“Beket”. Incontro con Davide Manuli e il cast

davide manuli

Il regista ha presentato il suo film, rilettura di “Apettando Godot”, opera teatrale di Samuel Beckett alla Casa del Cinema di Roma. Alla conferenza, moderata da Pierpaolo De Sanctis, erano presenti gli attori Luciano Curreli e Simona Caramelli.

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davide manuliIl regista ha presentato il suo film, Beket, rilettura di Apettando Godot, opera teatrale di Samuel Beckett alla Casa del Cinema di Roma. Alla conferenza, moderata da Pierpaolo De Sanctis, erano presenti gli attori Luciano Curreli e Simona Caramelli. La pellicola, prodotta da Blu Film e Shooting Hope Productions, torna nelle sale del circuito Distribuzione Indipendente, a due anni dall'uscita, da venerdì 17 maggio. 

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Beket è stato presentato in tantissimi Festival o per occasioni singole. La critica ti osanna ma il grande pubblico ancora non ti conosce, a cosa lo imputi?

Davide Manuli: Il fatto che proprio ora escano, a distanza di un mese l'uno dall'altro, due miei film, Beket e La leggenda di Kaspar Hauser, mi fa sperare che si aiutino a vicenda. Per me questi film formano un vero e proprio dittico. Per quanto riguarda la distribuzione, credo che la situazione nel nostro Paese è talmente disastrosa che ormai la grande distribuzione italiana è diventata piccola e la piccola è diventata inesistente.

 

 

Girotondo, giro attorno al mondo continua, a distanza di anni dall'uscita, ad ottenere grande successo. Tu, Luciano, da attore, come te lo spieghi?

Luciano Curreli: Quel film è un prodotto immortale. Tutti i film di Davide hanno questa caratteristica. Fare dei film con lui va oltre l'esperienza lavorativa. Con lui ho trovato tante cose in comune. Siamo amici e colleghi, le nostre vite si sono mischiate. Ogg i film nei circuiti normali durano soli due settimane, poi non li vedi più. I suoi, invece, hanno una longevità diversa. Con Davide puoi fare film senza mediazioni.

 

 

Cosa ci puoi dire sul suo metodo di lavoro?

Simona Caramelli: Davide, a differenza di quello che certe persone pensano vedendo i suoi film, non improvvisa sul set. É vero che i suoi film sembrano basati sull'improvvisazione, ma non è così. Ha le idee molto chiare. C'è una vibrazione vitale quando sei sul set ma la sceneggiatura è molto forte. Davide ti fornisce stimoli creativi che ti sono d'aiuto. Io per il mio personaggio, Eva, ho interpretato quello che era una sua idea. Ovviamente ci ho messo del mio, mi sono ispirata alle opere di Salvador Dalì. Si può dire che l'abbiamo costruito insieme. Sia io che Luciano siamo delle specie di portavoce degli attori che lavorano con lui, ma anche delle maestranze. Con lui fai un'esperienza che va ben oltre quella meramente cinematografica.

 

 

Per filmare questo film hai impiegato pochissimo tempo. Raccontaci come è nato.

Davide Manuli: Il film nasce dopo anni di tentativi di dirigere un film sul doping. La frustrazione era enorme. Mi sono detto che dovevo fare un film nel minor tempo possibile e a costo zero. Mi è venuto in mente di mettere due persone nel deserto e subito ho pensato a Beckett. Vengo dal teatro e conosco bene il lavoro di Beckett. Ho quindi contattato la Blu Film e la pellicola è stata girata dieci giorni in Sardegna e tre a Castelluccio di Norcia.

 

 

Questa velocità nel filmare, però, non ti ha fatto rinunciare ad uno stile molto forte.

Davide Manuli: I primi tre film li ho fatti in bianco e nero, ma i prossimi saranno a colori. L'obiettivo di questo film, alla scrittura, era partire dalla fine di Aspettando Godot. Ho immaginato che i protagonisti si stancassero di aspettare. Da lì inizia il mio film. E' un road movie a piedi. L'obiettivo era quello di cogliere per intero il mood e l'opera di Samuel Beckett. E' molto cupo, dark e moderno. Volevo catturare il suo colore e per me è il bianco e nero.

 

 

La leggenda di Kaspar Hauser sta per uscire in sala, ce ne parli?

Davide Manuli: La leggenda di Kaspar Hauser nasce dall'ottima esperienza di Beket. Diretto e montato in venti giorni è stato inserito all'ultimo a Festival di Locarno. Tutti gli incastri erano riusciti. I produttori mi avevano chiesto di provare un'altra esperienza. A quel punto ho proposto la mia idea di Kaspar Hauser. Volevo trasmettere il pensiero dell'assurdità della vita di Beckett rispetto ai nostri anni. A differenza della versione di Herzog, volevo che fosse più arcaico. Oggi il grande protagonista è il nulla, la totale mancanza di comunicazione. Mi interessava indagare i tre anni di società vissuti da Hauser. Mi sono domandato se ci fosse stato qualcuno che abbia provato ad ascoltarlo o se è stata solo un'aggressione quella nei suoi confronti.

 

 

Parlaci del personaggio di Fabrizio Gifuni in Beket.

Davide Manuli: Il personaggio che interpreta è una specie di Caronte. Un traghettatore di anime. L'ho voluto anche ne “La Leggenda di Kaspar Hauser”, al fianco di Vincent Gallo, Silvia Calderoni e Claudia Gerini. Con lui abbiamo lavorato ai monologhi di Giuseppe Genna.

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