"Twisted – Ascolta la canzone del vento", di Matteo Petrucci

Quello che colpisce in “Twisted” è proprio la capacità di trattenere i copri lungo coordinate mai svelate per intero, all'interno dunque di uno spazio volutamente raffreddato, capace poi di contenere notevoli esplosioni di violenza.

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In Twisted le traiettorie limitate di tanto cinema italiano odierno sembrano in alcuni momenti come sospese, immobilizzate. L'inizio ad esempio (l'incontro di Kick Boxing) possiede un'interessante fisicità colta proprio sul punto di liquefarsi, sovrapponendosi al calore infuocato di corpi in assetto di combattimento, tesi lungo diagonali rigorosamente in campo, assise nel punto nevralgico della visione. In questo senso la muscolarità dell'incipit è il segno sfocato di uno sguardo che puntella i corpi, mascherandone però sempre identità e moventi, attraverso una scena che polarizza i movimenti, irradiandoli in uno spazio circoscritto. Dal quadrato della palestra infatti, si avverte il respiro ansimante e intermittente di dimensioni occluse (il seguito dell'opera incentrato sulle vicende di due fratelli incestuosi e del loro incontro con un giovane assassino), filmate con un occhio che squadra quasi clinicamente le sue creature, disponendosi sempre a latere rispetto alla visione. In questo frangente allora l'opera si surriscalda lentamente abitando perimetri come svuotati (la casa dei due fratelli, le cui geometrie fisiche quasi rimandano all'abitazione parigina dei "dreamers" di Bertolucci) e frizionando con un'energia muscolare, ma al contempo astratta, gli scampoli di un set progressivamente spettrale (la Roma di Petrucci non giunge all'astrazione formidabile che ha nell'ultimo capolavoro di Dario Argento, ma si discosta comunque notevolmente dagli standard del nostro cinema odierno), asciugato intelligentemente in ogni suo spazio. Quello che colpisce in Twisted è proprio la capacità di trattenere i copri lungo coordinate mai svelate per intero, all'interno dunque di uno spazio volutamente raffreddato, capace poi di contenere notevoli esplosioni di violenza (affidate all'amico dei due fratelli che si rivela essere un assassino che seduce le donne per poi farle a pezzi). Vi è in questo frangente allora il segno di un cinema estremamente pudico e trattenuto nella composizione della sua geografia sentimentale (il ricorso del regista a dei raccordi oscuri che quasi fagocitano i corpi, fermandoli nel buio dello stacco), e al tempo stesso la traccia insinuante e realmente inquieta di uno sguardo che lavora l'epidermide dei corpi mostrati, con un gusto quasi anacronistico – ma non dichiaratamente ricostruito come accadeva nel recente Cattive inclinazioni– nel filmarne le deviazioni, i possibili ricongiungimenti e le successive esplosioni, in un bagno di sangue tra i più forti e sorprendenti degli ultimi anni.

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Regia: Matteo Petrucci


Sceneggiatura: Matteo Petrucci


Fotografia: Roberto Forza


Montaggio: Paolo Albanesi


Scenografia: Alessandro Marrazzo


Costumi: Ilaria Albanese


Interpreti: Monica Comegna (Valentina), Alessandro Tiberi (Matteo), J. Emiliano Coltorti (Stefano), Angelo Maggi (papà), Valentina Mari (Barbara), Manuela Massarenti (Professoressa), Veronica Milaneschi (Viola), Antonio Prisco (portiere d'albergo)


Produzione: Misami Film, Veradia Film


Distribuzione: Verdecchi Film, Orango Film


Durata: 118'


Origine: Italia, 2001


 


 

 

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