"Angeli distratti", di Gianluca Arcopinto

Gianluca Arcopinto non si ferma alla ricostruzione della battaglia di Falluja, non si accontenta di puntare il dito contro l’invasione in Iraq e contro la guerra, ma scava in profondità per mostrare un’umanità, composta indistintamente dalla popolazione irachena e dai soldati americani, privata della speranza e dell’innocenza, distrutta, violentata e, infine, cancellata dalla guerra

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angeli distrattiRealizzato in collaborazione con “Un ponte per…” ed ispirato al testo teatrale di Francesco Niccolini, Canto per Falluja, Angeli distratti – i cui incassi saranno impiegati per la ricostruzione della città di Falluja – si muove tra realtà e finzione per disegnare un corpo senza forma, fatto di presenze senza più volto, che incarnano allo stesso tempo la maschera di vittime e quella di carnefici, un corpo in cui si distinguono soltanto i pieni e i vuoti e dove i vuoti cancellano i pieni lasciando affiorare oltre lo schermo, attraverso i neri ed i silenzi che inghiottono e lacerano la visione, l’immagine della negazione. Negazione della vita, intesa non solo come assenza, come distruzione, come morte, ma anche e soprattutto come negazione del rispetto di se stessi, della dignità umana e della speranza, che viene seppellita insieme ai cadaveri in quello che prima della guerra era stato un campo di calcio. Negazione della libertà di scegliere, come afferma Simona Torretta, la quale, insieme ad un medico di Falluja, ad un reduce americano e ad una delle tante madri che ha perso i suoi figli nel massacro della città irachena, racconta la guerra. Le testimonianze si alternano al materiale di repertorio, che s’impone in tutta la sua brutalità, mostrando la violenza che l’uomo, tentando di sfuggire alla paura che ormai l’ha soffocato, esercita contro l’uomo, mostrando i cadaveri senza più carne, corrosa e distrutta dall’utilizzo di armi non convenzionali, quelle bombe al fosforo bianco che sono cadute su Falluja nel novembre 2004. Gianluca Arcopinto non si ferma alla ricostruzione della battaglia di Falluja, non si accontenta di puntare il dito contro l’invasione in Iraq e contro la guerra, ma scava in profondità per mostrare un’umanità, composta indistintamente dalla popolazione irachena e dai soldati americani, privata della speranza e dell’innocenza, distrutta, violentata e, infine, cancellata dalla guerra. Alle immagini di morte girate dalle televisioni, dai soldati americani, dai miliziani, dai civili, con telecamere, cellulari, e alle parole che descrivono l’annientamento non solo fisico, ma anche spirituale che la guerra opera sull’individuo, si sovrappone, nelle macerie grigie e senza più forma di quella che un tempo era stata una casa, il dialogo tra una donna irachena, che nasconde sotto ad una benda i suoi occhi sfigurati e ciechi, e un soldato americano, che ha appena ucciso il più piccolo e l’ultimo dei figli della donna. Il soldato e la donna si scambiano continuamente il ruolo di vincitore e di vinto, di carnefice e di vittima, ma in realtà non sono altro che corpi senza possibilità di fuga, svuotati della vita stessa, corpi che guardano al loro dolore, che non riescono a comprendere l’orrore di un universo in cui la morte si è sostituita alla speranza, corpi che si gridano contro l’incomprensione, la paura e l’odio nei quali sono imprigionati.

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Regia: Gianluca Arcopinto

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Interpreti: Aran Berretto Jones, Rabie Hamid, Saraj U Din M Roshan, Logan Laituri, Simona Torretta

Distribuzione: Lucky Red

Durata: 75’

Origine: Italia, 2007

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