NapoliFilmFestival – Incontro con i fratelli Coen e Frances McDormand

Non consideriamo il nostro cinema in base ai tradizionali generi cinematografici. Non pensiamo al nostro lavoro come qualcosa da etichettare. In fondo è stato proprio questo ad attirarci del romanzo di McCarthy: il fatto che sia un romanzo di genere, ma in qualche modo improprio, pieno di elementi estranei. I Coen arrivano a Napoli per lanciare il loro ultimo film: No Country For Old Man presentato a Cannes nel maggio scorso
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Arrivano a Napoli per promuovere il loro ultimo film: "No Country For Old Man" presentato a Cannes nel maggio scorso. Ad organizzatori e visitatori del festival del cinema partenopeo – che ha in questi giorni dedicato loro una retrospettiva completa – i due autori concedono però soltanto una breve anteprima di circa 10 minuti. Per la versione integrale, in Italia, toccherà aspettare ancora qualche settimana. Eppure bastano quelle poche sequenze a montare a dovere l'entusiasmo cinefilo del pubblico presente in sala. Così l'acquolina in bocca aumenta e le domande fioccano.

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Com'è nata l'idea del film?

Joel Coen: E' stato Scott Rudin, il produttore del film, a comprare i diritti del romanzo ed a contattarci. Il nostro ingresso nel progetto è stata graduale. Abbiamo letto il romanzo, ci è piaciuto molto, dopodichè abbiamo cominciato a scrivere la sceneggiatura. Soltanto in una terza fase abbiamo pensato di poter anche dirigere il film.

C'è una differenza narrativa sostanziale tra il film ed il romanzo originale di Cormac McCarthy. In quest'ultimo, infatti, il personaggio interpretato da Tommy Lee Jones porta avanti una riflessione personale dall'esterno, presentandosi come voce narrante. Voce che non trova invece spazio nel film.

Ethan Coen: E' che semplicemente non abbiamo parlato del film con lo scrittore. Abbiamo rimodulato il suo racconto a nostro modo, con un altro stile narrativo. Troviamo la tecnica di racconto usata da McCarty in fondo più adatta alla struttura del romanzo che alla regia cinematografica.

Per Frances McDormand. Questo è il suo settimo film con i Coen. Fin qui l'hanno mai direttamente coinvolta nella scrittura dei personaggi femminili?

Frances McDormand: Assolutamente no. Non hanno mai chiesto la mia opinione. E probabilmente io non saprei dargliene una. Ed in fondo è giusto così: fanno il loro lavoro. Io, il mio.

Che tipo di rapporto la lega a due registi come i Coen?

F.MD:  Letteralmente li adoro. Lavoro con Joel, mio marito, ormai da circa 25 anni. E' un rapporto molto intimo, sul set è come se flirtassimo di continuo. Abbiamo sviluppato un liguaggio tutto nostro: una forma di comunicazione "domestica". Ethan interviene e in qualche modo la ripulisce, rendendo più semplice trovare un'intesa che coinvolga effettivamente tutti.

Nei titoli dei vostri film compare spesso un montatore: Roderick Jaynes. Si tratta di un montatore fantasma? Di fatto siete voi ad occuparvi anche del montaggio. A proposito è vero che usate ancora la moviola?

Ethan: Si, in effetti quel montatore non esiste. E' che abbiamo notato che il nome "Coen" è già sin troppo presente nei titoli dei nostri film. Così ci siamo inventati questo pseudonimo.
Joel: Quanto alla moviola. La abbiamo usata finchè abbiamo potuto, ossia fino a circa 3 anni fa. Poi abbiamo dovuto prendere atto della scarsità di tecnici a disposizione ancora capaci di lavorare con queste vecchie apparecchiature. Ho saputo che anche Ken Loach lavora con la moviola e sono stato a trovarlo a Londra: i suoi due tecnici adetti al montaggio hanno più di 85 anni.

Qual è il rapporto tra il vostro cinema ed i generi cinematografici, in particolar modo con il noir?

Ethan
: Per noi è molto difficile rispondere a domande come queste. Il punto è che non consideriamo il nostro cinema in base ai tradizionali generi cinematografici. Quando cominciamo a scrivere un film soltanto gradualmente e genericamente ci chiediamo che tipo di film sia. Non pensiamo al nostro lavoro come qualcosa da etichettare. In fondo è stato proprio questo ad attararci del romanzo di McCarthy: il fatto che sia un romanzo di genere, ma in qualche modo improprio, pieno di elementi estranei a quel tipo di contenitore.

Nel 1990 avete incontrato e collaborato con Sam Raimi sul set di "Crocevia della Morte". Pare sia stato un incontro che ha particolarmente influenzato il vostro cinema successivo…

Joel: Raimi ci ha letteralmente insegnato come si fa un film. Intendo dire che ci ha fatto capire com'è possibile reperire i mezzi, i soldi, le persone necessarie per girare un film. Lui aveva appena girato un horror ("Darkman", ndr) e credo che in qualche modo quel genere abbia influenzato le nostre prime cose. Confesso che mi piacerebbe molto lavorare ancora con lui.

Per quanto riguarda il futuro immediato, invece, sono in cantiere due film, contemporaneamente. E usciranno a breve distanza l'uno dall'altro. Che tipo di film saranno?

Joel: Dunque, il primo sarà un film ad alto budget strapieno di pieni oscar: Brad Pitt, George Clooney, John Malkovic e la nostra Francesc McDormand. Lo gireremo a New York. L'altro invece è una specie di sfida: una storia ambientata in una comunità ebraica del MidWest. Gli attori saranno tutti pressochè sconosciuti. Per le musiche, invece, stiamo approfondendo lo studio delle melodie tradizionali yiddish. E ci aspettiamo che compriate tutti la colonna sonora del film, il prossimo Natale.
 
 
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