Ploi, di Árni Ólafur Ásgeirsson

Con una CGI che rende la natura più reale di quella vera, il piccolo piviere Ploi insegna a grandi e piccoli che affrontando le proprie paure si può riuscire a spiccare il volo

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La storia di questo cartone islandese è quella di Ploi, un pulcino di piviere che, dopo un evento traumatico, non riesce più a volare e quindi migrare con la sua famiglia, così si trova costretto ad affrontare un difficile viaggio per raggiungere un luogo sicuro in cui trascorrere l’inverno. Ma non sarà da solo in questa avventura: incontrerà nuovi amici sul suo percorso e grazie a loro troverà la forza di affrontare le proprie paure e riuscirà a riunirsi ai suoi cari.
Nonostante si tratti di un prodotto di animazione, il film è molto realistico: i personaggi sono sì caratterizzati da fattezze tipiche del cartone animato (occhi molto grandi, sopracciglia per renderli più espressivi, atteggiamenti e gesti umanizzanti), ma conservano un realismo quasi impressionante nella resa del piumaggio e degli ambienti in cui si muovono, grazie ad un uso della CGI che riporta sullo schermo immagini tanto vivide da poter essere confuse con quelle di un documentario.
Mentre attraversiamo la montagna per raggiungere Paradise Valley insieme al piccolo Ploi, anche noi spettatori ci sentiamo piccoli, immersi in una natura innevata così bianca e sconfinata da lasciare visibili solo le piume arancioni del protagonista. Ma questo pulcino, così piccolo e impreparato all’inverno, dimostra di avere un coraggio e una forza di volontà più forti degli adulti che incontra nel suo viaggio. Certo, probabilmente non sopravviverebbe alla sua prima notte sulla montagna, se non si rifugiasse sotto le piume della pernice Giron, scambiandole per “un mucchio di neve calda”, ma è proprio la sua caparbietà nell’andare avanti, per di più via terrà, mentre tutti quelli che incontra gli ripetono che non ce la può fare, a renderlo l’eroe di questa storia.

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La paura di Ploi di volare non è codardia o assenza di fiducia in sé stesso, la sua è una paura dovuta a un trauma: durante il suo primo volo il perfido falco Shadow lo ha attaccato e suo padre ha perso la vita per difenderlo. Dietro alla paura di Ploi si nasconde un dolore, quello della perdita, che lui non sa e non può affrontare. Del resto nel film non vediamo mai realmente la morte: le vittime di Shadow vengono strappate alla vita dai suoi artigli e semplicemente non tornano più. Essendo un film per bambini. il tema della morte viene dunque trattato con molto tatto e da una certa distanza e i momenti drammatici sono ben bilanciati da scene e personaggi più spensierati e divertenti.

Ma la vera prova di coraggio richiesta a Ploi non è arrivare nella mite valle per trascorrere l’inverno, bensì cosa fare quando torna la primavera: tornare indietro per ritrovare la amata pulcina Ploveria, che potrebbe averlo dimenticato credendolo morto, o restare nella “Valle dei Vigliacchi” con i suoi nuovi amici? Ploi trova la risposta guardando nel proprio cuore ed è forse questa la vera morale del film: quando qualcosa ci fa paura il modo migliore di affrontarla è chiederci da cosa ci sta tenendo lontani, cosa ci sta impedendo di raggiungere, e poi prendere un bel respiro e volare in quella direzione.

 

Titolo originale: Ploey – You Never Fly Alone
Regia: Árni Ólafur Ásgeirsson
Distribuzione: Altre Storie, Minerva Pictures
Durata: 87′
Origine: Islanda, Belgio, 2019

La valutazione del film di Sentieri selvaggi
3.4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.67 (3 voti)
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