VENEZIA 71 – La malavita senza cliché. Incontro con Francesco Munzi e il cast di Anime nere

Francesco Munzi sul set di Anime nere
La 'Ndrangheta come non l'abbiamo mai vista al cinema. Un applauso lungo e caloroso ha accolto il primo film italiano in Concorso, Anime nere. Alle domande dei giornalisti hanno risposto il regista Francesco Munzi – che ha sottolineato più volte le intenzioni antiepiche di questa sua opera e i membri del cast tra cui Marco Leonardi e Barbra Bobulova

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La 'Ndrangheta come non l'abbiamo mai vista al cinema. Un applauso lungo e caloroso ha accolto il primo film italiano in Concorso, Anime nere. Alle domande dei giornalisti hanno risposto il regista Francesco Munzi – che ha sottolineato più volte le intenzioni antiepiche di questa sua opera e i membri del cast tra cui Marco Leonardi, Barbra Bobulova, Fabrizio Ferracane, il giovane Giuseppe Fumo, Peppino Mazzotta e Anna Ferruzzo. Prima di rispondere alle domanda Munzi ha voluto ricordare pubblicamente uno degli sceneggiatori del film Fabrizio Ruggirello, scomparso lo scorso dicembre alla cui memoria il film è dedicato.

Il suo film ha il merito di avere interpretazioni e dettagli molto curati. Eppure mi ha sopreso il particolare che la macchina che guida il gangster Luigi non sia antiproiettile.

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Voglio ricordare un amico che è stato un compagno di viaggio fondamentale per questo film. Sceneggiatore Fabrizio Ruggirello è morto a dicembre dopo aver visto alcune scene. La blindatura è un elemento che rimanda a un genere attingibile al cinema americano ma io volevo distanziarmi da questo dettaglio che può anche non essere così realistico. Mi interessava parlare di aspetti comuni e semplici della malavita.

Come hanno lavorato gli attori sui personaggi e il dialetto?


Leonardi: Io sono calabrese di Locri e quindi ho fatto uno sforzo relativo ma sono contento di aver fatto questo film e di averlo conquistato. Sono andato direttamente da Munzi, lui mi ha scelto ma sono stato anche io a prendermelo con la forza questo ruolo. Il mio è un personaggio carismatico e allo stesso tempo molto sensibile.

Mazzotta: sono calabrese di Cosenza ma ho dovuto imparare il dialetto di Africo che è diverso, mi ci sono volute alcune settimane. Appropriarsi di una lingua significa anche appropriarsi di un’identità. 

Ferracane: sono siciliano, ho studiato il calabrese e sono stato un mese e mezzo in Calabria in montagna in mezzo alle capre per cercare di sentire sulla mia pelle il carattere di Luciano.

Bobulova: in questo contesto all’inizio mi chiesi dove sarei stata collocata. Amo le sfide e le novità e questo film per me lo rappresenta, anche se il personaggio in sé non rappresentava grosse difficoltà. 

Ha un significato particolare il fatto che l'omicidio del ragazzo avvenga in una scuola?

Non volevo usare una metafora, anche se vista in questo modo può dare un significato ulteriore sullo stato della scuola in Italia. L’idea che dalla scuola si potesse commettere un omicidio mi sembrava una sintesi poetica molto forte. 
 
Che tipo di messaggio voleva dare con questo film?

Non avevo un messaggio particolare all'inizio. Volevo entrare in una famiglia criminale, creare empatia e compassione nei confronti dei personaggi, magari elaborare anche una certa distanza critica nei confronti di questi fratelli che sono fra loro molto diversi. Il conflitto è dentro la famiglia. È una tragedia che assume una dimensione universale. Non è una guerra tra bande come la trame potrebbe lasciare intendere, ma la guerra è all’interno degli stessi fratelli. Volevo creare un contrasto tra un aspetto arcaico, primitivo, fatto di credenze religiose e riti pagani, e il moderno, come la lap dance, le macchine lussuose.

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