VENEZIA 70 – Con gli occhi chiusi: il cinema, la microspia dell’immaginario (5)

Dopo Schrader/Ellis e il loro doppio/triplo gioco sulla “fine della privacy” (The Canyons), ecco un piccolo/grande film, Shuiyin Jie (Trap Street) di Vivian Qu, in Concorso nella Settimana della Critica, che sembra raccontarci tanto, forse troppo, del cinema e di noi, di come siamo diventati. Chi spia chi? La microcamera spia è nell’occhio della macchina da presa…

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C’è un’immagine, nel film di Vivian Qu, Shuiyin Jie (Trap Street) in Concorso nella Settimana della Critica e inspiegabilmente rifiutato dal Concorso Ufficiale della Mostra di Venezia, che sembra, quasi con dolce naturalezza, raccogliere tutte le suggestioni sulla “fine della privacy” che il film lancia: il protagonista sta cercando una microcamera spia, la cerca dappertutto in una stanza fino a trovarla… proprio davanti a noi! Guarda in macchina e, letteralmente, “svita” la macchina da presa che lo sta inquadrando…

 

Peccato non aver trovato questa immagine in rete (mentre quella che vedete è un “classico” punto di vista da telecamera di sorveglianza, ripetuto nel film), perché sembra raccontarci tanto, forse troppo, del cinema e di noi, di come siamo diventati.

Chi spia chi? Quando vediamo foto e immagini del privato di altri siamo noi gli occhi curiosi che godono di vedere la vita degli altri, ma ovviamente ce ne scandalizziamo quando questa privacy violata diventa la nostra. Ecco, la sensazione è che la straordinarietà di questo piccolo/grande film sta nel porci degli interrogativi quasi antropologici, all’interno di un contenitore semi-noir, che può sembrare anche una sorta di critica di regime.

 

In realtà Trap street, nel raccontarci questo micromondo di microspie e microamori, con l’immagine di cui parlavo prima ci dice altro: siamo noi i colpevoli! La microcamera spia è nell’occhio della macchina da presa, quasi il cuore del cinema, nell’idea stessa del cinema di filmare “la vita”. Come se dal momento in cui abbiamo accettato che lo sguardo della macchina ci riprendesse, ne avessimo accettato, (in)consapevolmente, tutte le estreme conseguenze. La microspia è l’occhio dello spettatore, e il pubblico del cinema è il più grande vouyuer della Storia…

E solo guardando nello specchio vediamo cosa siamo diventati, occhi che vivono di immagini rubate e ormai ossessionati, come il protagonista del film, dalla paura di essere “guardati” dagli altri. Ormai le “macchine che vedono”, sono dappertutto, sta solo a noi decidere di chiudere gli occhi e non guardare…. Magari concentrandosi sulle coordinate geografiche di dove abbiamo preso la mano la prima volta della persona che amiamo…. (f.c.)

 

 

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