“The Office ha 16 anni”. Il ricordo di Ricky Gervais

Il celebre e scorrettissimo comico inglese attivissimo sui social racconta con un post su facebook la genesi della sua creatura più fortunata, il mockumentary seriale The Office. La traduzione

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Ricky Gervais, il celebre e scorrettissimo comico inglese attivissimo sui social, racconta con un lungo post su facebook la genesi della sua creatura più fortunata, il mockumentary seriale The Office (due stagioni tra il 2001 e il 2002, più vari episodi speciali e puntate anniversario, e il noto remake USA con Steve Carell). Ecco la traduzione del fenomenale amarcord dell’interprete e autore della serie.

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“Allora, The Office ha 16 anni.
Il primo episodio della Prima Serie è andato in onda lunedì 9 luglio 2001 alle 9 di sera, sull’emittente inglese BBC2. Ovviamente il concept esisteva già da prima. Il pilota della BBC è stato girato nel gennaio del 2000, e un piccolo pilota amatoriale ancora prima. Lo girammo in un giorno nel “vero ufficio” dove avevo lavorato per otto anni, dal 1989 al 1997. Direi che il personaggio di David Brent esiste dal 1995 all’incirca, ed è basato su persone conosciute nel corso della mia vita da adulto. La primissima scena della serie, quella in cui parla con l’autista del muletto, è basata su un’intervista fatta quando avevo 17 anni con un ufficio di collocamento, durante le vacanze. Aveva circa 35 anni e indossava un brutto completo. La sua frase d’apertura fu: “Non do lavori di mer*a”. Io lo guardai annuendo. Disse: “Se un bravo ragazzo viene da me”, (mi indicò come a suggerirmi che già sapeva che ero un bravo ragazzo), “e dice Voglio lavorare duramente Voglio migliorarmi, io lo esaudisco”. Telefonò ad un suo amico e ad un certo punto disse, “Certo che ha 18 anni”, poi mi fece l’occhiolino e imitò il naso di Pinocchio. (Non aveva nulla a che fare con la guida del muletto, ma con un lavoro da magazziniere). Non l’ho mai più visto, ma facevo la sua imitazione ogni volta che mi capitava di raccontare l’aneddoto. Lui è il primissimo Brent che ricordi. Ce ne sono stati tanti da allora.
Molti sono apparsi su The Apprentice. David Brent non rappresenta il male, la meschinità o addirittura l’ignoranza. È solo un po’ fuori posto. Fuori dal tempo. Il suo crimine più grande è l’aver confuso il rispetto con la popolarità. Voleva entrambe le cose, ma si concentrava su quella sbagliata. Non si rendeva conto di quello che la gente voleva da lui. Non avrebbe dovuto preoccuparsene affatto. Ci ha provato solo un po’ troppo. Non era un uomo cattivo. Anzi era una persona carina e gli sono affezionato. Onestamente mi piacciono tutti i personaggi che creo o interpreto. Non bisognerebbe mai sentirsi superiori al ruolo o deriderlo. Secondo me la commedia è anzitutto empatia e come attore, più empatizzi con il personaggio più il pubblico è coinvolto. Questo non significa che debba essere perfetto o debba offrire una performance strapulita, ma le sue manie devono servirgli come arma. E a qualche livello deve essere vulnerabile. David Brent era questo. Insicuro, impaziente di piacere, e bisognoso di continui riscontri positivi.
Motivo per cui aveva totalmente senso fargli bramare la fama. Per tutti gli anni ’90, ho guardato un sacco di quelle soap documentario dove persone normali vengono inseguite e diventano celebrità minori. Hotel, aeroporti, ecc. Iniziò in maniera carina con gente ordinaria che riceveva un po’ di riconoscimento per il suo essere divertente o interessante. M poi chiaramente quelle persone esagerarono i comportamenti in modo da essere “scoperte” e ottenere i 15 minuti di gloria. Quando The Office andò in onda, Pop Idol e il Grande Fratello avevano reso la fama una scorciatoia per la felicità, per chiunque la desiderasse. Neppure questo trend sta rallentando. UOFFICEn recente studio universitario ha chiesto ad un gruppo di bambini inglesi di dieci anni cosa avrebbero voluto essere da grandi. Hanno risposto “famosi”. Ma The Office non riguardava affatto i media. Rifletteva alcuni dei sintomi di una società affascinata dalla fama, ma, su tutto, parlava di gente reale, ordinaria. Non ho detto normale perché credo che non sarebbe interessante guardare un programma su persone “normali”. Specialmente nel Regno Unito. Amiamo il particolare. The Office, come molte altre sitcom precedenti, scova l’umorismo nella disfunzionalità familiare. Il motivo per cui ci sembra sia divertente che rassicurante è che tutti apparteniamo ad una famiglia disfunzionale. Se la vostra non è così, c’è qualcosa di sbagliato.
La famiglia disfunzionale di The Office ha avuto un sacco di figli. Ossia gli uomini. Mostrare gli uomini in veste di bambini e le donne in quanto adulte era un tema ricorrente. È divertente perché è vero. Gli uomini non crescono sul serio. E un uomo che dovrebbe comandare o essere da esempio ma che si comporta come un ragazzino è persino più ridicolo. Ecco perché era fondamentale che Brent restasse nell’ambiente di lavoro. Dovrebbe saperlo meglio di me. Se sta in vacanza o a casa può fare quello che gli pare. Ma quando dovrebbe assumere le redini e si comporta da coglio*e, è patetico. Questa è la “sit” di sitcom. Sta tutto nella situazione. Togli questa e vedrai che cambia tutto. Aggiungici poi una troupe capace di catturare qualsiasi passo falso e ti porti a casa un imbarazzo dieci volte maggiore. E l’imbarazzo è la più grande paura degli inglesi.
L’elemento da finto documentario era essenziale. Ci ricordava il perché recitavamo in quel modo. Intensificò gli sviluppi, e soprattutto, fece connettere il pubblico. Un conto era vedere Brent imbarazzato, ma quando guardava in macchina eravamo tutti con lui. Sentivamo il suo dolore. E ci piaceva. Più o meno. O gli ridevi dietro pensando “Per fortuna non è successo a me” e ti sentivi meglio. Oppure dicevi “Oddio. Anch’io lo faccio” e ti rendevi conto di non essere l’unico. E di conseguenza stavi bene con te stesso. È una teoria.
Ai miei occhi Gareth è persino più stupido di Brent. E addirittura più immaturo. C’è un ottima spiegazione però. Il suo personaggio è basato su un bambino che veniva a scuola con me. Parlo di lui nella maggior parte degli stand-up. È quello che durante le vacanze infilò un granchio in un boccale di birra perché io gliel’avevo chiesto, per scherzo, “Quando il granchio è ubriaco, cammina in avanti.” Tim nasce da un tipo con cui lavoravo, un misto tra Norm di Cheers, un pizzico di Chandler di Friends e una spolverata di Oliver Hardy. Stan e Ollie compaiono in tutti i miei lavori in realtà. Il cieco che guida l’altro cieco. Entrambi che credono di stare accanto ad un idiota. Entrambi hanno ragione. Entrambi in difficoltà. Ed entrambi bisognosi l’uno dell’altro per sopravvivere. Straordinariamente precari.
Potrebbero cadere in ogni momento. Ma si rialzano solo per noi. Chi ha bisogno dei vincitori? Non hanno nulla di divertente o interessante. Dammi un perdente in qualsiasi momento.
Grazie per la visione.”

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