Lo Hobbit – La desolazione di Smaug, di Peter Jackson

lo hobbit la desolazione di smaug

La linearità narrativa di Un viaggio inaspettato si complica e si divide in tre piani narrativi differenti. Jackson deve però liberare la saga di The Hobbit dall'ingombrante ed inevitabile confronto con The Lord of the Rings. Il 3D ad alta frequenza è la chiave decisiva per dare un nuovo orizzonte alla sua visività inesauribile e per rinunciare alla stampella referenziale della prima trilogia.

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Il percorso di Peter Jackson all'interno dell'opera tolkieniana ripete sempre lo stesso ciclo produttivo. Il primo capitolo comporta l'acquisizione della tecnologia mentre il secondo celebra la confidenza con il nuovo strumento e la competenza nell'espressione di tutte le sue potenzialità. L'incontro con il padre dell'epica contemporanea ha una forma di controllo decisiva sugli eccessi del suo feticismo del mezzo.

L'esibizione della potenza digitale della Weta potrebbe diventare il simulacro da adorare invece del film: il regista neozelandese deve obbedire al racconto di qualcuno che è comunque al di sopra del suo talento. Questo argine gli impedisce di sforare come invece gli era capitato in King Kong del 2005: il modello di Ray Harryhausen poteva essere sfidato mentre J. R. R. Tolkien è un'autorità a cui ci si deve sottomettere. Peter Jackson aveva già dichiarato i suoi intenti in Un viaggio inaspettato: quella di The Hobbit doveva essere una trilogia alternativa a The Lord of the Rings. Il desiderio di evitare i paragoni si accentua ne La desolazione di Smaug perchè i ritorni e i motivi di confronto aumentano: il personaggio di Legolas viene introdotto un'altra volta come se non fosse mai esistito prima. L'interprete è sempre Orlando Bloom ma la sua riedizione è estranea a quella che lo spettatore aveva conosciuto nelle sue avventure successive al fianco di Aragorn.

Il primo film era fondamentale per la definizione di Bilbo Baggins e la storia doveva prendersi il tempo per disegnare tutte le sue relazioni: lo hobbit doveva guadagnarsi la sua centralità all'interno della saga come se fosse un nuovo eroe. Questa esigenza narrativa di ripartire da capo ribadiva la lodevole rinuncia alla stampella referenziale della vecchia trilogia ma questa volta non è stata così necessaria. Il protagonista ha vinto il gioco di indovinelli con Gollum e adesso possiede l'anello. La natura del suo tesoro non ha le proporzioni che verranno scoperte in seguito: Bilbo Baggins cerca di nasconderlo perchè sente il suo influsso ma l'economia della storia lo lascia al suo posto di oggetto magico. La tentazione della forza che emana è come l'archigemma che i nani vogliono recuperare dalle grinfie di Smaug: la pietra ha lo stesso influsso negativo su Thorin Scudodiquercia…

The Hobbit deve ritagliarsi la sua autonomia e Peter Jackson ha capito che l'unico modo per riuscire nella sua impresa era quello di creare una dimensione visiva diversa. La seduzione del cinema è la sua dannazione e J. R. R. Tolkien è un maestro che gli insegna a contenere il suo potere. Il 3D ad alta frequenza è uno spettacolo inedito che supera il prodigio digitale dell'altra trilogia. La desolazione di Smaug è molto più movimentato e il regista è molto più sicuro delle sue scelte: le scenografie sfruttano i dieci anni di progresso tecnologico e l'evoluzione della storia permette molte più occasioni di azione che non si limitano agli scontri decisivi. La linearità del primo capitolo si divide in almeno altri tre piani del racconto: il finale si alterna tra la battaglia contro Smaug, il primo incontro tra Gandalf e il redivivo Sauron e la battaglia tra gli orchi e Legolas ad Esgaroth. La rilevanza di Bard e la love-story tra l'elfo Tauriel e il nano Kili hanno un'importanza che concorre a moltiplicare le possibilità di sviluppo della trilogia rispetto al primo capitolo.

La desolazione di Smaug è un secondo capitolo a tutti gli effetti: il piacere di mostrare e di ricreare il mondo tolkieniano ha dilatato le sue proporzioni e The Hobbit ha trovato finalmente la dignità che meritava. La sensazione è che Peter Jackson non voglia separarsi dalle sue possibilità: questo è il motivo per cui trova sempre un modo per allungarlo in un altro episodio rispetto al progetto originale. Il cinema ha contribuito a liberare il libro dal complesso di antefatto propedeutico alla lettura di The Lord of the Rings. J. R. R. Tolkien lo aveva scritto senza sapere che cosa avrebbe scatenato ma la domanda è semmai un'altra: dove arriverà Peter Jackson?

 

Titolo originale: The Desolation of Smaug
Regia: Peter Jackson
Interpreti: Martin Freeman, Richard Armitage, Ian McKellen, Aidan Turner, Orlando Bloom, Luke Evans, Evangeline Lilly

Origine: USA/NZ, 2013
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 161'

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