautina; nella Storia aveva promesso al padre di lei, il console Vinio, di sposarla, se otteneva che Galba lo scegliesse per suo successore; e siccome si vide imperatore senza la sua opera…” (Jean-Marie Straub)

“Un divertimento e un’impresa. Recitavo senza capire bene la complessa trama. Non sapevo se ero innamorato di Camilla o di Plautina. Niente “psicologia”, insomma. Solo la cadenza, musicale, delle varie voci. Dagli Straub ho imparato il rigore, ma anche l’apertura al caso”. (Adriano Aprà)

 

Sabato 6 agosto dalle 1:35 alle 6.30

PASSAGGI A NORD-EST 

a cura di Fulvio Baglivi

MENOCCHIO

(Italia, 2018, col., dur., 100′)

Regia: Alberto Fasulo

Con: Marcello Martini, Maurizio Fanin, Carlo Baldracchi, Nilla Patrizio

Tratto dal libro Il formaggio e i vermi di Carlo Ginzburg opera storiografica uscita nel 1976 che parte da un punto di vista radicalmente diverso: scrivere la storia degli sfruttati e mettere al centro la vita e il quotidiano e non i grandi eventi e le personalità eccezionali. Fasulo, al suo quarto lungometraggio, segue la vicenda del mugnaio Menocchio, costretto al processo dalla Santa Inquisizione, torturato e vessato affinché confessi qualcosa che non è mai accaduto e abiuri la sua “eresia”. Fasulo ricrea l’ambiente del tempo, filma in spazi “veri”, tiene la lingua volgare dei documenti e affronta con rigore un film dal sapore rosselliniano (il Rossellini enciclopedico di Socrate e Cosimo de’ Medici).

MONTE

(Id., Italia/USA/Francia, 2016, col., dur., 102’)

Regia: Amir Naderi

Con: Andrea Sartoretti, Claudia Potenza, Zaccaria Zanghellini, Anna Bonaiuto

In un Medioevo non ben precisato una famiglia composta da Agostino, dalla moglie Nina e dal figlio Giovanni vive in un piccolo villaggio situato ai piedi di un’enorme montagna che lo sovrasta e che impedisce alla luce del sole di illuminarlo e di rendere così coltivabile il terreno circostante. A dispetto di chi gli consiglia di andare a cercare fortuna altrove, Agostino invece decide di restare perché è convinto dell’importanza delle proprie radici. Inizia così una sua personale lotta contro la montagna.

“Per rendere qualcosa possibile in ogni momento, paga con il tuo cuore, abbi fede e sii paziente. Non mollare finché non ci arrivi. Perché questo è il dono dell’essere umano: la sfida. L’Italia, con la sua cultura, la sua lunga storia e il suo background complesso, è uno dei paesi più interessanti al mondo. Sono convinto che più di qualsiasi altro paese abbia prodotto geni che hanno cambiato il corso della civiltà. Questa è la ragione per cui questa volta ho scelto di girare il mio nuovo film qui”. (Amir Naderi).

I RECUPERANTI

(Italia, 1970, col., 95′)

Regia: Ermanno Olmi

Con: Antonio Lunardi, Andreino Carli, Alessandro Micheletto

Di ritorno dalla campagna di Russia dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il giovane Gianni torna al paese natale sull’altopiano di Asiago. Alla ricerca di un lavoro incontra il vecchio Du che si guadagna da vivere recuperando i residuati bellici metallici della Prima guerra mondiale sulle montagne dell’Altipiano e poi rivendendole. Gianni si unisce al vecchio diventando anche lui un “recuperante”, un lavoro pericoloso in cui si può perdere la vita. Interpretato da attori non professionisti, sceneggiato da Olmi insieme a Tullio Kezich e Mario Rigoni Stern.

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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