Non c’è più religione, di Luca Miniero

Ricalcando il pendolarismo dei successi precedenti, Miniero costruisce la sua commedia sul contrasto tra la mentalità isolana e la retorica della politica, ma è una formula abusata e prevedibile

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Il crollo del tasso di natalità non è solo una statistica Istat, una voce a bilancio, una categoria Mibact: è sopratutto un trauma che lascia le tradizioni millenarie in balia dei processi storici, alla migrazione, all’ibridazione. E se l’Italia di bambini ne nascono pochi, sull’isola di Porto Buio la situazione è ben più drammatica. L’ultimo infatti ha già sviluppato tutti i connotati preadolescenziali che lo rendono improponibile come Gesù Bambino nel celebre presepe vivente che ha luogo ogni Santo Natale sull’isola. Una ricorrenza irrinunciabile per una comunità che vive di capperi sotto sale e che accorre alla mangiatoia con uno slancio identitario necessario a rinsaldare lo spirito occidentale fiaccato dalle infiltrazioni migratorie. A fare giocoleria delle differenze etniche è chiamato il nuovo sindaco del paese, tornato a casa dopo aver fallito come politico nella fredda Brianza. Claudio Bisio dopo essere stato il Benvenuto prima al Sud, poi al Nord, ora riscende nella bellezza paesaggistica dell’Italia meridionale, tra un tramonto al faro e un tuffo dove l’acqua è più blu. Ricalcando il pendolarismo dei successi precedenti, Miniero costruisce la sua commedia sul contrasto tra la mentalità isolana, viscerale e autentica, con le soluzioni di compromesso dal retrogusto alla Leopolda del novello sindaco. Ma la formula è abusata, inaridita dall’intensiva coltura alla quale è stata sottoposta. A metà film ci si getta quindi verso l’altro grande serbatoio della commedia italiana di questi anni: i cinquantenni in crisi. 
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Con il sapore della salsedine, il profumo del pane fatto in casa, a Bisio infatti tornano alla mente le amicizie, gli amori della sua gioventù traditi per inseguire la falsa gloria personale. Ma in trent’anni cambiano i presepi, figuriamoci le persone. Così se lui naufraga sull’isola come un Prospero shakespeariano, dall’altra parte abita Calibano nella figura di Alessandro Gassman convertito all’Islam e alla burinaggine, il ponte tra due culture che convivono a distanza di sicurezza. Distanza non metaforica. Per risolvere la difficile convivenza le case dei migranti sono proprio completamente slegate dal centro urbano, per arrivarci bisogna attraversare l’isola a dorso di mulo. Questa scena, reiterata nel corso della pellicola, di Bisio e della Finocchiaro che si riappropriano della propria wilderness come se fossero in un film di John Ford è emblematica dell’indecisione di Miniero nel dare una direzione alla sua regia. L’equilibrismo tra la fiaba allegorica e l’analisi sociale inciampa nella scrittura senza alcuna profondità e crolla miseramente nella pantomima, nella farsa rassicurante. Si apprezza il lavoro della Gabanelli a Report ma si finisce per cambiare canale su Don Matteo.

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Ogni tipo di complessità è inghiottito dai crateri di sceneggiatura, dei buchi neri che risucchiano gli spunti più interessanti rilasciando solo una trama spezzettata e frammentata da gigantesche incongruenze logiche. Altro che realismo magico, qui siamo al minestrone di sketch liofilizzati. E se alcuni grazie al mestiere degli interpreti principali riescono almeno a non crollare nel tragico involontario, la maggior parte mette in imbarazzo il pubblico pagante. Di fronte al tentativo patetico di strappare la risata scompaiono le tematiche dell’immigrazione, dell’integrazione, dell’identità culturale mentre voi vi interrogherete se sia più improbabile trovare un Lama alle Tremiti o Herlitzka in abiti talari. E anche qui Miniero non sceglie, proponendoceli entrambi in una scena che sembra puro minutaggio buttato li per arrivare in tempo in sala per Natale. Forse sotto l’albero, tra una fetta di panettone e un musicarello sul mare, ci dimenticheremo presto della dannosa inutilità di Non c’è più religione. Un film che confonde per novanta minuti la natalità con la natività, trasformando un mondo di persone in un mondo di pupazzi di coccio. 

 

Regia: Luca Miniero

Interpreti: Claudio Bisio, Alessandro Gassman, Angela Finocchiaro, Nabiha Akkari, Giovanni Esposito, Roberto Herlitzka

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 90′

Origine: Italia 2016

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