Spider-Man Across the Spider-Verse: un avvoltoio di carta assalta il Guggenheim

Spider-Man Across the Spider-Verse: una vera e propria opera d’arte post-moderna tra pop art, manga, graffiti, incisioni, 2D e 3D, a partire dal fantastico incipit

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Spider-Man: Across the Spider-Verse, sequel del primo capitolo che rivede la storia di Miles Morales, sin dalle prime sequenze risulta essere un’espressione vertiginosa, giocosa e intelligente del meglio dell’animazione contemporanea.

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Prendendo in prestito tanto dalla Pop art quanto dai manga, dai graffiti o dall’incisione, giocando su 2D e 3D, il risultato è uno spettacolo estetico che lascia quasi senza parole davanti all’audacia, alla bellezza e all’incredibile intensità del film. Grazie al principio della variazione siamo certi che gli animatori si saranno divertiti a modulare, trasformare, modificare gli innumerevoli strati visivi che la storia mescola in un immenso patchwork dove dominano l’alterità, l’incrocio, la diversità.

Il film di animazione di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson preleva elementi visivi narrativi e pittorici dalle epoche più diverse, tra splash di colore, chiaroscuri a penna e inchiostro, punti Ben-Day dots alla Lichtenstein e cenni a F.W. Murnau, oltre a rimandare ad esplicite citazioni dei comic book Marvel degli anni ’50 e ’60.

All’inizio di questo secondo capitolo, il classico super cattivo irrompe nella scena ponendo una domanda: E questa la chiamate arte?”. È un gigantesco avvoltoio, disegnato in stile rinascimentale e ripreso mentre devasta le gallerie concentriche del Museo Guggenheim di New York, disegnato da Frank Lloyd Wright. Mentre Spider-Gwen cerca di fermarlo, gli chiede da dove provenga: viene effettivamente dal Rinascimento, e la sua forma di uccello rapace la deriva da una serie di invenzioni che si è applicato addosso, come un novello Leonardo da Vinci.

Ali e artigli, ma anche balestre compaiono nella figura tratteggiata a matita che in tono sprezzante vola per il palazzo criticando l’arte contemporanea. Mentre cerca di fuggire e tornare nel proprio universo, il folle uccello-Da Vinci decapita un Balloon Dog nella versione magenta di Jeff Koons (poi ringraziato nei titoli di coda) e crea un colossale schianto del soffitto di vetro che fa crollare un elicottero a pochi centimetri da terra, creando un quadretto che fa scappare a un visitatore: “Credo sia un Banksy”.

Questi sono solo alcuni tra i millemila elementi visivi che compongono e si confondono nel tessuto di Spider-Man: Across the Spider-Verse, un film che andrebbe rivisto tante e tante volte per comprendere l’accuratezza dei dettagli, la fotografia, i cambi di colore, di contrasto, di saturazione a ritmo in base allo stato d’animo dei personaggi. Nonostante il rischio di un caos totale di immagini tra lo sballottamento negli universi, tutto è giostrato a regola d’arte. Una vera e propria opera d’arte che ci costringerà molto probabilmente a ripensare il concetto stesso di film d’animazione mainstream.

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