Mexican Gothic – Crimson Peak, di Guillermo del Toro
Deludente film del regista messicano che, dopo essere sbarcato in America con i suoi sogni spregiudicati è diventato un posticcio marchio di fabbrica. In anteprima la nostra recensione di Crimson Peak
Sono pochi i registi che sanno essere, con il proprio pubblico, trasparenti come Guillermo Del Toro. In ogni suo film, infatti, sono sempre chiare le fondamenta citazionistiche sulle quali si poggia, sono evidenti, ai limiti del manifesto, le fonti d’ispirazione cinefilo-letterarie alle quali attinge a piene mani. La filmografia del regista messicano, a ogni pellicola, a ogni idea produttiva, sembra confermarsi come il divertissement continuo di un folle ragazzino pronto a divertirsi con una nuova avventura partorita da una mente sempre in movimento. Questo gioco infinito, questa ricerca ingenua di divertire se stessi prima degli altri, trova in Crimson Peak il suo limite definito, la sconfitta più dura e plastica.
La storia ottocentesca di Edith Cushing, novella Mary Shelley, disposta a rinnegare i propri sospiri d’indipendenza per seguire il decadente e affascinante lord Thomas Sharpe e un sogno (o incubo) europeo di un amore assoluto, è la trama su cui Del Toro costruisce la sua ennesima impalcatura pachidermica di citazioni. Tra fantasmi strazianti e un’ambigua cognata, in una haunted house assurdamente archetipica, la discesa negli inferi di Edith procede stancamente e guarda ossessivamente a un bacino che va dalla letteratura gotica femminile al cinema di Hitchcock, passando per i classici Hammer, Mario Bava e Conan Doyle. Del Toro, a differenza di molti registi dalla formazione post-moderno, non cerca (almeno a parole) di spacciare per originale questo enorme, freddo, puzzle di libri, film e fumetti. Le sue passioni sono cosi evidenti che le visioni dei suoi film potrebbero sembrare sguardi imbarazzati sull’infanzia bulimica di un ragazzino messicano affamato (mentalmente) di tutto.Purtroppo ad ogni passo all’interno di Hollywood il cinema di Del Toro è sempre di più come il giacimento minerario di Casa Sharpe, vuoto e senza anima.
Il regista, come la sua protagonista che desidera scrivere di fantasmi e si ritrova una love story, vorrebbe raccontare una storia d’amore ma è costretto a venderla come una terribile ghost story. E’ evidente che ormai il regista de Il labirinto del fauno sia vittima dell’immagine che il cinema americano ha voluto costruire su di lui. Ormai il giovane regista nerd sbarcato in America con i suoi sogni spregiudicati è diventato un posticcio marchio di fabbrica, un nome appariscente da incollare su qualsiasi progetto in divenire, dalla rilettura dark di una fiaba classica al nuovo horror di tendenza, tentativi cinematografici spesso e volentieri naufragati nell’oblio.
I tentativi di resistenza di Del Toro sono evidenti anche in Crimson Peak. L’uso sapiente dell’amico Doug Jones, corpo attoriale eccellente, l’affascinante costruzione scenografica ma anche il manierismo nel riproporre le sue ossessioni visive, sono i sussulti di chi è consapevole di avere un’idea registica e un mestiere solidi. Tutto questo, però, non bilancia la completa negazione emotiva del film, dove ogni elemento sensuale, orrifico e romantico è vittima di uno spietato appiattamento. Ciò crea un cortocircuito recitativo che disorienta attori fieramente di metodo come Tom Hiddleston e Jessica Chastain, confusi se prendersi assurdamente sul serio o cavalcare istericamente i propri personaggi eccessivi. E proprio la debolezza di un’eroina fiera, e in fin dei conti originale, come la Edith della Wasikowska, è l’ennesima conferma di una filmografia che deve trovare finalmente il coraggio di una rivoluzione per sopravvivere a se stessa.
Titolo originale: id.
Regia: Guillermo Del Toro
Interpreti: Jessica Chastain, Tom Hiddleston, Mia Wasikowska, Charlie Hunnam, Burn Gorman
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 119′
Origine: Usa 2015