LOCARNO 66 – "About Time", di Richard Curtis (Piazza Grande)
E in effetti questa ultima opera di Richard Curtis, la mente dietro una delle più belle commedie contemporanee, Quattro matrimoni e un funerale, ma anche dei nuovi classici Notting Hill e Il diario di Bridget Jones, sembra prima di tutto un grande atto d'amore verso il cinema, capace di dilatare la durata delle emozioni, di trasportarci indietro nel tempo ogni volta che in una sala buia un fascio di luce colpisce lo schermo.
La storia di Tim, che il giorno dopo Capodanno viene iniziato dal padre – il sempre grande Bill Nighy – al segreto che accomuna i maschi della loro famiglia, la capacità di viaggiare nel tempo, è anche il dono stesso dell'immagine cinematografica, in grado di avanzare avanti e indietro, pellicola riavvolgibile all'infinito. Non a caso conosce la donna della sua vita, una dolcissima e luminosa Rachel McAdams, in uno di quei ristoranti alla moda dove si mangia al buio, come fosse una sala cinematografica.
Ma il pregio più grande del film di Curtis è quello di non far mai percepire il ragionamento dietro la storia, di concentrarsi sempre ed esclusivamente sui sentimenti, sull'amore davvero, come recitava il titolo di una delle sue grandi commedie corali, Love Actually. Tim diventa regista della sua vita, dando infiniti input per possibili storie: cosa sarebbe successo se la bionda cugina in visita in Cornovaglia avesse detto sì l'ultima sera? O se ne avesse accettato l'invito in hotel qualche tempo dopo?
Ed è forse per questo che il film trova i suoi momenti più intensi nel filmare le cerimonie, dalla meravigliosa sequenza del matrimonio rovinato dalla pioggia, in cui tutti scappano e cercano di trovare un rifugio sulle note de Il mondo di Jimmy Fontana, con il regista intento a catturare le espressioni naturali dei suoi attori, a quella, intima e commovente, dell'addio al padre accompagnato da Into my arms di Nick Cave.
Se il finale si concede qualche caduta nel lezioso con la morale di Tim, quando sarebbe stato opportuno confidare di più nella potenza delle immagini, non è poi una pecca così grande. Tra ritmo trascinante, perfetto balance tra lacrime e risate, comprimari come Tom Hollander, deliziosamente nevrotico come ai tempi di Martha da legare.Avercene di commedie così.