ROTTERDAM 33 – "Zebraman", di Miike Takashi

Sotto le sembianze di un plot di genere, Miike Takashi continua a "parlare" un linguaggio politico alla "meddle class" nipponica, di ribellione allo status quo e riscoperta dell'umano. Ma su tutto conferma la sua bulimia, il vomitare continuo di immagini che provengono e vanno ovunque, dalla televisione come dal cinema, "di genere" o classico.

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"Il film festival non e' completo senza un nuovo film di Miike Takashi". Con questa inquivocabile affermazione il catalogo del Rotterdam 33, il festival europeo che dedica maggior spazio alle vitali cinematografie asiatiche (di Miike viene riproposto anche Gozu, che era a Cannes nella prestigiosa Quinzaine), presenta per la sesta volta (dopo Audition, Dead or Alive, Agitator, Ichi the killer e Happiness of the Katatkuris) una prima mondiale del regista piu' prolifico del mondo (media di sei film all'anno!!!).

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Zebraman, prima opera di Miike targata 2004, che prende il soggetto da una serie televisiva con un supereroe essenzialmente di "serie b" e fuori luogo ("a che serve un supereroe in bianco e nero in una televisione a colori"…), e' frutto della collaborazione del regista con altri due stakanovisti dell'incontenibile industria filmica giapponese: Aikawa Sho e Kudo Kankuro. Il primo raggiunge proprio con il ruolo di Shinichi/Zebraman quota cento film in carriera (da protagonista) in poco piu di tre anni; Konduro ha gia all'attivo piu di 150 sceneggiature.


Le tre superstar di una macchina che produce soprattutto per il mercato video, saltando ormai ogni passaggio su pellicola (spesso i film vengono stampati solo per i festival), confezionano il primo DVD "per famiglie" firmato dal regista che annovera Tsukamoto nella lista dei suoi attori (Ichi the killer).


Siamo nel 2010, in una tranquilla provincia giapponese in cui vive Shinico,maestro inetto, con una tipica famiglia "a la Miike": tradito dalla moglie, figlia impelagata in un giro di prostituzione e figlio che segue le orme paterne subendo dagli altri. Mentre gli alieni invadono la città con lo scopo di distruggere il Giappone, Shinichi continua a coltivare di notte nella sua solitudine la passione per la serie che preferiva da bambino, Zebraman, interrotta dopo soltanto sei puntate per scarso ascolto. Contemporaneamente nella vita di Shinichi arrivano un alunno paralitico e la sua giovane madre (il marito, altro perdente, si e' suicidato) e "l'uomo medio", scoperta la presenza aliena, inizia a prendere coscienza delle situazioni che lo circondano e dei poteri (umani e sovrumani) che porta dentro e senza sapere o volerlo si ritrova a combattere.


Sotto le sembianze di un plot di genere, Miike continua a (far) "parlare" un linguaggio politico alla "meddle class" nipponica, di ribellione allo status quo (i Servizi Segreti giapponesi vedono come unica soluzione l'atomica americana) e riscoperta dell'umano. Ma su tutto conferma la sua bulimia, il vomitare continuo di immagini che provengono e vanno ovunque, dalla televisione come dal cinema, "di genere" o classico. Nel continuo girare del quarantaquattrenne di Osaka, ritroviamo forme e temi di Tsukamoto, come la ribellione dell'uomo medio dopo il superamento dello stadio solamente "umano", citazioni dall'ultimo Kurosawa Kyoshi (le foche che nuotano dal mare alla citta come le meduse in Bright Future), un amore mancato degno di John Ford(!). Su tutto, e questa e' l'ennesima riprova dell'intelligenza e della coscienza di Miike, c'e' il cinema di Takeshi Kitano: Zebraman come Zatoichi proviene da una serie televisiva e del samurai cieco ha lo stesso simbolo Z; gli incroci di sguardi tra Shinichi e i due bambini rimandano a L'estate di Kikujiro, ma da Takeshi prende tanti momenti, tante invenzioni (l'improvvisa entrata di musica tecno…)… Nel suo modo apparentemente superficiale, forse manieristico, al limite della parodia, Miike gira un grande omaggio al cinema giapponese contemporaneo in cui si e' ritagliato un posto tutto suo.

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