Liborio, di Nino Martinez Sosa

Liborio è il lungometraggio d’esordio di Nino Martinez Sosa. Una storia profondamente spirituale e al tempo stesso carica di concretezza. Al Tertio Millennio Film Fest

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Liborio torna dopo essere scomparso in un uragano, novello Cristo dominicano, libero dalle bionde e improbabili iconografie occidentali (Vicente Santos, che lo interpreta, somiglia moltissimo alle ricostruzioni del vero volto di Gesù) e capace di guarire, esorcizzare e soprattutto guidare il suo popolo.

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Il Dio di Liborio – e di Nino Martinez Sosa – non è un dio ad uso e consumo della classe borghese, bensì il Signore degli ultimi, dei diseredati, dei martiri della terra. Si manifesta nella Natura (madre o matrigna che sia, è una Natura che Sosa guarda con gli occhi carichi di fascinazione ed inquietudine dei suoi personaggi), nel frusciare delle ali dei pipistrelli, nel belare delle capre, nell’acqua e nella foresta, in un toccante e sincero sincretismo di cristianesimo e animismo.

Tuttavia Martinez Sosa non cede alle trappole di una facile illusione: la religione non basta a sollevare gli ultimi dal posto sul fondo del Mondo nel quale sono stati relegati. Ed ecco che il sogno di una comunità libera e pacifica si infrange contro la biondobaffuta ostinazione di un ufficiale occidentale di mezza età (raffigurato forse in modo un po’ stereotipato, non si può negare) e nell’aria il suono degli spari sovrasta quello della Natura. Ecco che il misticismo si fa carne e sangue, si concretizza nella lotta senza restare sterile parola. Si concretizza nella morte, che rende Liborio estraneo da ogni illusione di onnipotenza. E Liborio, volto di Cristo, voce di Cristo, Cristo degli sconfitti, può giungere al termine inevitabile della sua parabola, dove il semplice muoversi di una mano può dire più di mille dialoghi.

Sincero, toccante e perfettamente consapevole in ogni tema che tocca, mai ricattatorio o eccessivamente carico di illusioni, Liborio è un esordio di grande impatto, la cui maturità sta nel toccare corde profondissime prescindendo della presenza o meno di un senso realmente religioso dello spettatore.

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