"Bee Movie", di Steve Hickner e Simon J. Smith

Bee Movie è irrimediabilmente diviso tra lo sguardo stupito del demiurgo Steven Spielberg, che lo ha patrocinato, e quello verboso e culturalmente inaccessibile di Jerry Seinfield, che lo ha scritto. Elogio di un occhio alle prese con un fantastico mondo nuovo, visto in volo, e storia di formazione di un giovane alla ricerca di un suo posto nel mondo: un'ape che potrebbe essere un trentenne di New York. Ecumenicamente, prevale l'idea ingenua che tutti – uomini, insetti e fiori – abbiano un ruolo da rispettare.

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La didascalia iniziale di Bee Movie informa lo spettatore sul mistero delle api, che riescono a volare pur senza averne i requisiti fisici ed aerodinamici. Sembra essere questo elogio dell’impossibile possibile, ancor più che l’ecumenica speranza di una rispettosa cooperazione uomo-insetto, ciò che Steven Spielberg ha infuso in questo film d’animazione, punta di diamante natalizia della sua Dreamworks.
Il volo appare infatti come l’elemento più sorprendente che caratterizza Bee Movie, come nella splendida sequenza in cui la giovane ape Barry evade da Hive City, il suo ambiente chiuso e automizzato, per scoprire che la sua non è che una città nella città, un mondo inglobato in un altro infinitamente più grande. Le api che sciamano fuori dal loro alveare in cerca di nettare e polline, superano le fitte foglie di un albero, e si librano sempre più in alto sopra Central Park, cuore floreale – e quindi pulsante – di una New York luminosa e scintillante.
Il volo è una fuga anticonformista: ad Hive City le api si muovono su automobili che ricordano i Flinstones, pur non avendone alcuna necessità, per semplice rispetto delle regole. “Non si vola in casa!” ripete sempre la madre al figlio in cerca di avventure, cercando di abituarlo ad un sistema perfetto in cui ogni elemento ha un ruolo stabilito in un preciso processo di produzione. La piccola maestosità dell’alveare ricorda da vicino quella di Metropolis, con migliaia di insetti che si ritrovano in fila per trovare un collocamento in una meccanica e ininterrotta catena di montaggio. Barry, in una scena che cita in modo evidente Il laureato, non ha davanti a sé nient’altro che questo futuro: non la plastica, come era il terrore del suo coetaneo umano Benjamin Braddock, ma il miele. E volando tra un incantevole pioggia di polline, oppure sballottato qua e là su una pallina da tennis, scopre per la prima volta la realtà, gli strepitosi occhi verdi di una ragazza.
Il volo è anche il motore e il pretesto di grandi sequenze d’animazione digitale, vero prodigio del film, molto più che l’eccentrica licenza – immediatamente acquisita e resa verosimile – degli insetti che riescono a comunicare con gli umani, fino a rivaleggiare con loro in intelligenza.
Peccato che Bee Movie perda strada facendo questa bellissima “visione”, stupefatta e sorpresa, di un mondo nuovo, quale appare dal punto di vista di un’ape. Nei dialoghi scritti da Jerry Seinfeld (che nella versione originale presta anche la voce al protagonista) si sente l’influenza della sua comicità televisiva, specie nei dialoghi tra Barry e il suo amico Adam, che pur svolgendosi tra le strade di Hive City potrebbero benissimo essere quelli di qualche giovane new yorker in attesa di successo, resi celebri dal serial che porta il suo nome. Un senso dell'umorismo che perde molto nella traduzione, e nelle differenze culturali tra Stati Uniti ed Europa (per noi è del tutto superfluo il cameo di Larry King).
Spostandosi sul terreno della parodia – del film giudiziario e di quello catastrofico – Bee Movie finisce per abbracciare l’ingenua idea conservatrice, appena venata da una punta di ecologia liberal, secondo cui il lavoro nobilita non solo l’uomo, ma anche l’ape.

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Titolo originale: id.

Regia: Steve Hickner, Simon J. Smith
Distribuzione: Universal
Durata: 90’

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Origine: Usa, 2007

 

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