Polisse, di Maïwenn Le Besco

polisse
Sprigiona un’energia contagiosa il terzo film da regista di Maïwenn Le Besco, talentuosa attrice francese dal fascino singolare: le dichiarate ed edificanti buone intenzioni che ne costituiscono la ragion d’essere rendono inclini a perdonare una troppo evidente grossolanità di fondo, e l’inadeguatezza dello sguardo, a volte troppo piatto, della regista è puntualmente riscattata dalle strepitose e muscolari performance di tutto il cast

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Sprigiona un’energia contagiosa il terzo film da regista di Maïwenn Le Besco, talentuosa attrice francese dal fascino singolare: nonostante le dichiarate ed edificanti buone intenzioni che ne costituiscono la ragion d’essere rendano inclini a perdonare una troppo evidente grossolanità di fondo, il film molto spesso si lascia andare a ingenuità che più che far sorridere fanno storcere il naso. L’esempio più eclatante è la sequenza in cui i poliziotti protagonisti, detective del distretto parigino Bpm (Brigade de Protection des Mineurs), dopo aver rastrellato un campo rom portando via tutti i bambini presenti stipandoli in un autobus, assistono all’improvvisa gioia dei piccoli che si mettono a ballare scatenati tra i sedili del mezzo a ritmo di un brano dance-pop, esprimendo con la danza la felicità per la loro nuova condizione di libertà.

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Sono tutti evidentemente profondamente buoni gli sbirri di Polisse, ognuno di loro seguito con lo stile ‘sporco’, sballonzolante e documentaristico che ci si aspetta nella quotidianità del proprio mestiere, e nell’intimità della propria vita privata: anche se il taglio assume da subito ritmi e stilemi adatti a schermi magari più ‘piccoli’, così come viene a galla una sorta di mini-serialità interna alle vicende sentimentali e ai casi da risolvere, allo stesso modo va detto che in più di una sequenza il film lascia pensare ad esempi ‘alti’ della cinematografia di casa – quantomeno un’attenzione “alla Cantet” al linguaggio spurio del melting pot stradaiolo-giovanile di Belleville, e un paio di lunghissime sfuriate senza tregua in bocca a personaggi femminili incazzati degni del miglior Kechiche.

L’inadeguatezza dello sguardo della regista, che appiattisce purtroppo alcuni brutti momenti come la sparatoria nel centro commerciale e l’assurdo suicidio finale, è allora puntualmente riscattata dalle strepitose e muscolari performance di tutto il cast: soprattutto la compagine femminile sorprende per la potenza schiettissima delle interpretazioni (l’altra estenuante sequenza in cui tutte le poliziotte si lasciano andare in pista da ballo in discoteca è forse un regalo di Maïwenn alle proprie attrici), mentre tra i piedipiatti spicca il gigantesco e bravissimo Joeystarr (attore tv ma soprattutto stella del rap francese), volto, fisico e voce cavernosa da polar d’altri tempi, nel ruolo classico del poliziotto intemperante e violento ma dal cuore d’oro.

Sviluppare tutte queste figure è un piccolo miracolo in cui riesce a mantenersi l’equilibrio del film, ma l’ansia di raccontare di Maïwenn purtroppo più d’una volta la spinge all’esagerazione: venire a sapere che il Capitano del distretto ha problemi ad avere un figlio con la moglie, la quale si scopre soffrire d’anoressia, è francamente un po’ troppo per l’immancabile scena di litigio a tavola tra lo sbirro che non racconta a casa le brutture che vede sul lavoro, e la consorte che ne lamenta la costante assenza nella vita domestica.

Titolo originale: id.
Regia: Maïwenn Le Besco
Interpreti: Karin Viard, Joey Starr, Marina Foïs, Nicolas Duvauchelle, Maïwenn Le Besco , Karole Rocher, Emmanuelle Bercot, Frédéric Pierrot, Arnaud Henriet, Naidra Ayadi, Riccardo Scamarcio
Origine: Francia 2011
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 127′

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