#RomaFF14 – Nick Drake – Songs in a Conversation, di Giorgio Testi

Roberto Angelini e Rodrigo D’Erasmo raccontano il loro rapporto con la musica di Drake, coinvolgendo altri compagni di viaggio in giro per l’Italia e l’Europa. Un grande e sincero omaggio

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La musica di Nick Drake è una specie di fiume carsico. Vive in disparte, risuona piano nel sottofondo e abita la dimensione più intima e solitaria dei nostri ascolti. Ma prima o poi riemerge comunque, torna ad accordare le sue note di chitarra alle vibrazioni segrete, quelle che viaggiano tra l’anima e i timpani. E, soprattutto, continua a riverberare nella musica degli altri, a quasi cinquant’anni di distanza, a nutrire influenze e suggestioni, quasi in maniera sotterranea. Del resto, quelle di Drake sono da sempre canzoni a lenta diffusione, che si propagano per una sorta di distillazione. Come un balsamo o, chissà, un veleno. Tre album nel giro di pochissimi anni, Five Leaves Left (1969), Bryter Layter (1971), Pink Moon (1972), tutti pubblicati per la Island Records. Nessun successo, nonostante (o forse proprio per) la loro assoluta originalità e modernità. In preda a una depressione sempre più acuta, Drake muore il 25 novembre del 1974, a soli 26 anni, per un’overdose di psicofarmaci. Ma neanche questa morte da “maledetto” ha effetti immediati, dirompenti. Solo tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80, le sue canzoni cominciano ad avere il successo che meritano, grazie anche all’ostinazione dei proprietari della Island che continuano a mantenere in catalogo i tre album, nonostante le scarse vendite. Arrivano, finalmente, i primi riconoscimenti, le prime dichiarazioni di filiazione, escono raccolte, biografie, documentari. Nasce il mito di Drake. Ma comunque un mito appartato, silenzioso, quasi da trasmissione orale.

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Di tutto questo lento percorso sono ben consapevoli Roberto Angelini e Rodrigo D’Erasmo, musicisti più che dotati ed esperti. Ed è per questo che anche il loro omaggio ha una lunga gestazione, parte da lontano, dal 2005, anno di uscita dell’album di cover PongMoon. Sognando Nick Drake. Da lì sono seguiti vari tour, per arrivare infine a questo Songs in a Conversation, film in cui cercano di raccontare il loro rapporto con la musica di Drake, coinvolgendo altri compagni di viaggio in giro per l’Italia e l’Europa. Niccolò Fabi, Manuel Agnelli, Piers Faccini, Marco Appiani, Adele Nigro. Ognuno dà la sua versione di Drake, una riflessione, considerazioni tecniche e confessioni intime. E poi, ovviamente, le canzoni, Place to Be, Parasite, Horn, From the Morning etc… Si ristabiliscono le tappe e il senso di un percorso (con D’Erasmo che confessa che all’inizio non aveva capito nulla, fraintendendo l’esatta cronologia degli album). Si disegna la coda lunga di Drake, la propagazione tellurica delle sue onde sonore. E, poi, ovviamente il pellegrinaggio definitivo, a Tanworth-in-Arden, alla casa e alla tomba del cantautore, lì dove sono incisi i versi di From the Morning, il brano che chiude Pink Moon, “And now we rise And we are everywhere”. Angelini e D’Erasmo bussano allo studio di John Wood, il producer e sound engineer di Drake. Ed è il confronto diretto con i segreti di uno stile e di un metodo.

Giorgio Testi è un regista che vive di musica. Video per i gruppi più disparati, in giro per il mondo, l’anno scorso il film Noi siamo Afterhours (presentato proprio alla Festa del cinema di Roma), girato in occasione del concerto al Forum di Assago per i 30 anni di attività del gruppo… Qui la sua regia procede sicura, flirta con il videoclip, ma non diventa mai invadente, inutilmente estetizzante. Rimane al servizio delle canzoni e dei musicisti, quasi sullo sfondo, sfocata, un po’ come la chitarra di Angelini e il violino di D’Erasmo che accompagnano i loro “ospiti” nell’esecuzione dei brani. Un po’ come lo stesso Nick Drake, che aleggia invisibile (si sente, alla fine, una vecchia registrazione, ma nulla più…). E, in fondo, la cosa eccezionale di Nick Drake – Songs in a Conversation è propria questa. Messi da parte i virtuosismi, le fascinazioni del mito, le tentazioni celebrative o drammatiche, ciò che conta sono le notazioni tecniche, il perché quella chitarra risuonava e vibrava in quel modo, ii giri armonici e i riverberi, le influenze della musica indiana, i metodi di esecuzione, gli arrangiamenti, le registrazioni in studio. Un genio consapevole e tormentato che si trasforma in un puro spirito di note e versi. Il sublime lavoro del tempo.

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