VIDEO – "Il digitale, abbassando i costi, democratizza il cinema" – Incontro con Carmine Amoroso

Durante la presentazione del suo ultimo film, Cover-Boy, il regista Carmine Amoroso racconta la genesi della sua opera e le enormi difficoltà produttive che ha incontrato per realizzarla, mettendo così in risalto molte deficienze dell’attuale sistema di produzione-distribuzione italiano, che blocca quasi tutti i registi emergenti e meno conosciuti.

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Quale è stata la genesi del film?

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Carmine Amoroso – Alla fine degli anni ’90 ho vissuto per circa due anni in Romania. E qui oltre a vivere il dramma di chi voleva emigrare nei paesi occidentali, mi sono reso conto che la rivoluzione che nel 1989 aveva abbattuto Ceausescu, non era stata una vera rivoluzione partita dal popolo ma un colpo di stato. Immigrazione e rivoluzione sono stati quindi i primi tasselli della storia.

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Abbiamo saputo che la produzione del film è stata molto difficile, è vero?

 

CA – E’ stata un vero e proprio incubo. Nel 2002 ci era stato accordato un finanziamento che, successivamente, col decreto Urbani – governo Berlusconi – ci è stato decurtato del 75%. Ciò ha voluto dire girare il film con pochissimi soldi e cambiare gran parte della sceneggiatura. La cosa ancora più grave è che abbiamo dovuto eliminare tutta la parte riguardante i fatti del ’89. Per me è stata una vera e propria forma di censura.

 

Quali temi affronta nel film?

 

CA – Il film è la storia di un’amicizia ma è anche un film di denuncia sul problema dell’immigrazione, del precariato, della povertà. E di come questi problemi influiscono sui destini delle persone, della loro vita, sulla propria affettività. Ioan è un immigrato che viene in Italia per tentare di cambiare il proprio destino. Michele è un italiano sconfitto dalla precarietà del lavoro. Anche io mi sento un precario nel mio lavoro.

 

Avete girato il film in digitale, come mai questa scelta?

 

CA – Abbiamo girato con due piccole camere, in HDV. Una scelta che si è poi rivelata preziosa considerati i pochi mezzi economici che avevamo a disposizione e le 5 settimane disponibili. Sotto molti aspetti questo è un film “pionieristico”, nel senso che siamo stati i primi a rischiare su questa nuova tecnologia: l’HDV. Per questo devo ringraziare tutta la troupe e in modo particolare il direttore della fotografia, Paolo Ferrari. Il digitale abbassando i costi democratizza il cinema. Lo rende meno classista. E democratizzare il cinema significa anche aprire un altro sguardo sulle cose. Io invito i giovani cineasti ad utilizzare le nuove tecnologie per tirarsi fuori dalla dittatura del cinema italiano.

IL VIDEO

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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