65 – Fuga dalla Terra, di Scott Beck e Bryan Woods

Un film d’avventura che a tratti si illumina ma tutto sommato pigro, incolore, indeciso, che raramente coglie il fascino dell’immaginario con cui interagisce e non si fida mai davvero del suo sguardo

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La formula è sempre la stessa. Scott Beck & Bryan Woods si sono fatti conoscere scrivendo A Quiet Place e, anche quando passano dietro la macchina da presa, in realtà rimangono sempre a contatto con quegli spazi, quelli delle storie survivaliste, del creature horror più o meno gamificato, che impone ai personaggi l’adozione di nuove prassi, di nuovi atteggiamenti, per contrastare tremende minacce.

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E si tratta di una scelta che, in realtà, non stupisce poi troppo. 65 – Fuga dalla Terra è il loro quarto film ma in realtà pare il vero esordio (prodotto anche da Sam Raimi) nel cinema che conta dopo anni nel limbo indie. E allora lo schema operativo di Beck e Woods qui pare quasi un trademark, un segno riconoscibile e replicabile, il segnale che quello è proprio il “loro film”, quello degli autori di A Quiet Place.

E allora ecco che al centro di 65 – Fuga dalla Terra c’è ancora un uomo solo, il capitano Mills, un esploratore spaziale che durante un lungo viaggio interstellare si schianta sulla Terra di 65 milioni di anni fa, quella su cui regnavano i dinosauri. Insieme ad una bambina, l’unica, insieme a lui, ad essere sopravvissuta all’impatto che ha decimato tutto il suo equipaggio, Mills sarà costretto a confrontarsi con un ambiente ostile per raggiungere una navetta di salvataggio con cui tornare a casa. Ma pur dentro il solito setup Beck e Woods non sembrano così a loro agio. Ce lo dice forse già lo strano sapore derivativo del film, che se da un lato pare ipotizzare un nuovo canone della fantascienza contemporanea, in cui idee visive recuperate dal solito Alien sembrano convivere con spunti già visti in progetti ben più recenti come After Earth, Outlander e, soprattutto, Interstellar, dall’altro lascia quasi intendere che il film, praticamente appena iniziato, si richiude già a riccio, in un dialogo stanco con la tradizione che gli evita i pericoli insiti nelle implicazioni del racconto.

La verità è che, in teoria, una linea personale su cui muovere il film Beck e Woods sembrano afferrarla. Perché riattraversato dal “filtro” minimalista di A Quiet Place, per un po’ 65 pare voler essere l’ironico ribaltamento di un qualsiasi survival massimalista: l’utilizzo dei dinosauri è ridotto al minimo, le creature sono ridotte a suoni, versi, che fanno da sfondo ad un giocoso action straniato, in cui l’orrore diventa tale perché attraversato dallo sguardo disperato del pilota Mills, un alieno che legge il reale relativizzandolo dal suo punto di vista. E allora basta un gioco di montaggio per svelare un’impronta gigante e riscrivere il tessuto emotivo del racconto, basta un jump scare per empatizzare con lo spaventato protagonista.

 

 

Ma Beck e Woods sembrano perdere interesse quasi immediatamente. Preferiscono, piuttosto dare il racconto in mano ad Adam Driver, eliminare il dinamismo dell’action senza troppi fronzoli e ridurre 65 – Fuga dalla Terra ad un actor piece incolore, che non riesce mai andare davvero a fondo di un personaggio dotato in realtà di un potenziale straordinario, ambiguo, a tratti manipolatorio.

Così, privo di un vero appoggio, il film non può che perdere mordente e portare alla luce gli ingranaggi della macchina: la rigida struttura in tre atti, l’ennesima emersione di quel rapporto padre/figlia che da Hillcoat/McCarthy è sempre più uno dei motivi irrinunciabili della sci fi contemporanea e, giocoforza, l’unica struttura abbastanza stabile da garantire un minimo di tranquillità a Beck e Woods, ma soprattutto il set, vuoto, inerte, con la tensione che monta ma non pare mai sfociare davvero ed il focus del racconto che non riesce ad allargarsi oltre la lenta costruzione del rapporto tra i due protagonisti.

E se fosse un problema di formati? Perché, a tratti, il film ha evidentemente le sue illuminazioni, essenziali microsaggi tensivi in cui il film pare ricordarsi di essere un racconto d’avventura essenziale, come nella sequenza dell’attacco dei ragni e, forse soprattutto nel confronto tra Mills ed il dinosauro nella grotta, raccontato attraverso le immagini dello scanner elettronico del personaggio.

Sono due registi agorafobici Beck e Woods, molto più a loro agio a ragionare sulla corta distanza che su racconti di più ampio respiro e che, come capita spesso, riescono a mettere a sistema le loro intuizioni ma lo fanno quando ormai è troppo tardi. Così 65 – Fuga dalla Terra si lancia in un finale derivativo (immancabilmente da Spielberg) ma comunque teso, veloce, ritmatissimo, che tuttavia non riesce a ridare colore ad un film tutto sommato pigro che, forse, avrebbe raccontato comunque la stessa storia qualunque fosse stata l’immaginario con cui avrebbe interagito.

 

Titolo originale: 65
Regia: Scott Beck, Bryan Woods
Interpreti: Adam Driver, Ariana Greensblat, Chloe Coleman, Nika King
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 93′
Origine: USA, 2023

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
1.86 (14 voti)

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