Before the Dying of the Light, di Ali Essafi

La brulicante (e pericolosa) vita culturale del Marocco negli anni ’70 letta attraverso il film Des quelques événements sans signification, girato nel 1974 da Mostafa Derkaoui. Dal MedFilm Festival

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Before the Dying of the Light, all’interno della sezione “Frames dal Marocco” del MedFilmFestival 2021, è una dedica al cinema, all’arte e alla libertà di pensiero. Presentato anche al MoMa di New York, il documentario rappresenta un chiaro tentativo di trasporre la vita e il fermento culturale del Marocco negli anni in cui il regno di Hassan II ha reso impossibile la vita dei cittadini marocchini a causa di imposizioni dittatoriali estreme (nella storia del Paese si fa infatti riferimento i decenni dal 1960 al 1990 come “anni di piombo”). Il film è dedicato da Essafi a “tutti gli artisti vittime di censura e repressione” e sembrerebbe proprio nascere dalla necessità di denunciare, di raccontare l’amore per i film intrecciandolo alla storia di un Paese. Questo nobile intento presenta però un approfondimento del quadro storico spesso dato per scontato, soltanto accennato o fatto intuire, proprio perché tutta l’attenzione di Before the Dying of the Light è puntata su altro. Per uno spettatore poco informato sugli aspetti storici però, la poca attenzione ai chiarimenti può risultare faticosa.

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Ovviamente non si tratta di un documentario storico, ma di un’opera che non nasconde il suo amore per il cinema, come accennato prima. Ad un certo punto si sente dire dal personaggio di Mohamad Sahel, ex professore di francese ormai entrato nell'”underground”, pochi soldi per mangiare e vivere, ancor più razionati per poter andare a vedere film: “Non mi importava se i compagni mi giudicassero, non potevo rinunciare al cinema“. Vivere da artisti e da dissidenti politici in quegli anni è sicuramente un incubo e non sono pochi quelli ad aver avuto gravi ripercussioni a causa delle loro scelte. Proprio per questo Essafi sceglie di prendere a modello Des quelques événements sans signification (About Some Meaningless Events). Presentato a Berlino nel 2019 dopo il ritrovamento a Barcellona dei negativi originali che si pensavano perduti definitivamente dopo il fallimento del laboratorio Fotofilm, il film rappresenta pienamente il significato ultimo di questo documentario. Poco dopo la sua prima ed unica proiezione a Parigi nel 1975 è stato infatti boicottato e ne è stata vietata la riproduzione. Il regista di quest’opera miracolosamente ritrovata e ad oggi molto apprezzata dalla critica è il marocchino Mostafa Derkaoui, il quale interviene all’interno del documentario proprio a spiegare la nascita e lo sviluppo della sua produzione.

L’aspetto più godibile di Before the Dying of the Light è senza dubbio il suo lato pop. Nel film infatti si alternano sequenze di foto, dipinti e musica (prevalentemente jazz) alle pure sequenze filmiche. Il ritmo è sostenuto e questo alternarsi anche esageratamente frenetico sembra mostrare l’intento di Essafi di dare allo spettatore un prodotto liquido, in cui è soprattutto l’impatto generale a contare. Con alcuni momenti a spiccare sul resto, come il dialogo sul teatro fra due uomini, in cui uno spiega all’altro come funzioni quello che a quanto pare sembrerebbe qualcosa di sconosciuto e complesso.
L’ultima, meravigliosa domanda, racchiude l’essenza all’apparenza economicamente poco produttiva dell’arte: “Ma quindi ci sono davvero persone che si guadagnano da vivere interpretando dei contadini?“. “Finalmente lo hai capito” la risposta, a suggellare l’intero valore dell’arte, mettendone insieme quello meramente economico a quello più alto e potente, quello che in Before the Dying of the Light vuole andare oltre l’amaro destino che la storia di quegli anni gli ha destinato.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
1 (1 voto)
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