VENEZIA 59 – "Un homme sans l'occident", di Raymond Depardon (Controcorrente)

Film spietato con lo spettatore abituato ai ritmi visuali di MTV o dei "blockbusters movies", l'opera di Depardon e' asciutta, solare ed essenziale, proprio come la storia di "uomini del deserto" che racconta. Eppure e' un film in grado di regalare, a chi e' disposto a lasciarsi penetrare dalle immagini dei momenti di irripetibile bellezza e incanto

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Se ha un senso una sezione come "Controcorrente" e' da ricercare proprio nella visione di film come Un homme sans l'occident, altrimenti relegati in sezioni collaterali e snobbati dal pubblico e dalla critica.  Film spietato con lo spettatore abituato ai ritmi visuali di MTV o dei blockbusters movies, ma anche di molti cinefili, l'opera di Depardon e' asciutta, solare ed essenziale, proprio come la storia di "uomini del deserto" che racconta. Eppure e' un film in grado di regalare, a chi e' disposto a lasciarsi penetrare dalle immagini (e di penetrarvi…)dei momenti di irripetibile bellezza e incanto.

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Depardon ci mostra una sorta di "ultimo mondo possibile", prima della definitiva colonizzazione occidentale del mondo. La storia di quest'uomo, cacciatore e guida del deserto, raccontata attraverso gli occhi occidentali il film e' tratto dall'omonimo libro del generale Diego Brosset, pubblicato nel 1946 e basato sulle memorie della sua carriera di ufficiale coloniale in trasferta in Sahara ci appare davvero come una nuova, forse ultima, "alba dell'uomo", e persino visivamente non mancano delle suggestioni del 2001 kubrickiano.  Il protagonista viene trovato da bambino semimorto nel deserto, poi cresce, diviene un bravo cacciatore, poi una guida, infine un guerriero. E Un homme sans l'occident ci narra di questo rapporto unico, fisico e morale, quasi simbiotico tra un uomo e il deserto, luogo di vita e di morte contemporaneamente, che viene immortalato in un bianco e nero essenziale, che ne riproduce come materia "viva" i suoni del vento, la sabbia che e' dappertutto, gli insetti che inseguono uomini e animali, la lotta spesso crudele e mortale tra le diverse tribu', e il silenzio che domina su tutto.


Raymond Depardon, che e' un grande regista, fotografo e documentarista francese, qui al suo trentatreesimo film, non concede nulla ne' allo sguardo antropologico, ne a quello storico, e neppure si lascia andare a lirismi sulla "poesia del deserto".  Il suo sguardo e' magnificamente onesto, vivo, tutto dentro le cose che filma, apparentemente incapace di esrpimere un giudizio su cio' che mostra e invece sapientemente dotato di uno sguardo che ci permette di ricordare che il mondo ( e il cinema) non e' sempre stato dei bianchi e a colori

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