Si muore solo da vivi, di Alberto Rizzi

Un film in cui è protagonista la geografia. Il Po bagna terre e persone messe a dura prova dal terremoto. Come Orlando, quarantenne che brama un riscatto che sembra non arrivare mai

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«È il fiume più lungo ma ha il nome più corto», dicevano tempo fa le maestre delle scuole elementari per far imparare le nozioni essenziali della geografia italiana ai bambini in grembiule.
Una definizione semplice, che però aveva un’efficacia immediata: il fiume più lungo d’Italia è il Po, che parte dalle Alpi per tagliare a metà la Pianura Padano-Veneta e terminare il suo corso nel Mare Adriatico.
Scriviamo questa premessa perché una delle protagoniste di Si more solo da vivi, opera prima di Alberto Rizzi, è proprio la geografia. E nella fattispecie, i territori coinvolti sono proprio quel Po e quella pianura raccontati negli anni da Mazzacurati e Bertolucci.
L’Emilia Paranoica, avrebbe detto il Vasco Brondi un tempo impegnato nel progetto Le Luci della Centrale Elettrica.
Un’Emilia divenuta ancor più paranoica dopo il terremoto del 2012. Quella fu una tragedia consumata in silenzio: un sisma infame che colpì il cuore operoso del nostro paese di primo mattino; poi la ricostruzione avvenuta anch’essa senza troppi clamori.
In Si muore solo da vivi il concetto della «ricostruzione» viene declinato secondo paradigmi tutti interiori, anche se il protagonista del film è persona tutt’altro che silenziosa.

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Alessandro Roja veste i panni di Orlando, un ex musicista che in seguito al terremoto dovrà rimettere assieme i cocci di una vita piena di rimpianti e promesse mai mantenute.
Da una parte c’è l’amore (per la Chiara interpretata egregiamente da Alessandra Mastronardi), dall’altra la voglia di rimettere insieme la band di cui fu frontman.

La sceneggiatura scritta da Rizzi assieme a Marco Pettenello prova a dare una coloritura mucciniana al dramma del terremoto, subordinando il destino del film a quello del suo stesso protagonista (non a caso una delle scene madri tra Orlando e Chiara si consuma sotto la pioggia).
Dopo ogni scossone, nella vita di ognuno, arriva il momento della restaurazione ed anche per Orlando è giunta l’ora di avere una nuova chance.
Si muore solo da vivi però, più che il viaggio dell’eroe verso una maturazione compiuta del proprio io, resta un découpage sconnesso di situazioni troppo dissimili per poter andare d’accordo.
Tra un cammeo e l’altro (Amanda Lear, Red Canzian, Ugo Pagliai) il film sciorina una trama mai fluida a cui poco servono i virtuosismi di montaggio firmati da Davide Vizzini.

Sarebbe bastata un po’ di semplicità in più, lavorando per sottrazione anziché per eccesso.
Per ora, questa opera prima di Alberto Rizzi ci lascia col sapore acre di un lavoro non del tutto bilanciato. Per fortuna però il film si giocava tutto sul tema della riabilitazione, dunque a noi non resta che attendere il dolce momento del riscatto da parte di un regista dal futuro luminoso.

Regia: Alberto Rizzi
Interpreti: Alessandro Roja, Alessandra Mastronardi, Francesco Pannofino, Neri Marcorè, Red Canzian, Amanda Lear, Ugo Pagliai
Distribuzione: Fandango
Durata: 95′
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.13 (8 voti)
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