"Tadpole – Un giovane seduttore a New York" di Gary Winick

Winick non mostra la minima fascinazione nei confronti del bailamme che mette in campo, se non adocchiandolo quasi sempre con l'intenzione di non farsi prendere troppo da quello che racconta.

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Si basa sull'eterno gioco delle rispondenze affettive questo lungometraggio di Winick, ma lo fa adottando una luce introspettica (in realtà superficiale) basata sullo sdoppiamento della carne. IL protagonista di Tadpole è un adolescente apparentemente impacciato, in realtà grandissimo seduttore di donne di mezza età. Il suo segreto? Il giovane si sente letteralmente posseduto da un uomo di quarant'anni, dunque incline a farsi piacere delle donne diciamo così, stagionate. Naturalmente il ragazzo è colto, di belle maniere, anche quando si trova a sedurre Eve, la donna che il padre ha sposato in seconde nozze. Da qui equivoci a non finire, mentre il doppio io del protagonista continua a barcamenarsi tra una donna e l'altra. Il punto è questo: che il cinema giochi con l'eterna metafora del doppio, è un dovere quasi sacrosanto, un bisogno impellente. Eppure il gioco è un affare più serio di quanto si possa immaginare, ed ha le sue regole, i suoi ritmi interni, la sua dialettica sempre nuova/sempre diversa da seguire. Che ha fatto dunque Winick? Ha semplicemente buttato sul set un corpo diviso tra due tensioni contrapposte, lo ha smembrato allegramente (ma attenzione, senza un briciolo di dolore), lo ha infine monopolizzato subordinandolo alle esigenze di un testo ben preciso. Il che vuol dire smettere il gioco prima di cominciarlo, servendosene biecamente da paratesto senza rispettarne alcuna logica interna. Parliamo di logica, ma in realtà potremmo intendere anche il contrario. Quando il gioco si fa logico, perde qualsivoglia spinta spontanea e dirompente per farsi corpo serializzato, buono per una pratica mortuaria. Winick non arriva a tanto (certe atrocità vengono commesse soltanto da certo cinema europeo di oggi, vedi Haneke), eppure non mostra la minima fascinazione nei confronti del bailamme che mette in campo, se non adocchiandolo quasi sempre (lasciamo pure fuori alcuni esterni di qualche pregio) con l'intenzione di non farsi prendere troppo da quello che racconta. A pensare che su un tema non troppo dissimile, Coppola ha tirato fuori Jack, ma questo è un altro discorso.

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Titolo originale: Tadpole
Regia: Gary Winick
Sceneggiatura: Heather Mc Gowan, Niels Mueller
Fotografia: Hubert Taczanowski
Montaggio: Susan Littenberg
Musica: Renaud Pion
Scenografia: Anthony Gasparro
Costumi: Suzanne Schwarzer
Interpreti: Sigourney Weaver (Eve), Aaron Standford (Oscar Grubman), John Ritter (Stanley Grubman), Bebe Neuwirth (Diane), Robert Iler (Charlie), Peter Appel (Jimmy), Adam Le Fevre (Phil), Alicia Van Couvering (Daphne Tisch), Kate Mara (Miranda Spear)
Produzione: Alexis Alexanian, Dolly Hall, Gary Winick per Dolly Hall Productions/IFC Productions/InDigEnt
Distribuzione: Mikado
Durata: 78'
Origine: Usa, 2002

 

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