SPECIALE "Signs" – Un gioco da ragazzi

Non solo i bambini sono il motore degli eventi, nei film di Shyamalan, ma si assumono la responsabilità delle scelte che gli adulti si troveranno poi costretti, loro malgrado, a seguire. I bambini vivono in un mondo dove il soprannaturale è reale, e solo la fede (non in senso religioso) li può salvare

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Si è detto che uno degli elementi caratterizzanti e riconoscibili del cinema di Shyamalan, è quello del ruolo determinante dei bambini. È necessario, tuttavia, approfondire questo aspetto concentrandosi sull'analisi del rapporto genitori figli (e della sua costante "anormalità"). Caratteristica evidente è, infatti, la sostanziale inversione dei ruoli tra i genitori, sempre dubbiosi ed in balia degli eventi, ed i figli, al contrario, determinati e capacissimi di interpretare nel modo corretto i "Segni" oscuri anche per noi spettatori (uno dei punti di forza del cinema di Shyamalan è proprio quello di non farci mai capire quale strada sta per imboccare).

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Dunque, non solo i bambini sono il motore degli eventi, ma essi si assumono la responsabilità delle scelte che gli adulti si troveranno poi costretti, loro malgrado, a seguire. Spesso, anzi, i bambini sono costretti ad usare l'inganno, proprio come normalmente fanno i genitori con i figli, per portare gli adulti sulla giusta rotta; si pensi, naturalmente, al Sesto Senso, ma anche a come, caricando di nascosto i pesi sul bilanciere del padre, il figlio spinge Bruce Willis in Unbreakable a prendere coscienza delle sue doti. Il fardello di queste responsabilità è visibilissimo sul volto bei giovani protagonisti, sempre pallidi e con gli occhi scavati; eppure, paradossalmente, loro sono coscienti di essere gli unici in grado di portarli. Ai genitori non chiedono aiuto, chiedono solo di essere ascoltati (di essere ubbiditi).


Questi bambini sanno per istinto che i genitori non possono fare niente per loro, anzi, non possono proprio interagire con la loro realtà. Prendiamo ad esempio la scena di Signs nella quale la bambina sveglia il padre e gli dice: "C'è un mostro fuori dalla mia finestra, posso avere un bicchiere d'acqua". Questa frase è cruciale per vari motivi: innanzitutto perché, "anticipando" il finale, ci conferma che sono i bambini, anche se istintivamente come in questo caso, a fare le scelte giuste; soprattutto, però, questo passaggio è importante perché mette in luce il motivo per il quale i bambini sono gli unici capaci di affrontare il soprannaturale. Infatti, la capacità di mettere nella stessa frase e quindi sullo stesso piano, un mostro ed un bicchiere d'acqua, per quanto vogliamo sforzarci, noi adulti non ce l'abbiamo! Per farlo, dovremmo essere capaci di mettere in discussione tutto quello che conosciamo ("Tutto quello che è scritto nei libri di scienze va cancellato" dice il bambino e "ripete" il televisore), dovremmo chiedere al nostro cervello di "resettare", di ripartire da zero! Per i bambini il discorso e diverso il loro cervello si limita ad aggiungere un'informazione (terribile, certo, ma che non compromette la sua esistenza). I bambini sono gli unici, dunque, ad avere la capacità di affrontare il soprannaturale (perché sono gli unici disposti a crederci) e sono coscienti di questo!

Se si utilizza quest'ottica, viene ad assumere un valore fortemente simbolico anche l'asma che affligge il figlio di Mel Gibson. Si tratta, infatti, di un riferimento piuttosto diretto ad IT di Stephen King, il cui protagonista è, per l'appunto, un ragazzino sofferente d'asma che, insieme ad un gruppo di suoi amici, deve liberare la città da un terribile mostro. Anche qui, la malattia gioca un ruolo fondamentale generando tutta una serie di situazioni troppo complicate da riassumere in questa sede, ma che presenta, comunque, due caratteristiche fondamentali che sono:

1.      generalmente colpisce i ragazzini fino a 10, 12 anni e sparisce (da sola) con lo sviluppo, quando, cioè i bambini cambiano e diventano piccoli adulti;


2.      la cura per le crisi di asma è, come nel film, quella specie di bomboletta che "miracolosamente" permette di riprendere a respirare. Nel libro la medicina viene accusata dal farmacista, in una discussione con il ragazzino, di essere sostanzialmente un placebo "E' solo acqua Bill, H2O…".


Con questo riferimento, dunque, il regista sembra voler assumere il concetto centrale del romanzo e cioè che i bambini vivono in un mondo dove il soprannaturale è reale, che solo la fede (naturalmente non in senso religioso) li può salvare e che, se il soprannaturale viene a minacciare il nostro mondo, loro sono gli unici in grado di salvarlo.


In conclusione, è il caso di dire che elemento non trascurabile di Signs è la violenta contrapposizione fra il figlio ed il padre (senza precedenti negli altri film). Il figlio contesta al padre di aver perso la fede (questa volta in senso religioso) che è, comunque, una porta verso il soprannaturale, chiudendo la quale Mel Gibson "tradisce" il figlio lasciandolo da solo ad affrontarlo. Per questo è affezionato allo zio che mostra numerosi tratti infantili e che, quando il fratello gli dice che "gli uomini si dividono in due categorie …" si riconosce senza esitazione (anzi con entusiasmo) nella categoria di quelli che ai miracoli ci credono. Ecco perché nel finale Mel Gibson ritrova la fede (anche, e soprattutto, nel soprannaturale).

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