The Lost Leonardo, di Andreas Koefoed

Il documentario compie un viaggio seguendo le tappe compiute da un dipinto, il Salvator Mundi, dopo il suo ritrovamento nel 2005, che l’ha fatto diventare il quadro più costoso mai battuto all’asta

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Le tre parti di cui si compone The Lost Leonardo sintetizzano il valore artistico, economico e politico, assunto dall’opera Salvator Mundi dopo la sua scoperta a New Orleans negli States e l’acquisto di un collezionista per 1175 dollari. Fino all’ultima vendita avvenuta da Christie’s, al Rockefeller Plaza di New York, con l’esborso record del presidente saudita Mohammad Bin Salman (lo stesso personaggio sospettato di aver ordinato di fare letteralmente a pezzi un giornalista Khamal Khashoggi) di 450 milioni di euro, il valore più alto mai pagato per un dipinto. Una cifra monstre, raggiunta dopo l’attribuzione del disegno non ad un epigono, come sembrava in un primo tempo, ed a qualcuno sembra tutt’ora, ma proprio al maestro Da Vinci. Il film sviluppa questo arco temporale, ricostruisce i passaggi di mano e di valore, e per farlo si serve delle parole degli esperti, critici e storici dell’arte, consulenti d’affari, faccendieri, mercanti, insomma di tutte quelle figure a vario titolo competenti per ricostruire la storia.
La prima parte intitolata “Il gioco dell’arte” è quella che va dal ritrovamento alla legittimazione avvenuta grazie all’esposizione della National Gallery. All’epoca del ritrovamento i dubbi dell’autenticità erano molteplici, e non servì certo a fugarli il pesante lavoro di restauro compiuto da Dianne Modestini, visto lo stato avanzato di dannneggiamento. Le interviste vengono accompagnate dall’uso di molti dettagli tecnici e culturali, e lascia lo spettatore pieno dei medesimi interrogativi degli esperti. Guadagnata la notorietà planetaria la situazione cambia e comincia un nuovo capitolo: il gioco dei soldi. L’orizzonte si sposta in Svizzera, nei porti franchi garantiti dai caveau elvetici, veri e propri paradisi fiscali.

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Il racconto diventa uno spaccato del mondo dell’arte contemporaneo dove l’attribuzione di valore esula totalmente dal discorso estetico o storico ma deriva invece da criteri più associabili ad una compravendita d’affari. Nel segmento finale, il gioco globale, sposta ancora la chiave di lettura, ed interessa il lato diplomatico della vicenda, alimentato dalla mancata esposizione al Louvre durante la mostra dedicata a Leonardo, e l’apparizione di un libro finito nel catalogo della manifestazione e poi velocemente rimosso. Ulteriore dimostrazione di come il dipinto sia solo un altro strumento per esercitare cinismo e potere. Libro scomparso, come la verità della sua origine, come lo stesso Salvator Mundi, finito secondo qualcuno sopra lo yacht del principe ereditario.

Il regista saggiamente insiste sull’aspetto misterioso, cerca di creare una suspense attraverso le musiche di Sveinung Nygaard, aiuta la genesi di un discorso pieno di bugie ed opinioni, raggiri e marketing, staccandosi lentamente dall’oggetto, confondendosi in un mercato avido ed interessato soltanto al denaro, così da farlo svanire di nuovo in quel nulla da cui era improvvisamente comparso.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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