TRIESTE FILM FESTIVAL 18 – Cinema come viaggio

Trieste, città di frontiera per antonomasia, posa il suo sguardo sulla "filosofia del nomadismo". Nelle varie sezioni, dal concorso lungometraggi al documentario, dagli eventi speciali ai corti, il viaggio è il tema centrale di un cinema in continua tensione

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Nei lavori che abbiamo visionato finora al Trieste Film Festival, appare una traccia, chiara e inequivocabile, che pone l'attenzione sul viaggio e sulle tante sfaccettature che lo caratterizzano. Era da immaginarselo, che Trieste, città di frontiera per antonomasia, posasse il suo sguardo sulla "filosofia del nomadismo". Nelle varie sezioni, dal concorso lungometraggi al documentario, dagli eventi speciali ai corti, il viaggio è il tema centrale di un cinema in continua tensione, inquieto, alla ricerca di un posto "altro" da raggiungere, nonostante il prezzo da pagare il più delle volte sia molto alto. Iniziamo allora a tracciare questa mappa ideale ed immaginaria. Il nostro viaggio inizia da Transylvania, proiezione che ha aperto il festival, presentato in anteprima nazionale e nelle sale italiane la prossima primavera. Diretto da Tony Gatlif e interpretato da Asia Argento, il film racconta la storia di Zingarina, ragazza italiana che vive a Parigi, alla ricerca di un musicista  (Morgan) conosciuto in Francia e di cui è profondamente innamorata, ma una volta trovato, l'uomo non ne vuole più sapere di lei (e del bambino che ha in grembo). Inizia allora per Zingarina un girovagare senza meta per le terre della Transilvania, insieme a Tchangalo (Biro Unel), ladro e ricettatore, che l'accompagnerà lungo tutto questo doloroso percorso. Quello di Gatlif è un cinema sanguigno e passionale, che trova in Asia Argento ideale interprete e portavoce. L'omaggio alla RTSI (Radio Televisione Svizzera Italiana) continua a far(ci) viaggiare, presentando in particolare due documentari in antitesi tra loro, ma con un unico comun denominatore: lo spostamento. Pédra, un reporter senza frontiere del ticinese Villi Hermann, racconta l'avventura di Jean-Pierre Pedrazzini, fotoreporter di Paris Match, morto nel 1956 dopo essere stato ferito nell'insurrezione di Budapest. Documentario di grande interesse storico, intelligente miscela di interviste, immagini di repertorio e raccolte fotografiche che delineano con estrema precisione il percorso professionale e umano di un uomo coraggioso che ha attraversato il mondo per mostrare documenti fotografici altrimenti invisibili. Cenerentola non abita più qui di Matteo Bettinelli racconta invece le tante storie delle donne ucraine che hanno lasciato il loro paese per venire in Italia (a Ferrara in particolare) con lo scopo di offrire un futuro migliore ai loro famigliari rimasti in patria. La metamorfosi di una nazione che ha visto mutare radicalmente il proprio sistema economico: l'uomo, non riesce più a trovare lavoro in un paese dove le fabbriche chiudono, cosicché la donna diventa la spina dorsale di un'economia depressa, andando a lavorare all'estero e sorreggendo sulle proprie spalle le sorti di un popolo sfinito dalla crisi. Quando le immagini mostrano un pulmino carico di donne che da Ferrara parte per Leopoli, capoluogo dell'Ucraina Occidentale, attraversando l'Austria, l'Ungheria e la Romania, per portare regali ai loro figli, non possiamo che provare ammirazione per quelle mamme e mogli coraggiose. Lampa cu caciula del rumeno Radu Jude è uno dei corti in concorso, viaggio di un padre e di un figlio che dal loro villaggio partono, a piedi, alla volta della città con un ingombrante borsone. Scopo del viaggio è quello di trovare qualcuno che ripari il televisore che si trova all'interno del borsone. Anche qui, dunque, una strada da percorrere, un piccolo desiderio da esaudire che costa però grande sacrificio, un rapporto familiare che si rinsalda grazie ad una comune fatica esistenziale

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