Festival del cinema Africano, d'Asia e America Latina 18 – "Sono un rappresentante del cinema del mondo" – Incontro con Danny Glover

Danny Glover al FestivalLa sua carriera di attore è caratterizzata dal cinema hollywoodiano, ma oggi Danny Glover è un convinto assertore della necessità che il mondo trovi un altro e diverso assetto economico. Questa sua campagna che lo vede attivo e consapevole del ruolo che può giocare, è condotta attraverso il cinema che produce e promuove.

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Danny Glover al FestivalDanny Glover è arrivato da poco qui a Milano per presentare Africa Unite il documentario di Stephani Black sul concerto che ad Adis Abeba ha commemorato Bob Marley, ma ha rilanciato l’idea dell’Africa unita. È disponibile al dialogo e molto determinato nella sua battaglia per tentare di cambiare la prospettiva di visione del mondo, anche attraverso il cinema.

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È la sua prima volta qui a Milano?

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Per cominciare vorrei comunicare il mio piacere di essere qui a Milano per questo festival che mi sembra un grande progetto e poi voglio sottolineare che qui mi sento un rappresentante del cinema del mondo. Nella mia carriera mi è capitato di passare dai grandi studi cinematografici a quelli più piccoli, ma ho anche lavorato attraverso il cinema fin dal 1986 con il film Mandela (per la TV n.d.r.) e poi più di recente anche con Bamako  per le stesse cose per cui lavoro oggi e per le quali mi sento coinvolto in prima persona. Oggi arriva questo Africa Unite che prosegue il lavoro di questi anni.

 

Come la sua carriera ha influenzato questa sua attività sociale?

 

Durante la mia carriera ho avuto diverse opportunità e ho potuto scegliere i film che ho fatto. Questo deriva dal mio percorso precedente. Mi sono laureato in economia e poi ho lavorato al servizio della mia comunità e la mia attività al di fuori della mia comunità nasce, viceversa, proprio da questo background, ma questo in realtà è anche precedente al Danny Glover artista. Oggi continuo questo percorso e i progetti, i temi che mi interessano riguardano l’apartheid, la neocolonizzazione, la cancellazione del debito per i Paesi del sud del mondo.

 

Danny Glover 2Quale candidato sostiene alle elezioni nel suo Paese?

 

Un membro dello staff dell’ex presidente Clinton ha osservato con cifre alla mano di come oggi la situazione negli Stati Uniti sia segnata dalla precarietà. Il reddito non si è alzato in 35 anni e la popolazione lavora 250 ore in più all’anno rispetto ad un europeo, ma le persone non riescono più a mantenere di vita a cui la società dei consumi ci obbliga e poi devo ricordare che negli USA ci sono 47 milioni di persone prive di assistenza sanitaria e quindi al nostro occhio non possono sfuggire le conseguenze che questo stato di cose può provocare. Se questa campagna elettorale sarà solo una campagna elettorale nulla cambierà, anzi le cose andranno peggio, ma se, invece, questa campagna elettorale si dimostrerà l’inizio di un movimento allora molte cose potranno mutare perché siamo in un momento molto pericoloso. Per questo io avevo scelto il candidato che meglio incarnava questo pensiero che è Edwards il più avanzato tra tutti che parlava di difesa dell’ambiente, libertà, democratizzazione e il diritto alla assistenza sanità diffusa per la popolazione.

Ci parla di questa suo lavoro sociale? 

Oggi esiste davvero una situazione incredibile per i Paesi del sud del mondo e queste comunità hanno però anche la consapevolezza della propria identità culturale, anzi, oggi proprio grazie alla globalizzazione questa identità si è accentuata. Questo festival è proprio fondato su un concetto che apprezzo molto e cioè che è necessario comprendere a pieno le persone che stanno dietro le immagini di un film, solo in questo modo le diverse culture e le diverse identità si potranno esprimere pienamente ed essere comprese. Questo processo eviterà che il mondo diventi una specie di omogeneizzato.

Con il film di Clement Virgo (Poor boy’s game fuori concorso al festival n.d.r.) osserviamo la comunità di emigrati in Canada prima della colonizzazione e ripercorrendo le storie di queste famiglie ripercorriamo anche la storia della schiavitù e della colonizzazione che è durata fino al ventesimo secolo.

Per quanto riguarda, invece, il documentario Africa Unite rappresenta bene il pensiero di Bob Marley e attraverso questo film vogliamo diffondere il pensiero della diseconomizzazione che dalla Giamaica ai Caraibi ha attraversato il mondo e il pensiero di Bob Marley è un connettore formidabile tra passato e futuro.

Oggi pochi uomini e intendo proprio sottolinearlo, pochi uomini decidono come devono andare le cose nel mondo e allora bisogna domandarsi come dare soluzione a tutto questo e il cinema può fare la sua parte e questo è un modo sovversivo di agire.

 

Come concilia la sua attività hollywoodiana con questi concetti?

 

La carriera di un attore è imprevedibile ed incerta, si è sempre in attesa che qualcuno ti chiami e che ti voglia nel suo Danny Gloverprogetto e tutto ciò ha un peso nelle scelte di ciascuno di noi. Per quanto mi riguarda è vero ho fatto molti film hollywoodiani, ma l’ultimo Arma letale è di dieci anni fa. Oggi non è più questa la mia condizione. Vorrei rendere chiaro questo aspetto, sono consapevole del mio successo grazie a queste produzioni, ma quando un attore comincia a lavorare ha in mente, di solito, cosa vuole fare, ma sono pochi quelli che davvero riescono a fare quello che desiderano.

Spesso comunque, questi film ti consentono di realizzare le cose che vuoi fare anche per negoziare i termini economici con i produttori e in questo devo ringraziare il mio agente che è molto bravo in queste cose. In questo mi sento molto fortunato anche perché per realizzare i film che mi stanno a cuore ho sempre trovato sul mio cammino persone che avevano i miei stessi desideri sceneggiatori, registi e ogni altra persona che lavora sul set.

Questo mio impegno svolto attraverso il cinema mi ha portato in molti posti del mondo dove si parlano questi linguaggi a Ougadougou per esempio e oggi qui a Milano tutti luoghi in cui c’è necessità di sostenere questa grande famiglia di film che vogliono raccontare delle cose diverse e questo oggi è il mio modo di affrontare il cinema. In questo stesso senso ho tentato di valorizzare il lavoro di Sissoko (Bamako n.d.r.) e oggi attraverso un film che uscirà presto spero ho voluto affrontare il dramma di New Orleans. Il film si chiamerà credo Trouble the water. Così la sera posso andare a letto tranquillo, consapevole di avere realizzato qualcosa di importante. Ma ancora c’è necessità di lavorare attorno a questi temi e affrontare il grande problema del debito dei Paesi poveri, ed è per queste ragioni che sono contento di incontrare in questa occasione i film di Sambene o Chaine.

 

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