TORINO 19 – AMERICANA

Todd Solondz, Abel Ferrara, David Lynch, James Toback, Anthony Mann e tanti altri nella presentazione della curatrice Giulia D'Agnolo Vallan

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AMERICANA

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Dopo Happiness, che significa felicità, Todd Solondz ha scelto per il suo ultimo film un titolo altrettanto ironico e ambizioso: Storytelling, ovvero raccontare. E il cerebrale, calligraficamente spietato, regista di Newark, tanto per alzare la posta in gioco, ha diviso il film in due parti, fiction e non fiction, i falsi opposti della narrazione. È anche una provocazione questa scelta rivolta ai critici del suo lavoro, un modo di mescolare le carte rispetto ai soggetti più o meno reali delle storie, del cinema e dello sguardo.
In modo non troppo dissimile dalla riflessione sulla “condizione umana” di Solondz (una riflessione in macro sulla suburbia del New Jersey), Americana si è mossa ormai da sei anni tra falsi opposti, alla ricerca della dimensione del racconto in diversi, contrastanti e ostinati percorsi individuali nel cinema Usa.
Non c’è mai un “trend” dell’anno, almeno a me non interessa trovarlo, perché il programma cresce sempre in modo spontaneo e, in particolare nel caso di questa edizione, accidentato. È innegabile che nel 2001 il cinema americano ha visto un forte ritorno dell’autore – basta pensare che il film hollywoodiano più sperimentale dell’anno è A.I. di Steven Spielberg, all’insuccesso della cacofonia politica/visivo/produttiva di Pearl Harbor, ai profetici fantasmi marziani di John Carpenter.
E in questo senso è un grande piacere poter presentare gli ultimi lavori di Abel Ferrara e David Lynch. Da due coste/culture opposte – l’estremo est e l’estremo ovest del continente – R-Xmas e Mulholland Drive – un racconto di Natale dal Bronx e un bel film su Los Angeles ma soprattutto sulla strana, malinconica, sensualità della Hollywood alla periferia dei riflettori – sono oggetti diversi che condividono (oltre alla produzione francese) una sorprendente trasparenza, una delizia del racconto che è anche la sublime, tacita, risposta di due registi ingiustamente accusati di essersi troppo persi nei propri incubi.
Oltre a Solondz, Ferrara e Lynch, dopo la personale dell’anno scorso torna a Torino anche James Toback, con Harvard Man, uno dei suoi tipici mix di genere (il gangster film, con però una star dei teen agers, l’ammazzavampiri Sarah Michelle Gellar) e di autobiografia questa volta a sfondo accademico (Harvard) e lisergico.
È una storia antica – il blue grass e la tradizione musicale del Sud – quella di Down from the Mountain ed è una storia moderna – la fulminea parabola di una .com e dei suoi miliardari instant – quella di Startup.com. Entrambi i documentari sono prodotti da D.A. Pennebaker, e portano il marchio poetico ed elettrico del noto pioniere del genere, che però, oltre alla sua collaboratrice di sempre, Chris Hegedus, ha lasciato spazio anche ai registi Nick Doob e Jehane Noujaim Parlando di pionieri, Public Housing non è l’ultimo film di Fred Wiseman, ma è un incredibile documentario che, microriprendendo la vita all’interno di un complesso di case popolari di Chicago, illumina di complessità troppo spesso dimenticate il quotidiano della povertà urbana in USA.
È spesso intinto di melodramma il cinema documentario della chicana Lourdes Portillo e, nel caso del suo ultimo lavoro, Señorita Extraviada, storia di una catena di omicidi irrisolti di giovani operaie d’oltre confine, c’è anche molto cinema horror e di fantasmi. E Kelly Reichardt, già a Torino con River of Grass, torna con un mistery/romance in Superotto. In un programma attento al cinema scomodo, non omologato, sembrava giusto inserire The Last Movie, mitico metafilm di Dennis Hopper (in occasione della sua ridistribuzione…) e, vista la passione per i generi, un musical come Hedwig and the Angry Inch dell’esordiente John Cameron Mitchell. I western di quest’anno – il ciclo Anthony Mann/James Stewart – sono anche i favoriti di George Romero i cui morti viventi sono stati un’ispirazione per l’horror radicale di Brian Yuzna, per la prima volta a Torino con Faust.
(g.d.v.)
I FILM

Arruza di Budd Boetticher (1966/1971, 35mm, 73’)
Can This Be Love di Abel Ferrara (1974, 16mm, 28’)
Down from the Mountain di Nick Doob, Chris Hegedus, D.A. Pennebaker (2000, 35mm, 98’)
Faust di Brian Yuzna (Spagna/USA, 2000, 35mm, 98’)
Harvard Man di James Toback (2001, 35mm, 99’)
Hedwig and the Angry Inch//Hedwig – La diva con qualcosa in più di John Cameron Mitchell (2001, 35mm, 95’) distr. Nexo
Mulholland Drive di David Lynch (2001, 35mm, 146’) distr.01 Distribution
Public Housing di Frederick Wiseman (1997, 16mm, 200’)
R-Xmas/Il nostro Natale di Abel Ferrara (2001, 35mm, 82’) distr.01 Distribution
Señorita Extraviada di Lourdes Portillo (2001, Digital Betacam, 75’)
Startup.com di Chris Hegedus, Jehane Noujaim (2001, 35mm, 107’)
Storytelling di Todd Solondz (2001, 35mm, 87’) distr. Keyfilms
The Last Movie di Dennis Hopper (1971, 35 mm, 108’)
Then, A Year di Kelly Reichardt (2001, Super8, 13’)
AMERICANA – ANTHONY MANN & JIMMY STEWART

I FILM

Winchester ’73 (id., 1950, 35mm, 92’)
Bend of the River (Là dove scende il fiume, 1952, 35mm, 91’)
The Naked Spur (Lo sperone nudo, 1953, 35mm, 91’)
Thunder Bay (La baia del tuono, 1953, 35mm, 102’)
The Far Country (Terra lontana, 1954, 35mm, 97’)
The Man From Laramie (L’uomo di Laramie, 1955, 35mm, 104’)

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