Il western secondo Tarantino. Regista e cast ci parlano di The Hateful Eight

Presentato a Roma l’attesissimo “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino. Alla presenza del regista, di parte del cast di Ennio Morricone, si è spaziato su moltissime interessanti questioni

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Affollatissima conferenza stampa romana per The Hateful Eight di Quentin Tarantino, ottavo film del regista di Pulp Fiction, il suo secondo western dopo Django e il primo musicato interamente dall’amatissimo Ennio Morricone. Insomma i motivi di interesse, come sempre, non mancano e la presenza in conferenza degli attori Michael Madsen e Kurt Russell (oltre al regista e al compositore) hanno fatto lievitare il numero di domande e curiosità.

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Innanzitutto uno dei pilastri della “scrittura” alla Tarantino: il suo amore per i personaggi che interpretano qualcun’altro per salvarsi la vita, l’esigenza continua di frantumare le identità per continuare a vivere: “è vero“, dice Tarantino, “questo accade spesso nei miei film, anzi è sempre cresciuto di film in film. Forse con l’unica eccezione di Pulp Fiction. Mi piace l’idea che la differenza tra la vita e la morte sia spesso delegata alla performance del momento: pensate a Bastardi senza gloria. Il personaggio di Shoshanna è un’ottima attrice perché deve esserlo per forza, per tentare di salvarsi e portare a termine il suo piano. Ma anche Landa è un ottimo attore che sa benissimo ciò che vuole. Aldo Raine invece è un pessimo attore, eppure a fine film è l’unico che si salva. Quindi non ci sono mai certezze nei miei film. Però, se mi chiedete perché faccio questo non lo so, mi piace. Forse deriva dal fatto che ho avuto spesso la fortuna di lavorare con ottimi attori e mi piace testarli“.

1Una delle domande frequenti in questo periodo è stata, sia per Tarantino che per Morricone, le parentele con La Cosa del 1982 di John Carpenter. Morricone dice “non ci sono similitudini evidenti tra i brani che ho scritto per Quentin oggi e quelli per Carpenter nel 1982. Sono stato molto attento a scrivere la musica giusta per questo film e devo dire che sia Carpenter all’epoca che Tarantino oggi mi hanno lasciato totale libertà nella scrittura“. Tarantino approfondisce di più il lato della filiazione dal punto di vista narrativo e visivo: “Ecco, se c’è una similitudine non la troverei nella musica, quanto in simili elementi come la neve minacciosa, la tempesta, il luogo isolato dove un gruppo di persone sono costrette a stare senza potersi fidare l’una dell’altra. Insomma la paranoia che si crea è un tratto molto simile nei due film. Questo The Hateful Eight è forse il mio film più vicino a Le Iene, e già quel film aveva un debito enorme con La Cosa di John Carpenter. Sotto certi aspetti questo film è un La Cosa western”. Kurt Russell è divertente e lapidario in proposito: “che dire? Nella mia carriera ho fatto due film musicati dal maestro Morricone, due film sceneggiati e diretti da Quentin Tarantino e cinque film diretti da John Carpenter. Sono un ragazzo molto fortunato!“.

Immancabili le domande sul genere di partenza e poi sulle contaminazioni con altri generi che Tarantino spesso utilizza “giocando” con lo spettatore: “diciamo che parto spesso da un preciso genere, questa volta il western. Poi però mi dirigo verso altri mondi e questo nasce essenzialmente dal mio profondo amore per il cinema. Io non credo di poter fare tutti i film che vorrei fare, sarebbero troppi, e allora mi viene naturale fare sempre 5 film in uno. Ci metto tutto. Mi piace da spettatore vedere un film che spazia tra i generi, che mi dà diverse prospettive, e credo di avere un minimo talento a far questo: giocare tra i generi. Poi, chiaro, dipende sempre dalla storia contingente, non c’è una ricetta unica. In questo caso volevo fare un western ma anche contaminarlo con una storia mistery alla Agatha Christie, poi a film finito mi sono accorto di aver fatto anche un horror, ma non era preordinato. Me ne sono accorto a film ultimato. E ne sono stato felice, ovviamente.

TH8-AC-00076-670x365Sulla difficile e controversa definizione di “film politico” sia Tarantino che i suoi attori intervengono con interessanti riflessioni. Soprattutto tenendo conto del periodo particolare che Hollywood e l’America stanno vivendo. Innanzitutto per la polemica su #oscarsowhite il regista dice semplicemente “mi dispiace, ovvio, che Sam Jackson non abbia avuto la candidatura a miglior attore. Perché la meritava. Ma per quanto riguarda il boicottaggio non lo capisco molto, se ti candidano ci vai. Se no, non vai. Punto. Tutto qui“. Per quel che riguarda l’accezione di film politico “beh, anche qui, mi ci sono trovato dentro. Quando ho iniziato a scrivere questa storia (una carrozza persa in una paesaggio innevato, ecc, ecc) non mi era minimamente venuto in mente il lato politico della faccenda. Solo dopo, quando i personaggi hanno preso parola, quando li ho fatti interagire, mi son reso conto che i riferimenti all’oggi e alle non dissimili questioni che ci troviamo di fronte nella nostra società non erano pochi.Per Michael Madsen: “certamente rispetto ai tempi de Le Iene o Kill Bill i film di Quentin tendono di più ad aver riferimenti alla storia o al presente, sono più connessi alla realtà. Ma è sempre lo spettatore alla fine che decide cosa prendere e cosa no. Io per esempio ho sempre pensato che i film di Quentin ci dicano che le soluzioni ai problemi sono molto più semplici di come noi tutti pensiamo. Per me personalmente questo film ha un valore doppio. Mio padre è da poco scomparso e gli avevo fatto leggere la sceneggiatura, era molto interessato, l’avrebbe visto volentieri. E spesso a mio padre non interessava nulla dei film che facevo, non gli sono mai piaciuti troppo. Quindi vorrei semplicemente dirgli, ovunque sia, che questa volta ho fatto il bravo ragazzo“.

3Kurt Russell è entusiasta del film e del suo personaggio: “i film di Quentin sono veramente come una ragnatela. Il mio personaggio incarna un certo concetto di giustizia americana. Lui è un cacciatore di taglie, certo, ma è anche un idealista perché non uccide mai i banditi che cattura ma li porta davanti a un giudice. E semmai sarà in quel contesto a vederli morire. L’America nasce anche su questa differenza: sul fatto che pian piano le controversie dovevano essere risolte (per tutti) da un giudice in un tribunale e non da soli e individualmente“. Tarantino chiude alludendo alla lunghezza del film, al fatidico uso del 70 mm e al concetto di suspancela tempesta di neve, il freddo, la natura, si fanno sempre più minacciose nel film. La tempesta è il vero mostro che obbliga i personaggi a interagire e loro sono pedine in mano alla tempesta che sono costretti a interpretare un personaggio. Mettendo in campo queste premesse mi potevo permettere di dare tutto il tempo alla suspence per crescere. Il 70 mm ti consente di avere più azioni in scena, è un formato così largo da poter inquadrare più personaggi che interagiscono. Lo spettatore segue un personaggio ma può spaziare su un’altro e sulle sue azioni, siamo sempre in un’unica inquadratura, questo accresce di molto la suspence e l’attesa. Perché lo spettatore sa benissimo che qualcosa accadrà prima o poi. E sarà molto forte“.

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