Prospect, di Zeek Earl e Chris Caldwell

Fantascienza indie, low budget e lo-fi, che origina un nuovo universo pregno di personalità dall’atmosfera affascinante. Presentato al Trieste S+F e ad Alice nella Città è su Amazon Prime Video

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“C’è un mostro in casa mia” scriveva Blake Snyder nel suo manoscritto di sceneggiatura, raccontando di film quali Alien, Lo squalo e L’esorcista; tre opere dai generi fondamentalmente differenti ma accomunati da un ingrediente primordiale: la sopravvivenza. “C’è sempre un mostro e una casa” diceva Snyder “e se mettete delle persone nella casa, determinate a uccidere il mostro, avete un tipo di film talmente primordiale che parlerà a chiunque e ovunque.” In Prospect si entra in contatto con una situazione alquanto atipica per il genere: ci sono le persone e c’è una “casa” che le ospita, ma nessuna entità, nessun antropomorfo né nessun animale a minacciare la vita umana; sono bensì le stesse persone, e la stessa casa ove risiedono, a portare in scena la battaglia per la sopravvivenza.

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In un futuro non definito, l’uomo è riuscito a conquistare lo spazio e si muove con disinvoltura da un pianeta all’altro. Damon e Cee, padre e figlia, si occupano dell’estrazione dell’Aurelac, un minerale prezioso che può arricchire chi lo possiede; è però un materiale pericoloso e dall’estrazione complicata in quanto di natura biologica, per cui se non si esegue la procedura alla perfezione si rischia di mandare in fumo l’intero raccolto. L’Aurelac pare essere la valuta di scambio di tutti i pianeti che fanno parte della Confederazione, e quello in cui atterrano i due è quello che, per via leggendaria, più ne possiede; e questa luna aliena è il pianeta in cui si volge il film e che diventa dunque la sovra citata casa ospitante. Padre e figlia si avventurano nella missione puntando direttamente al covo della Regina al fine di concludere la loro raccolta e ripartire con le ricchezze scovate; alla fine della prima estrazione però, prima di raggiungere il covo, la loro strada incrocia quella di altri due uomini, uno tra quali – Ezra – a sua volta esperto raccoglitore, e che per garantire la propria sopravvivenza non sarà accomodante o amichevole con i due sconosciuti. Tale incontro collimerà in un modus vivendi obbligatorio e che trascinerà ambo le parti in un vero e proprio gioco per la sopravvivenza all’interno di un contesto ostile, dall’impronta del tutto umana.

Girato all’interno dell’ Olympis National Park nello stato di Washington, con enormi felci e piante sempreverdi, su un terreno asciutto e familiare di fogliame e muschi verdi e sporadicamente piccoli fiori gialli, Prospect è un film d’atmosfera. Viene ricreata una foresta dalle spoglie extraterrestri che si priva di effetti speciali in favore di un ambiente sognante e tossico in cui gli effetti visivi vengono accennati equilibratamente, inserendo in un contesto semplice delle scenografie in background astronomiche, e quello che potrebbe davvero essere un ecosistema planetario dalle sfumature così terrestri diventa un’ambientazione  determinante nella sua semplicità di progetto, che la rende terrestre e familiare con dettagli extraterrestri e fantastici ma sempre capace di incutere una buona dose di tensione e far credere ci sia un’insidia dietro ogni angolo: da spore velenose ai minerali estrapolati dai corpi vivi nel terreno, il tutto sempre immerso in quella sensazione opprimente che da un momento all’altro possa far capolino qualcosa di estraneo. Quest’ambivalenza tra un mondo conosciuto e uno che pare più fantastico evidenzia uno dei punti forti di questo sci-fi originale, ovvero la sua costruzione pregna di personalità: partendo dal confezionare un kit spaziale del pronto soccorso, passando per navicelle spaziali che sembrano assemblate con materiali di scarto, fino all’artigianalità dei costumi, così rudimentali ma al tempo stesso intessuti di quel potere che può renderli iconici. Non sono però esenti da citazionismo, con ad esempio i cavi delle tute che si collegano che rimandano ad Avatar, o l’inquietudine che si prova visitando un luogo sconosciuto che riporta alle sensazioni provate in Alien, con tanto di riferimento al Nido della Regina, o ancora una tensione congenita che attinge da Annientamento, sci-fi netflix; ma anche piccoli oggetti quasi insignificanti che conducono a Mad Max: Fury Road o allo stesso Alien, pensando all’uomo rinchiuso in una cella provvisoria con una maschera sul volto che non lascia a fraintendimenti. Dettagli non casuali, non abusati, ma studiati e voluti.

Prospect esibisce un modo diverso di intendere il genere fantascientifico, distanziandosi non solo dagli sci-fi kolossal e blockbuster ma anche da quelli più d’autore come Equals, scegliendo di rimanere in una via di mezzo fresca e non altrettanto esplorata; rinuncia alla spettacolarizzazione in favore dell’intimità tra i due personaggi protagonisti – e delle loro entusiasmanti performance – facendo vivere al pubblico il racconto prestabilito attraverso l’umanità di due sconosciuti che formano una squadra insolita in un’insolita avventura in un ambiente ostile, che li vede quando distanti e quando uniti in una credibilità che sa essere trasmessa. I personaggi di Zeek Earl e Chris Caldwell sono modesti ma anche raziocinanti e delineati da una pluralità caratteriale, insita soprattutto nel personaggio interpretato da Pascal, che rivelano personalità all’apparenza semplicistiche ma in realtà ben più complesse, con tutte le sensibilità che le caratterizzano. L’Ezra di Pascal è un assassino ma anche un amico saggio e compassionevole, un personaggio dal grande temperamento che affronta la vita e la possibile morte con stoicismo; e una Cee che non si lascia sopraffare da ciò che le accade, mantenendo una calma apparente anche nei momenti più brutali e di solitudine in cui è coinvolta, cercando di non rivelare le sue paure e le incertezze che sta vivendo regalando una progressiva evoluzione emotiva del suo personaggio teenager costretto a maturare.

Con una partenza in medias res, anche questo non casualmente né per questioni narrative ma bensì per evitare di dover dare troppe spiegazioni al di fuori degli eventi raccontati, il film è come se fosse uno spin-off di qualcosa di più grande, come se il suo finale fosse in realtà l’inizio di quella che sarà la storia principale. Sensazione, questa, che rimane fino alla fine: un nuovo universo con le proprie regole e pedine già messe in gioco ma di cui i narratori decidono di fornire solamente alcune parti. Per quanto appena accennato, tale universo pare già così ricco di elementi, situazioni, dettagli e mondi che devono essere scoperti; i due autori, il cui film bisogna ricordare è stato realizzato come adattamento del loro omonimo e premiato cortometraggio del 2013, giocano con chi guarda, quasi promettendogli che vedrà di più, che andrà più a fondo, che scoprirà quell’universo. Non che lo stiano ingannando: nonostante gli accenni stabiliscono le regole sin dall’inizio, in un modo all’apparenza semplice, gestendo un’opera chiusa e intima, con inizio, obiettivo e risoluzione. Gli spettatori sono consapevoli del mondo vasto che circonda la storia, ma al tempo stesso possono dimenticarlo per concentrare il loro sguardo su quella piccola fetta che gli viene proposta e che, nonostante possa essere limitata rispetto ad un intero universo che sarebbe stato gratificante da vedere, si rivela soddisfacente per quel piccolo schermo che è la piattaforma streaming.

Prospect non attinge ad altri generi né esagera nella messa in scena. Cerca di costruire un mondo piccolo in un universo grande, uno da cui poi sposta il suo focus sull’uomo, sulla sua avidità e sui suoi secondi fini sempre a scopo commerciale e per il proprio appagamento ma che al tempo stesso per sopravvivere rinuncerebbe a i propri averi; una pluralità che si trova nell’intero film ma che è insita soprattutto nei personaggi: da assassino ad amico, da pacificatore a nemico, da sconosciuto a compagno, da avidità a rinuncia. Una parabola che condanna gli istinti umani più reconditi in una storia semplice in cui i protagonisti devono sopravvivere alla loro stessa sete di ricchezza. Un titolo che sa dove e quando colpire. Prospect è già di per sé un nome che racchiude un agglomerato di significati: quello più concettuale sull’umanità che prova a sopravvivere e andare avanti ma che non può farlo se ognuno dei “giocatori” non imparerà a capire la prospettiva dell’altro, in una metafora su quanto il proprio egoismo sia invisibile ai propri occhi e di quanto sia invece visibile quello degli altri; un significato più filosofico, che implica invece un prospetto, ovvero la preparazione per il futuro in base alle proprie decisioni, o semplicemente racconta di un aspetto più tecnico, “prospect” inteso come lo scavare per cercare minerali. Questa è una fantascienza drammatica ma al tempo stesso misurata, un’opera concettuale che piange probabilmente proprio la mancanza visiva del “mostro” da cui non bisogna farsi mangiare. Ma quel mostro è lì, esiste, ed è proprio l’uomo con la sua avidità e il forte istinto di sopravvivenza, il che lo fa spesso risultare come privo di umanità. Al tempo stesso però l’opera è multilaterale, capace di abbandonare ogni concettualismo con la capacità di poter anche essere solo una storia fine a sé stessa, ove Prospect non ha altro significato che il raccogliere minerali.

 

Titolo originale: id
Regia: Christopher Caldwell, Zeek Earl
Interpreti: Pedro Pascal, Sophie Tatcher, Jay Duplass, Andre Royo
Origine: Canada, USA, 2018
Durata: 100′
Distribuzione: Gunpowder & Sky

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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