Proseguono le retrospettive durante la sesta giornata del Bergamo Film Meeting. La mattinata si apre con The Horse's Mouth, film di Ronald Neame del 1958 per il quale Guinness, qui anche in veste di sceneggiatore, vinse la Coppa Volpi. Un'interpretazione ben diversa da quelle viste finora, una vera e propria trasformazione dell'attore, anche da un punto di vista vocale, che dà vita a un eccentrico pittore sull'orlo della genialità. Nel pomeriggio, invece, si torna alle radici del cinema di Robert Guédiguian con Dernier été, il suo primo lungometraggio, nel quale si trovano già tutti gli elementi più caratteristici della sua filmografia, dall'ambientazione nella sua Marsiglia operaia alle storie di giovani tormentati.
 
Altre visioni del mondo arrivano dai corti di Cantiere Europa come Alto Sauce e The Moon is a Wonderful Place to Live, due opere completamente diverse tra di loro che sperimentano con il linguaggio cinematografico. Il primo ricostruisce a più di trent'anni di distanza un crimine avvenuto nel paese di Alto Sauce, una comunità chiusa, dove tutti conoscono tutti. Attraverso le testimonianze dell'epoca, rievocate soprattutto da un punto di vista sonoro, si rivivono passo passo gli avvenimenti di allora, in un accavallarsi di passato e presente, senza far affiorare davvero la verità. Una piccola comunità si trova anche nel secondo corto, ma stavolta la macchina da presa, una camera a mano che segue da vicino la protagonista, si fa testimone dei sogni di una bambina albanese, una sorta di diario in cui Nurie racconta il suo amore per il luogo dove è nata, ma al tempo stesso esterna le sue preoccupazioni per il futuro.

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Si arriva poi al sesto film in concorso, il belga Mobile Home di François Pirot, che, in una sorta di continuità con il corto precedente, presenta due trentenni alle prese con il proprio futuro, due vecchi compagni di studi, Julien e Simon, entrambi disoccupati e ancora a carico dei genitori, che decidono di mollare tutto, acquistare un camper e girare il mondo su rotte improbabili. Un viaggio che, però, viene bloccato sin da subito a causa di un guasto al camper e dei soldi che mancano e che porterà i due a stazionare non molto lontani da casa, ancora sotto il controllo dei vecchi genitori. Pirot dirige una commedia attualissima, che fa direttamente i conti con le incertezze del presente, con i problemi della nostra società, tratteggiando un divertente ritratto dei giovani d'oggi, incerti sul proprio futuro, spesso incapaci di crearselo da sé. Tuttavia, dietro le situazioni comiche che punteggiano il film, tutte scaturite da momenti di estrema quotidianità, si cela un'amara riflessione, la quale emerge in particolare nelle relazioni che i due protagonisti instaurano con gli altri personaggi, tra la paura di vivere davvero il futuro e quella di lasciare ciò che si conosce. Quello di Simon e Julien, allora, è un viaggio on the road atipico, una crescita che non avviene su strada, ma stando fermi. Il movimento, che arriva alla fine, è solo una conseguenza di questo viaggio alla scoperta di se stessi. Un partire per poter finalmente mettere alla prova ciò che si è.

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