Spectateurs!, di Arnaud Desplechin

Tra saggio e autofiction Desplechin fornisce una guida a noi e a se stesso su come guardare il cinema, ma soprattutto su come “viverlo”. E ci regala un’altro capolavoro. CANNES 77. Séances Spéciales.

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Che succede alla realtà una volta che viene proiettata su uno schermo?” L’enigma con cui Arnaud Desplechin ritorna ripetutamente in questo suo straordinario cine-saggio è forse la domanda per antonomasia, che da sempre ha ossessionato André Bazin e il cinema francese in particolar modo. In questo suo ultimo lavoro Desplechin la riformula attraverso il pensiero del filosofo americano Stanley Cavell: la realtà non è solo registrata dalla cinepresa, ma proiettata su uno schermo, e questa proiezione porta a una vera e propria ri-creazione del mondo sullo schermo messa a disposizione dello spettatore. In una scena bellissima e commovente un gruppo di studenti in un caffè si imbatte in una donna che sta leggendo il loro stesso libro: ovvero proprio Il mondo visto di Stanley Cavell. “Perché quando vado al cinema ho la sensazione di ricordare la mia vita” chiede una ragazza alla donna. “Se vai al cinema è la tua vita. E i film che guardi diventano parte di essa“. Desplechin parte da qui: i film che guardiamo entrano a far parte della nostra vita e dei nostri ricordi. Ed ecco quindi che Spectateurs, in apparenza un’altro documentario sul cinema, e in parte può esserlo complici anche le tante immagini di repertorio e l’apertura dedicata a Edison e ai fratelli Lumiere, abbandona presto i canoni tradizionali per diventare un film di memorie reali e immaginarie, autobiografiche e condivise, capace di alternare estratti di Ran, Cotton Club o Napoleon, alle interviste “reali” di spettatori comuni che parlano dei loro film preferiti, del posto in sala che preferiscono occupare durante la visione, di quando e se riescono a piangere durante un film.

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Poi oltre a questo c’è la fiction con cui Desplechin riproduce le “sue” esperienze passate da spettatore, a cominciare dal primo film visto in una sala cinematografica: Fantomas 70. E qui Desplechin si riconnette alla “lezione” di Truffaut – che omaggia apertamente in una straordinaria sequenza di “lettura” dei titoli di testa de I 400 colpi. Così come Truffaut fa con Antoine Doinel, anche stavolta, nell’ottica di una necessaria compenetrazione tra cinema, vita e rappresentazione, Desplechin recupera il suo abituale alter ego Paul Dedalus, distribuendolo in varie tappe della sua “vita” da spettatore e costruendo un “film nel film” autobiografico, a ritroso nel tempo – come se stessimo vedendo una breve versione cinefila del bellissimo I miei giorni più belli . Da questo punto di vista, che sia attraverso una lezione universitaria su medium e democrazia, un bacio giovanile rubato dopo aver rivisto un film di Francis Ford Coppola, l’entrata in sala da minorenne per vedere il “proibito” Sussuri e grida di Bergman, o l’effetto di soprassalto vissuto da bambino davanti alla Tv alla scena del sogno di Io ti salverò, Spectateurs configura tra le righe il racconto di formazione esemplare di un cineasta, come fosse il contro-campo “teorico” di The Fabelmans. Il percorso di memoria condivisa compiuto da Desplechin affronta anche le sue ossessioni più complesse. Come la scioccante e determinante visione del fluviale Shoah di Claude Lanzmann a fine primavera del 1985, a cui dedica ampio spazio e che Desplechin ripercorre attraverso le sue stesse parole ed estratti di una lunga intervista con la studiosa Shoshana Felman incontrata a Tel Aviv (“non un film sull’Olocausto, ma un film che è l’Olocausto!“), in una continua messa in gioco sul ruolo della testimonianza del cinema e dell’essere spettatori. Desplechin raccoglie indizi, memorie, immagini, citazioni, pone domande con l’intenzione di incontrare il cinema e il suo mistero e spiazza con scelte coraggiose e intense come il sorprendente omaggio all’attrice di Frozen River Misty Upham, tragicamente scomparsa nel 2014, la Marilyn Monroe di Desplechin. Insomma con Spectateurs il grande cineasta francese fornisce una guida a noi e a se stesso su come guardare il cinema certo, ma soprattutto su come “viverlo”, su come “usarlo” per vivere. E di fatto ci regala, ancora una volta, un capolavoro.

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5
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