Pesaro 49 – "La sagrada famiglia" e "Navidad" (Il nuovissimo cinema cileno – Focus Sebastián Lelio)


Quattro lungometraggi, un paio di documentari e vari cortometraggi completano la filmografia di Sebastián Lelio. Il suo cinema non declina verso interpretazioni politiche o sociologiche. Nelle sue storie assistiamo al comporsi di una rete fitta di rapporti tra i personaggi che sta all’origine di una superfetazione di sentimenti per lo più negativi che costituiscono frattura o unica linea di comunicazione tra gli stessi protagonisti

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Sebastian Lelio, La sagrada familiaSgombriamo il campo da un equivoco. Non tutto il cinema cileno è politico, non tutti gli autori praticano un cinema come quello di Littin o Larrain, tanto per abbracciare due generazioni con molti avvenimenti in mezzo e non tutti gli autori ricordano la dittatura di Pinochet.

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Sebastián Lelio è uno di quelli che sono nati quando la dittatura militare si insediava ed erano ancora degli adolescenti quando il No ha travolto il dittatore e il suo governo.

Oggi Lelio ha quasi quarant’anni. Quattro lungometraggi, un paio di documentari e vari cortometraggi completano la sua filmografia. Per sua stessa ammissione il legame che lo unisce al nuovo cinema cileno – quello che si è affermato in epoca precedente al golpe militare per differenziarlo dal nuovissimo cinema cileno che è quello in rassegna qui a Pesaro – è solo il punto di vista teorico, non certamente i temi politici che, invece, caratterizzano le opere di quel periodo. In effetti il suo mondo creativo nulla ha a che vedere con i temi di quegli autori, nessuna comunanza ideologica rileva tanto da diventare traccia di una continuità artistica. Il cinema di Lelio è costituito dalla rete fittissima di rapporti familiari che i personaggi intessono reciprocamente. Ne scaturisce una superfetazione di sentimenti per lo più negativi, raramente positivi, che costituiscono frattura o linea di comunicazione tra gli stessi protagonisti. I due film che, in ordine cronologico, hanno aperto la retrospettiva si sviluppano attorno a temi in qualche misura comuni. Due film contigui che, addirittura, potrebbero considerarsi l’uno integrativo dell’altro proprio grazie ad una struttura narrativa che si ripete all’interno di ambienti e contesti differenti.

La sagrada familia è il film che nel 2005 ha dato la notorietà al regista cileno. In realtà per chi ha visto o vedrà il film la sorpresa sarà quella di apprendere che la regia è affidata ad un certo Campos, ma si tratta dello stesso Lelio che ancora in quel periodo utilizzava il cognome del padre adottivo. Solo successivamente avrebbe definitivamente utilizzato quello del padre biologico. La questione non è solo anagrafica, né marginale, coinvolgendo di fatto, invece, proprio l’intimo tema della sua prima produzione. È, infatti, proprio il tema della paternità, dell’emancipazione, della libertà dei legami a strutturare il cinema di Lelio. La sagrada familia, così come il successivo Navidad del 2009, in concorso nella selezione della Quinzaine di Cannes, sono due esempi di cinema in cui i personaggi faticano e lottano, anche con le loro stesse tradizioni culturali, per scrollarsi di dosso il peso di una paternità ingombrante.

Nel primo film il giovane Marco vive nella casa sul mare le vacanze pasquali. L’arrivo di Sofia sua fidanzata,Sebastian Lelio, Navidad donnasensualmente matura, acuisce e annienta i già tesi rapporti con il padre. Sono invece le vacanze natalizie a caratterizzare la storia di Navidad nella quale due giovani Alessandro e Aurora si trovano a trascorrere quei giorni nella casa in vendita del padre di lei. Tensioni e conflitti si adombrano nei loro rapporti. I loro padri sono assenti o morti e l’arrivo della disturbante ed enigmatica Alicia alla ricerca di un padre forse inesistente, sconvolgerà le loro vite, spezzando definitivamente le tensioni e la loro storia in comune.

È evidente che soltanto un difficile sofisma farebbe propendere per un’interpretazione politica o sociologica rispetto a questi due film. I temi che stanno a cuore al regista cileno sono altri e guardano alla vita dei suoi personaggi, alle inquietudini esistenziali che ne determinano le scelte. La sua poetica guarda al quotidiano, a quella inestricabile rete di rapporti che condiziona e paralizza le azioni umane, a quella congerie di sentimenti che finiscono per strutturare l’esistenza. Complice, in quest’opera di costruzione caratteriale dei suoi personaggi, un dialogo a volte incalzante accompagnato da riprese con camera a mano che restituisce l’idea di quella complicata ragnatela che sembra essere cucita addosso ai personaggi cui viene affidato l’incarico di liberarsene. I due film indicano questo percorso di emancipazione, di liberazione dall’ingombro della ragnatela, dal peso di una famiglia condizionante, di una paternità che sembra essere sempre aggressiva. È la vita stessa che Lelio intende catturare, sono le sue stesse parole che ce lo dicono: Per me il cinema deve avere a che fare con la vita che entra nel film al momento delle riprese.

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