"Sinister", di Scott Derrickson

sinister
Questa ghost story non è niente di più di più di un semplice esercizio di stile. Ripetitivo e prevedibile, seppur discretamente coinvolgente: l'atmosfera c'è e a tratti funziona, ma in questo modo si riduce l'horror a una banale successione di spaventi e apparizioni. La sua ricerca sui meccanismi della paura finisce presto per girare a vuoto

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Snuff movies, ovvero quei filmati in cui, come noto, le vittime vengono realmente torturate e poi uccise. Come quelli che Ethan Hawke trova in uno scatolone in soffitta, nella nuova casa in cui si è trasferito; dove, all’insaputa di moglie e figli, i precedenti inquilini erano stati ritrovati impiccati ad un albero in giardino. Quasi fosse la controparte intellettuale di Nicolas Cage in 8mm – Delitto a luci rosse, il suo personaggio è un saggista mosso dalle migliori intenzioni: di fronte all’orrore di quei barbari omicidi su pellicola, anziché imbracciare le armi e compiere vendetta, preferisce indagare per rendere giustizia alla memoria delle vittime. A differenza del non propriamente memorabile film di Joel Schumacher, però, Sinister sfocia ben presto nel soprannaturale, trasformandosi in una ghost story dinanzi alla quale le armi della ragione possono ben poco.

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Come rivitalizzare una tale collezione di luoghi comuni del genere, nella quale il protagonista è il solito scrittore che tenta di replicare il successo editoriale della sua opera prima, dopo anni di oblio? Derrickson ci riesce solamente in parte, perché l’immaginario visivo al quale fa riferimento è quello – decisamente abusato – fatto di corridoi vuoti e apparizioni improvvise alle spalle, con tanto di stacchi repentini di montaggio.  Complice un ottimo sound design e un’efficace colonna sonora, però, va dato atto che riesce a costruire un efficace clima di tensione, regalando almeno un paio di momenti di puro terrore: ma la sua ricerca sui meccanismi della paura finisce presto per girare a vuoto, diluita in un horror ripetitivo che non sempre riesce a mascherare l’assenza dei suoi contenuti (nonostante un discorso sulla dipendenza dalle immagini, poco più che abbozzato). Perché, pur riconoscendogli una confezione indiscutibilmente da serie A, Scott Derrickson non fa un solo passo avanti rispetto ai tempi di The Exorcism of Emily Rose: lavora alacremente sull’atmosfera, ma al termine della visione non lascia alcuna traccia dietro di sé. Come se l’horror fosse solamente il territorio degli spaventi e del sangue, quando in realtà possiede ancora un incredibile potenziale non sempre efficacemente espresso. A differenza di altri prodotti contemporanei, comunque, ha il coraggio di un finale potente e politicamente scorretto: peccato però che qualsiasi spettatore con un minimo di esperienza sia in grado di prevederlo con una buona ora di anticipo.

 

Titolo originale: id.

Regia: Scott Derrickson

Interpreti: Ethan Hawke, Julier Rylance, James Ransone, Clare Foley, Fred Dalton Thompson, Vincent D'Onofrio

Origine: USA, 2012

Distribuzione: Koch Media

Durata: 110'

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