Le mostre italiane sono valorizzate culturalmente?

Lo scrittore Nicola Lagioia dichiara l’assoluta incompetenza della valorizzazione culturale italiana e la poca presenza di mostre e fruitori. A controbattere, i dati di Federico Giannini

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La cultura italiana, a livello istituzionale, è competitiva? O manca di offerte espositive e competenze politiche solide?

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Si espone a riguardo lo scrittore Nicola Lagioia, ex direttore del Salone del Libro di Torino, autore de La città dei vivi e vincitore del Premio Strega nel 2015 per La ferocia. In un suo articolo pubblicato su Lucy sulla cultura, Lagioia commenta così la proposta culturale italiana: “Non siamo competitivi a livello istituzionale. Abbiamo poche idee. Preferiamo i fedeli ai talentuosi. Rischiamo l’obsolescenza mentre il resto del mondo va avanti. È questo, temo, il vero pericolo. A livello nazionale, regionale, comunale, provinciale. Provinciale, questo è il problema”. Lagioia dichiara che in Italia (a dispetto della Francia e della Germania) la diffusione della cultura è ancora lontana e che servirebbe una riforma per investire nell’unione delle case editrici, delle biblioteche e delle scuole.

Lo scrittore si concentra soprattutto sull’offerta museale italiana, affermando che il nostro paese, ad oggi, non è in grado di proporre un numero adeguato di esposizioni e che mostre come quelle che si trovano in altre città europee, a livello qualitativo e quantitativo, sono solo un miraggio per noi. “Il problema è che a Parigi, in questo momento, si sta tenendo una mostra su Mark Rothko che l’Italia può sognarsi, e che ad Amsterdam, l’anno scorso, se n’è tenuta una su Vermeer che da noi sarebbe inimmaginabile. Sono voragini di questo tipo che bisognerebbe colmare. È importante ironizzare su Dante Alighieri di destra? O ragionare sul fatto che il Louvre, da solo, fattura più di tutti i musei italiani messi insieme?”. Ecco perché Lagioia sostiene fermamente l’importanza che il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e altre figure politiche del paese, dovrebbero spendere le loro energie per garantire, sul piano politico un ruolo di prim’ordine, europeo e non, per ciò che riguarda la cultura.

Non arrivano però a tardare le contestazioni nei confronti dello scrittore. Lo storico dell’arte Federico Giannini, fondatore del portale Finestre sull’arte, di cui è anche redattore, riporta infatti dei dati che non sembrano supportare le tesi di Lagioia, in particolare quella riguardante le mostre italiane. “Esiste davvero una voragine, come dice Nicola Lagioia, tra le mostre organizzate all’estero e quelle organizzate in Italia? No, e sostenerlo significa non conoscere l’offerta espositiva italiana, fatta di tante mostre di qualità, diffuse, e che spesso fanno anche numeri importanti”.

La monografica su Donatello, mostre su Perugino, Cecco, Caravaggio, Giovanni Battista Moroni, Giacomo Ceruti. Queste sono solo alcune delle mostre citate da Giannini. Egli sottolinea non solo che le esposizioni italiane, recenti incluse, sono di altissimo livello ma che quelle organizzate presso le Gallerie d’Italia sono maggiormente approfondite rispetto a quelle di città come New York e Londra. Ciò che dice Lagioia non basta, servono effettivamente più dati alla mano e fattori da prendere in esame. Un elemento essenziale da considerare, come afferma Giannini, sono gli spazi a disposizione per ospitare al pubblico le mostre in rassegna. Il nostro è un sistema museale diffuso e capillarizzato, e le spese sono più frazionate per dare la possibilità a più musei possibili di organizzare mostre ed eventi. “Sono fattori che andrebbero sempre presi in considerazione prima di avventurarsi in considerazioni sull’offerta espositiva italiana. O prima di somministrare ai propri lettori il solito, banale, frusto luogo comune del Louvre che “da solo fattura più di tutti i musei italiani messi insieme”.

Il confronto si costruisce sul rapporto tra introiti e visitatori: nel 2019 il Louvre ha generato 99 milioni di euro in biglietti mentre l’Italia raggiunge i 10 milioni di visitatori; Gli Uffizi che sono il museo italiano più visitato ha raccolto circa 30 milioni di euro e i visitatori sono stati 4,3 milioni. E ancora, prendendo i dati più recenti (2022) del Giornale dell’Arte, nella classifica delle 50 mostre più visitate al mondo, l’Italia è il paese che ha piazzato più esposizioni, con sette mostre, davanti alla Francia (6), e a Stati Uniti, Spagna, Giappone e Gran Bretagna (4 ciascuno). Siamo dietro a numeri di pubblico ma volendo mettere a confronto soltanto le mostre organizzate presso sedi espositive pubbliche, l’Italia torna avanti con 1.417.562 visitatori contro gli 1.190.933 della Francia.

Questi numeri sono senz’altro necessari ai fini di comprendere gli andamenti delle offerte espositive italiane e dell’interesse da parte dei fruitori. Dall’altra parte però, è vero che le competenze di investimento gioverebbero. L’iniziativa di allargare e diffondere cultura (specie quella museale), attraverso collaborazioni scolastiche, case editrici e associazioni porterebbe a risultati ancora più positivi. E qui, la politica gioca senz’altro un ruolo cruciale. Un passo in più per accrescere il nostro ricco patrimonio culturale.

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