"L'elemento che mi piace di più dei romanzi di Ishiguro è la rappresentazione di un eroe ossessivo al centro della storia, a volte anche mezzo matto." Incontro con James Ivory.

Ambientato sullo sfondo di lotte politiche e di una guerra imminente, il regista torna sul grande schermo con "La Contessa Bianca". Ci parla di questa esperienza insieme a Vanessa Redgrave sul set con la figlia Natasha Richardson.

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Da cosa è scaturita la decisione di cimentarsi in questa storia?

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James Ivory: Con la produzione volevamo realizzare qualcosa di particolare ed abbiamo consegnato allo sceneggiatore Kazuo Ishiguro un romanzo di un autore giapponese, Junichiro Tanizaki, intitolato The diary of a mad old man. Non avevamo delle idee precise su come poterlo adattare per una pellicola cinematografica e Ishiguro ha provato a lavorarci sopra ma senza rimanerne soddisfatto. Allora ha ripreso un suo romanzo When we were orphans, ambientato proprio a Shangai nello stesso periodo storico de La Contessa Bianca. Dopo un po' di tempo ci ha proposto la sceneggiatura che, pur avendoci da subito entusiasmati, ha subito diverse modifiche nel corso della realizzazione del film.


 


E' il secondo lavoro con Ishiguro: cosa l'attrae della sua scrittura?


 


James Ivory: L'elemento che mi piace di più dei romanzi di Ishiguro è la rappresentazione di un eroe ossessivo al centro della storia, a volte anche mezzo matto. L'ossessione accomuna tutti i personaggi delle opere di Ishiguro. In particolare in questo film c'era un elemento in comune tra l'idea della produzione e l'idea di Ishiguro ossia la ricerca della perfezione. Il protagonista infatti cerca senza tregua la perfezione attraverso il suo profondo senso estetico. Proprio in questo film è stato molto importante per lo sceneggiatore, tra l'altro, parlare della seconda guerra mondiale e mi sono trovato subito d'accordo essendo io stesso cresciuto in quegli anni.


 


Ci sono state delle difficoltà nel ricreare gli ambienti storici?


 


James Ivory: Ad esempio ricostruire la Shangai dell'epoca non è stato affatto semplice. C'è ben poco in giro tra gli archivi da considerare spunto per una ricostruzione fedele. Altra difficoltà è stata comunicare con un cast multilinguistico: a parte noi della troupe, con alcuni che parlavano inglese e altri francese, c'erano molti tecnici cinesi e si sa che le lingue cinesi sono molte.

Come ci riguarda questa storia nel momento attuale?


 


Vanessa Redgrave: Tanta gente non ha ben compreso e non ha voluto vedere la seconda guerra mondiale, soprattutto molte donne. Ne ho conosciuto anche tante che hanno perso tutti e tutto nelle guerre in Bosnia, in Cecenia, in Croazia. Quindi questa storia è molto vicina anche allo stato attuale. Ho conosciuto anche profughi russi con origini nobili, gente che ha ancora la foto dello zar appesa alla parete. E' una storia che sento molto vicina. Per me il piccolo ruolo nel film è stato un regalo per poter lavorare con Ivory. Io comunque ho sempre aspirato a ruoli piccoli e non conta il numero dei minuti di presenza sulla scena.


 


Sono voluti i riferimenti a film come Casablanca?


 


James Ivory: Se c'è qualcuno che forse può essere considerato influenzato da film come Casablanca è Ishiguro. E' un film che io ricordo di aver visto una sola volta all'età di 15 anni, Ishiguro invece è un vero appassionato di vecchi film. Ma comunque ritengo che La Contessa Bianca non abbia nulla a che vedere con Casablanca anche se molti critici soprattutto americani lo hanno considerato come un omaggio al film di Curtiz ma non c'era nulla di intenzionale in questo da parte nostra.


 


Il susseguirsi delle vicende è tale che sembra non essere così necessario il fatto che il protagonista sia un non vedente: perché invece questa scelta?


 


James Ivory: Probabilmente se il personaggio fosse stato vedente il film sarebbe stato più veloce. L'idea della cecità ci venne dopo un commento di Ralph Fiennes sul personaggio: sentiva che gli mancava qualcosa pur non comprendendo cosa. Poi incontrai un mio amico non vedente, un uomo che fa di tutto per non essere aiutato e trattato da cieco. Allora osservandolo ho deciso di adattare il carattere e le difficoltà di questo mio amico al protagonista del film.


 


Che cosa ha perso la donna contemporanea visto che personaggi così passionali ora sono rari?


 


Natasha Richardson: Il mio ruolo è una parte bellissima, ho sentito subito una grande empatia col mio personaggio. Effettivamente nel cinema attuale ci sono poche possibilità per un'attrice di poter interpretare parti del genere, donne così profonde e passionali. Io infatti ho considerato questo ruolo una vera opportunità, chiaramente con tutte le difficoltà del caso. Ad esempio entrare nella parte di una donna russa, nell'anima di una russa, non è stato facile. Per farlo ho condotto una lunga ricerca: ho parlato con russi, ho letto libri e ascoltato musica russa, sono andata a vedere film russi. Un altro grande privilegio è stato quello di lavorare con mia madre. All'inizio credevo mi sarei sentita inadeguata e timorosa, invece mia madre mi ha dato un forte supporto professionale. Era bello parlare con lei del film anche al termine di ogni giornata di riprese.

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