Laura Antonelli, semplice e timida

Ci ha lasciati a 73 anni la diva bella e disgraziata morta sola nella sua abitazione di Ladispoli. Una vita ricca di successo, imprivvisamente interrotto. Il nostro profilo

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Ci ha lasciati a 73 anni Laura Antonelli, la diva bella e disgraziata morta sola nella sua abitazione di Ladispoli. Una vita ricca di successo, d’improvviso interrotto e precipitato a causa delle sue debolezze e di una certa ipocrisia nostrana. Tutti ricordano l’appello che Lino Banfi ha lanciato nel 2010 attraverso il Corriere della sera: una richiesta affinché fosse fatto qualcosa per lei, ormai alla deriva: “L’ho incontrata, dice che le resta poco da vivere. Ci ha fatto sognare, ora ha solo la pensione di 510 euro”.

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L’accusa di spaccio di droga ai tempi in cui non era legalizzato l’uso personale e la deturpazione del volto causato dalla chirurgia estetica fatta per Malizia 2000 del 1991 (che avrebbe dovuto essere il trionfale ritorno al cinema e che invece si è rivelato solo tracollo definitivo) di Salvatore Samperi, hanno distrutto infatti la vita dell’attrice, molto amata dagli amici attori, che più volte l’hanno omaggiata con pensieri e articoli, e dagli spettatori che hanno alimentato il loro immaginario grazie all’uso che è stato fatto del suo corpo.

Ex insegnante di educazione fisica, Laura Antonelli (una delle “bellissime quattro” dalmato-istriane insieme a Femi Benussi, Alida Valli e Sylva Koscina) esordisce con caroselli e fotoromanzi fino a quando recita ne Il merlo maschio (1971) di Pasquale Festa Campanile che la erige a icona sexy grazie alle numerose pose nude al violino, ruolo riconosciutole definitivamente in Malizia (1973) di Salvatore Samperi (film che ha incassato 5 miliardi di lire diventando modello per le commedie erotiche all’italiana) dove interpreta una sensuale domestica contesa dalle diverse generazioni dei membri maschi di una famiglia. Visto il successo (ottiene il Nastro d’Argento alla migliore attrice protagonista e il Globo d’oro alla miglior attrice rivelazione), anche il cinema d’autore si interessa a lei: recita in Trappola per un lupo di Claude Chabrol del 1972 (dove conosce Jean-Paul Belmondo con il quale avrà una chiacchierata relazione), Sessomatto (1973) di Dino Risi, Mio Dio, come sono caduta in basso! (1974) di Luigi Comencini (per il quale vince un secondo Globo d’oro), Peccato veniale (1974) di Salvatore Samperi e Divina creatura (1975) di Giuseppe Patroni Griffi dove interpreta una scena di nudo integrale lunga sette minuti. La troviamo ancora al fianco di Giancarlo Giannini ne L’innocente (1976) di Luchino Visconti, ambientato tra le burrascose vicende sentimentali di una famiglia aristocratica della Roma umbertina del 1891, in Gran bollito (1977) di Mauro Bolognini e Passione d’amore (1981) di Ettore Scola, per il quale riceve una candidatura al David di Donatello per la migliore attrice non protagonista.

La sua carica sexy continua ad essere sfruttata negli anni ottanta con il corale Grandi magazzini (1986) di Castellano e Pipolo, Viuuulentemente mia (1982) al fianco di Diego Abatantuono di Carlo Vanzina e  Sesso e volentieri (1982) di Dino Risi.

Con gli ultimi lavori televisivi (Gli indifferenti del 1988 e Disperatamente Giulia del 1989), nonostante il successo di pubblico, Laura Antonelli non riesce ad imporsi soltanto come attrice e a sostituire il valore dell’interpretazione a quello della giovinezza e della bellezza, elementi che le avevano permesso di ottenere così tanto successo e che nello stesso tempo l’hanno condannata a perderlo con il loro sfiorire.

Forse non ero tagliata per fare l’attrice. Non ero preparata ad affrontare quella carriera, il successo, la popolarità, quell’ambiente, con le illusioni e le delusioni. Sono sempre stata una persona semplice, timida, attaccata ai valori della famiglia. Oggi, per me, esiste Gesù, tra le sue ultime dichiarazioni.

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