Souvenir d’Italie, di Giorgio Verdelli
Attraverso un intelligente gioco ipertestuale il documentario ricostruisce la vita di Lelio Luttazzi, poliedrico showman scomparso nel 2010. Freestyle
“Chi mai sei tu” cantava Lelio Luttazzi nel lontano 1965. Parole e note che, forse, hanno risuonato a lungo nella mente del regista Giorgio Verdelli durante la realizzazione del docu-film Souvenir d’Italie, presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Freestyle.
Impossibile dire chi sia stato Lelio Luttazzi; assai complicato provare a raccontarlo senza cadere nella banalità necessaria di una lunga lista di sostantivi. Lui che era musicista, cantante, direttore d’orchestra; lui elegante showman, conduttore televisivo e radiofonico, appassionato di jazz, attore. Lelio che è stato volto, voce, allievo e maestro, marito e padre.
Verdelli – già ritrattista di Pino Daniele, Paolo Conte ed Ezio Bosso – danza all’interno di questo fitto vocabolario di vita, sfruttando e mescolando materiale d’archivio, interviste e vecchie fotografie per dare voce alle vuote definizioni. Il narratore Francesco Montanari si alterna ai volti di Fiorello, Bobby Solo, Fabio Fazio, ai racconti della moglie Rossana e della figlia Donatella, alle parole di tanti altri amici e colleghi che del maestro triestino scomparso nel 2010 conservano un ricordo, un insegnamento o anche solo la dolce melodia di una delle canzoni da lui composte.
Hit Parade, Studio Uno, i film con Antonioni e Risi (L’avventura e L’ombrellone), i duetti con Mina. Verdelli taglia, cuce, rammenda le trame di abiti diversi, rincorre la verità. E non ha paura, quando è il momento, di mostrare il dolore, di far emergere quella ferita datata 1970, quando un “orrore giudiziario” costrinse Luttazzi in carcere per 27 giorni a causa dei risvolti di un caso di droga nel quale il maestro risultò estraneo ai fatti. Al suo caso si è ispirato Alberto Sordi per Detenuto in attesa di giudizio. Un “sequestro di Stato” che lasciò profondi strascichi; uno scandalo che, di fatto, pose fine alla carriera di Lelio, apparso in seguito solo in rare ospitate televisive, accuratamente selezionate.
Souvenir d’Italie gioca di richiami, di flash emotivi e arricchisce la linearità del racconto con improvvisi tuffi temporali. Un tentativo di immersione nel flusso esistenziale del maestro – a tratti parzialmente vanificato dall’invasività di una voce narrante che tende a rompere l’illusione – intelligentemente riassunto nell’ipertestualità insita nel titolo. Un titolo che è canzone, omonimo film di Pietrangeli e miglior definizione possibile di un uomo che, insieme a pochi altri, rappresenta il più dolce ricordo di un paese che ha contribuito a rendere grande.