Sicilia Queer Filmfest 2017 – Retrospettiva Marco Ferreri

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Corso estivo di MONTAGGIO, dal 22 luglio

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A distanza di quasi quarant’anni, il cinema di Ferreri rimane profetico e attuale e dovrebbe essere preso a modello di coraggio e coerenza. Un cinema di immagini prima che un cinema di idee

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LA SCUOLA DI DOCUMENTARIO di SENTIERI SELVAGGI

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A 20 anni dalla morte avvenuta il 9 maggio del 1997 a Parigi, Il Sicilia Queer Film Fest dedica una mini-retrospettiva a Marco Ferreri proponendo i due film della coppia Dacia Maraini e Piera Degli Esposti, Storia di Piera (1983) e Il Futuro è donna (1984). La modernità di un autore anarchico e inclassificabile che è sempre stato osteggiato da parte della critica e dal pubblico. Il primo film, Storia di Piera, narra fedelmente rispetto al romanzo, le vicende di Eugenia (Hanna Schygulla) e Piera (Isabelle Huppert), madre e figlia nella Sabaudia di inizio anni 60, che si rincorrono e litigano in un rapporto ai confini con l’incestuoso. Alla ninfomania della madre corrisponde il desiderio di stabilità della figlia mentre il padre/marito Lorenzo (Marcello Mastroianni), sindacalista del PCI, è incapace di gestire una situazione ai limiti dell’assurdo. Pubblico e privato tendono a confondersi e le vicende sentimentali sembrano essere lo specchio delle rivolte sociali e dei fermenti rivoluzionari. Il talento visionario di Marco Ferreri si fa largo a fatica in una sceneggiatura molto elaborata e che procede con salti temporali ed ellissi. Oltre la grande prestazione della Schygulla premiata come migliore protagonista femminile a Cannes, da sottolineare la coraggiosa prova della Huppert che si districa abbastanza bene tra le avances genitoriali e gli assalti dei vari amanti. Piera realizzerà il sogno di diventare attrice (Loredana Bertè sembra dedicarle la canzone Bellissima) e si ritroverà davanti al mare a fare i conti con le proprie aspirazioni di infinito. Più riuscito è il secondo film Il Futuro è Donna che comunica il disagio di un decennio (gli anni 80) attraverso immagini potenti e allegoriche. In una città puzzle che è formata da Palermo, la provincia brianzola e Reggio Emilia, viene a formarsi un menage a trois particolare tra Malvina (Ornella Muti in una delle sue prove più convincenti) ragazza incinta in fuga da molestatori e bulli da discoteca e la coppia formata da Anna (Hanna Schygulla) e Gordon (Niels Arestrup) asimmetrica nello sbilanciamento del desiderio e della gelosia. Le musiche assordanti della discoteca cozzano con la protesta politica intonata da Pierangelo Bertoli (Eppure Soffia): il risultato sarà il caos e la disgregazione. Malvina lascia ad Anna il testimone di un futuro impossibile e anche qui il mare di Selinunte conclude questo viaggio al femminile dove nascita e morte sono gli opposti coincidenti. Ferreri regala le solite caustiche stilettate alla società dei consumi che riesce a divorare le icone culturali (in questo caso simboleggiate dalle teste di Greta Garbo e Marlene Dietrich) e conclude il film con una separazione dolorosa che preannuncia il nichilismo del sua futura produzione. A distanza di quasi quarant’anni, il cinema di Ferreri rimane profetico e attuale e dovrebbe essere preso a modello di coraggio e coerenza. Bene dice Umberto Cantone: “Quello di Marco Ferreri è un cinema sregolato e anomalo, fatto di preveggenza più che di decifrazioni, di reminiscenze più che di memoria, di allegorie più che di metafore, dove il tempo della realtà e quello del mito bruciano nello stesso falò. E’ un cinema che ustiona e produce cenere (ideologica, estetica, etica), che vuole farsi inattuale non rinunciando al partito preso e all’irrisione di ogni potere, e che esibisce una radicale (nichilistica?) impassibilità riguardo alle sorti della condizione umana.” Un cinema di immagini prima che un cinema di idee.


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