#RomaFF14 – Incontro con Edward Norton e Gugu Mbatha-Raw per Motherless Brooklyn

L’incontro con l’attore statunitense che ci ha parlato del suo secondo film da regista, apertura della Festa del Cinema di Roma, accompagnato anche dalla protagonista.

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“Sono un attore avido. Non ci sono sempre tante belle parti e quindi quando ho visto una bella parte per me stesso ho cominciato a lavorare su un personaggio memorabile”.

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Oggi Edward Norton e Gugu Mbatha-Raw, alla 14° edizione della Festa del Cinema di Roma, presentano Motherless Brooklyn, film di apertura, diretto e sceneggiato dallo stesso Norton.

Il film è un adattamento cinematografico del romanzo Brooklyn senza madre (Motherless Brooklyn) di Jonathan Lethem; Norton, che ha trasposto l’opera letteraria riscrivendone le parti a partire dall’assassinio del personaggio interpretato da Bruce Willis, aggiungendo anche nuovi personaggi, spiega che lavorare sul personaggio protagonista è il focus principale della sua opera cinematografica e che è necessario focalizzarsi su di lui piuttosto che sulle differenze con il libro.

“Quello che succede dopo l’assassinio è stato mia invenzione, ma ho avuto comunque uno scambio di idee con lo scrittore Jonathan Lethem. Non avevo intenzione di apportare questi cambiamenti senza consultarlo. Di fatto lo scrittore conosce non solo il noir ma anche il cinema, e abbiamo avuto diverse chiacchierate”.

Il film è un noir che racconta di Lionel Essrog, un detective privato affetto dalla sindrome di Tourette. Questi indaga sull’omicidio di Frank Minna, suo unico amico e mentore, e la sua investigazione lo porterà ad inoltrarsi nei bassifondi della Brooklyn degli anni ’50, con la sua corruzione e con i suoi jazz club.

Il regista sottolinea come, similmente al romanzo, la trama non sia fondamentale e non sia necessariamente rilevante quanto il personaggio, con la sua sindrome, i suoi turbamenti e i problemi che deve superare.

“Ho mantenuto il nucleo di quel personaggio e poi l’ho portato avanti, l’ho espanso, portandolo anche verso situazioni più politiche. Un approfondimento che riguarda anche il contesto in cui vive. Così ho deciso di collegarlo alla città di New York, dove ci sono tante cose meravigliose ma anche tante disfunzionali”.

Non è la prima volta che assistiamo ad un’interpretazione di personaggi problematici al limite della follia o della depressione da parte di Edward Norton (Fight Club, Birdman); ma, stando al regista, stavolta c’è una differenza significativa rispetto ai suoi predecessori.

I miei personaggi precedenti erano tutti finzione. Questa è la prima volta che un mio personaggio ha una vera sindrome. Quando si recita la parte di qualcuno che ha un disturbo devi rispettare questo personaggio e incontrare persone che realmente ne soffrono. La cosa interessante di questa sindrome è che si esprime in modo individuale, quindi diversi sintomi per diverse persone.Questo mi ha dato una certa libertà di creare un mix tra i diversi sintomi delle persone che ho incontrato, e ho scelto quelli che volevo vedere rappresentati”.

In film del genere, spesso il fatal flow del protagonista può diventare un’arma essenziale per la riuscita di un’impresa. Norton però afferma che in questo caso c’è una cambiamento rispetto al solito modus operandi: il protagonista ha sì dei vantaggi per via del suo disturbo, ma quello che più interessa sono le numerose sfide che deve affrontare a causa sua e la sofferenza che ne proviene, cosa che fa emergere l’umanità del personaggio.

Per me la componente più interessante è che si auto-definisce passivo ed è solo quando incontra un’altra persona che si rende conto che anche lei deve lottare e affrontare dei problemi che al contrario suo lei affronta. Così il personaggio deve capire che deve non essere per forza passivo ma che può cercare anche lui di affrontare le avversità. Le storie noir del passato sono molto ciniche ma questa non è un’epoca dove possiamo permetterci di essere cinici e passivi”.

Ed è proprio parlando di diversità tra questo film e i noir classici che si scoprono dettagli apparentemente irrilevanti ma che permettono di vedere il film in un’altra luce, dettagli capaci di rivoluzionare il genere per adattarlo all’epoca contemporanea.

Per esempio Gugu Mbatha-Raw, la protagonista femminile ha detto, parlando di quella che reputa la particolarità più importante del suo personaggio: “È lei che salva il protagonista nella storia, contrariamente a quello che succede nel classico noir. Lei sfida i cliché, non è una casalinga, non è una femme fatale: è una donna che conosce il jazz, una donna istruita, un’attivista contro la discriminazione razziale. Mi è piaciuta tantissimo per via di tutti questi aspetti“.

Il cambiamento non riguarda solo il personaggio femminile, ma anche il rapporto di coppia che si crea tra lei e Norton. “È stata una danza tenera tra me ed Edward. Non é qualcosa di sentimentale che ci fa incontrare. Questo tra i due è un incontro non tradizionale”. Molte volte nel noir le donne sono parte della corruzione, e anzi spingono l’eroe verso situazioni al limite. Lei invece ha un ruolo attivo nelle vicende e ha la sua moralità.

Dopo i personaggi, la protagonista della storia è senz’altro la musica, componente fondamentale e che viene usata in special modo anche per calmare il protagonista, mostrandone i turbamenti.

“Nel libro c’è una parte molto bella che parla di come la musica conforta il protagonista, e nel film la si rende meno verbale e più cinematografica. Volevamo raccontare la storia di cos’era successo a New York negli anni 50 e questa era la musica del tempo. Il jazz di allora era basato sull’improvvisazione, prende delle linee melodiche e le ripete in modo ossessivo. C’è un’analogia al pensiero compulsivo con la sindrome di Tourette”.

Il protagonista cerca per tutto il film di controllare e sopprimere sé stesso, ma ci sono dei momenti in cui con la musica si vede la liberazione, un breve momento problematico che si trasforma in piacere. Un po’ come se la musica ci liberasse dai nostri problemi più profondi.

Motherless Brooklyn potrebbe sembrare un film molto politico. A detta del regista, che non aveva esattamente queste intenzioni, va bene anche leggerlo in questo modo.

“C’è una parte senza tempo nell’era moderna che stiamo vivendo. Abbiamo tutti investito nell’idea che il popolo abbia potere, però l’idea che c’è sempre una minaccia e una spinta in senso contrario, che ci sono forze che ci strappano questo potere, è qualcosa senza tempo che non riguarda solo gli Stati Uniti. Gli innamoramenti nei confronti di personaggi oscuri succede ovunque, Europa, America Latina, ed è questione di capire quanto siamo disposti a tollerare e accettare l’idea che dobbiamo stare sempre svegli”.

Proprio come con il personaggio che Norton ha scritto e che ha interpretato, sembra ci sia dietro un significato forte: quello di risvegliare le coscienze, di non essere passivi e di affrontare i nostri problemi, indipendentemente dall’avere o meno la sindrome di Tourette.

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