L' esordio nel lungometraggio del giovane regista americano Jieho Lee ha un bel titolo e una buona idea di base. The Air I Breathe si scompone e ricompone in quattro capitoli, seguendo un vecchio proverbio cinese secondo il quale i quattro pilastri della vita sono Felicità, Piacere, Dolore e Amore.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE UNA SERIE TV DALL’8 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------

Un po' Magnolia, un po' Crash e un po' 21 grammi: Lee usa lo schema della frammentazione spazio-temporale e della successiva ricomposizione  di altmaniana memoria, con l' idea di andare sul sicuro, sperando di confezionare un film abilmente originale, in grado di destabilizzare lo spettatore quel poco che basta a coinvolgerlo di più. Invece in questo caso la ricetta non funziona.

Il fatto è che Lee non è Anderson, non è Inarritu e neanche Haggis. E tantomeno Altman. Nonostante la presenza di un cast di attori famosi e, solo in alcuni casi, molto bravi, "The air I breath"  è un pasticcio ambizioso e privo di personalità.

E il problema non è l'aver usato più o meno vigliaccamente uno schema ormai già collaudato da altri. L' idea e le storie parallele avrebbero potuto funzionare. La storia dell' impiegato timido che decide di rischiare tutto e di farsi ammazzare, e soprattutto quella del gangster veggente che aspetta di incontrare qualcosa di non previsto, sarebbero potute diventare interessanti, addirittura poetiche. Ma qui sembra non esserci spazio per queste cose. Il montaggio frenetico ma mai davvero coinvolgente, degno di un videoclip patinato è pulito fino alla piattezza e all' asetticità. Non coinvolge mai davvero, nonostante i virtuosismi ritmici. La sceneggiatura, i dialoghi sono spesso al limite della sopportabilità. Sembra quasi che le banalità vengano messe in bocca ai personaggi per tentare di riempire i tempi, di renderli  più serrati. Per cercare di dare un' anima a un film che non ne ha.

Se i primi due episodi citati sopra, "Felicità" e "Dolore" sembrerebbero voler dire qualcosa, o almeno provarci, anche con le immagini, Lee riesce presto a peggiorare la situazione, precipitando in un finale, l' ultimo episodio "Amore" , a dir poco imbarazzante.

Nessuna caduta di rane salvifiche (si veda la citazione finale di Magnolia con la borsa piena di soldi che cade su Sarah Michelle Gellar) riscatta il film. L' aria che si respira è quella di un feuilleton pretenzioso, ingannevole a tratti nel promettere qualcosa che poi non dà perché ne è privo, e per questo profondamente irritante.

Forest Whitaker è l'unico pregio del film. La sua interpretazione è, nonostante una sceneggiatura inconsistente, solida e sensibile. Kevin Bacon è forse il più sfortunato; catapultato nell' episodio peggiore, alle prese con un personaggio inesistente e inutilmente eccessivo, sembra profondamente a disagio nel suo far finta di crederci.

Titolo originale: id.

Regia: Jieho Lee

Interpreti: Forest Whitaker, Kevin Bacon, Brendan Fraser, Andy Garcia, Julie Delpy, Sarah Michelle Gellar, Clark Gregg, Emile Hirsch

Distribuzione: CDI

Durata: 95'

Origine: Messico/ USA 2007

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------